L’IMPRENDITORE DI BATTISTA CHE USA IL PADRE COME PRESTANOME
IL POLITICO CHE DENUNCIA LE BANCHE INSOLVENTI, SALVO ESSERE LA SUA AZIENDA INSOLVENTE VERSO LE BANCHE, CHE DENUNCIA L’USO IMPROPRIO DELLE TASSE SALVO NON PAGARLE, CHE DENUNCIA LA FINANZA CHE TAGLIEGGIA LA POLITICA SALVO CONSERVARE TITOLI PIUTTOSTO CHE ONORARE LE PENDENZE
La saga della Dibitec di Alessandro e Vittorio Di Battista continua. Oggi nella polemica scatenata dal Giornale interviene Mattia Feltri sulla Stampa, segnalando quale sia il vero problema intorno alla vicenda:
Il punto, se non disturba la scorribanda fuori dal recinto del kinderheim, è l’idea che si ha di sè e del mondo, di come si vorrebbe che il mondo andasse e di come si contribuisce a farlo andare. Dunque è rimarchevole che il politico Di Battista abbia impegnato le migliori energie per denunciare le banche truffaldine e insolventi con i creditori, quando l’imprenditore Di Battista è insolvente con la banca.
E’ rimarchevole che il politico Di Battista abbia impegnato le migliori energie per denunciare l’uso inetto o criminale del denaro delle tasse, quando l’imprenditore Di Battista le tasse non le paga.
È rimarchevole che il politico Di Battista abbia impegnato le migliori energie per denunciare la finanza che taglieggia la politica, quando l’imprenditore Di Battista conserva denari investiti in titoli piuttosto che onorare le pendenze.
Per il resto, si tenga la sua fedina penale pulita.
Il riferimento nelle ultime righe ai denari investiti in titoli deriva direttamente da quanto scritto nel bilancio della Di.Bi.Tec., l’impresa dei Di Battista che ha dichiarato di possedere titoli «Carivit» pari a 116.227 euro: sono titoli della Cassa di Risparmio della Provincia di Viterbo. §
Ed in tempi di rime baciate (quelle di Vittorio su Facebook), sarebbe bello che quel possesso fosse spiegato nei dettagli.
Il Giornale intanto punta il dito ancora su Alessandro Di Battista e nell’articolo di Carmelo Caruso racconta le varie peripezie societarie del “nemico delle banche”:
Dalla sua apparizione politica, Alessandro Di Battista si è presentato come l’uomo in rivolta contro il capitale, ha sempre portato astio nei confronti della finanza, ha manifestato la sua avversione verso la lingua dell’economia.
In realtà , è la repulsione di chi padroneggia e si serve degli strumenti del diritto societario. Già a vent’anni — come rivelato dal Giornale- Alessandro Di Battista acquistava e vendeva quote societarie come un abilissimo operatore finanziario.
Nel 1998, insieme alla sorella, l’esponente grillino acquistava le quote della Tecma srl appartenute a Cristiano De Santis e Marco Giovannini.
Con sede legale in viale Regina Margherita n° 278 a Roma, la Tecma srl si presenta come «un marchio italiano universalmente riconosciuto come produttore delle migliori toilette nautiche in ceramica».
A distanza di tre anni Di Battista ha rivenduto le sue quote agli stessi da cui ha comprato. La società ha avuto un nuovo passaggio di proprietà e oggi appartiene alla olandese Thetford bv che è leader nel mondo nella produzione e componenti per il tempo libero.
Sempre nel post di ieri, Di Battista ha dichiarato che dopo questa inchiesta: «Ogni piccolo imprenditore italiano sa che un ex parlamentare, quando era in Parlamento, non si è occupato dell’azienda di famiglia». Non è così.
Alessandro Di Battista si è sempre occupato dell’azienda di famiglia. Non si è mai dimesso dalle cariche.
(da “NextQuotidiano”)
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