L’INCONTRO SEGRETO PER BLINDARE IL COCCO DI MAIO DALLA FOGLIA DI FICO
VENERDI’ DOPO I FUNERALI DI DARIO FO, VERTICE AZIENDALE CON GRILLO E CASALEGGIO PER BLOCCARE LA FRONDA DI FICO…. IL RICATTO DELLA FORMAZIONE DELLE LISTE: DECIDE SEMPRE GRILLO COME TITOLARE DEL SIMBOLO
La posta in gioco è tale che, tra la camera ardente e i funerali di Dario Fo, si sono precipitati alla Casaleggio associati i tre della vera tolda di comando dell’M5s, per un punto “urgente”.
È stato lì, da venerdì sera a venerdì notte, che Di Maio, Grillo e Davide Casaleggio hanno valutato la portata della “fronda” di Roberto Fico e degli ortodossi: “Dobbiamo stopparla subito, perchè mette in discussione tutto il percorso costruito fin qui e ribadito a Palermo: puntare al governo e a costruire l’alternativa a Renzi”
Per questo, ancora una volta, Grillo ha assicurato che continuerà a intervenire personalmente, per non far esplodere il caso sui giornali: “Ti affianco — le sue parole a Di Maio — finchè non diventi il candidato premier, poi torno al passo di lato”.
Ecco il punto. Proprio per blindare Di Maio, il fondatore era intervenuto qualche giorno prima, partecipando alla riunione dei parlamentari.
E anche dopo, quando una parte del gruppo avrebbe voluto discutere ruolo di Di Maio, ponendo questioni di trasparenza, di composizione staff, di discussione democratica: “Chi e dove decide?”.
Le voci sulla trama di Roberto Fico e degli ortodossi, invece di sedarsi, si sono intensificate: incontri, cene, abboccamenti al riparo da occhi indiscreti, insomma la prima fronda organizzata.
Sono parecchi i parlamentari avvicinati da Roberta Lombardi che si sono sentiti sussurrare: “Dobbiamo ritornare a essere quelli delle origini”.
Tra i rivoltosi più attivi anche Carla Ruocco, una volta portavoce informale di Grillo, ora molto critica sull’ascesa di Di Maio.
E inferocita per la gestione del caso Roma, al punto che accarezzò l’idea di non partecipare alla kermesse di Palermo.
Rivalità , ambizioni, incontri segreti. L’odio personale ha lacerato l’ex direttorio, dove Fico, la Ruocco, Sibilia non si parlano più.
In un post il leader di fatto dei frondisti ha smentito un suo ruolo attivo: “Nel Movimento 5 Stelle — scrive Fico – non ci saranno mai correnti interne. Si lavora a un obiettivo comune che è quello di cambiare il paese. Tutto il resto sono chiacchiere da bar”.
In verità il problema non è solo la corrente, che agli occhi della base è già bocciata in nome della mitica unità (di facciata) del Movimento.
Basta leggere i commenti alla pagina facebook di Fico per capire come un’iniziativa di corrente produrrebbe la lapidazione di chi la promuove da parte della base.
Al fondo del mal di pancia, delle rivalità personali, delle chiacchiere sulla fronda c’è vero nodo politico che a microfoni spenti più di un parlamentare sussurra: “Quando Fico o la Ruocco parlano di spirito delle origini rifiutano il percorso, immaginato da Casaleggio e su cui Grillo si è impegnato come garante: la costruzione di un Movimento che vada al governo. Vogliono stare all’opposizione e essere i puri, contro su tutto”.
E’ un conflitto che scuote le fondamenta stesse del Movimento. E che sta portando a un impasse strategico, con Di Maio che, dopo aver incontrato ambasciate, lobby, imprenditori in primavera, ora ha evitato Capri, Cernobbio, dopo che è stato messo sotto processo per il caso Roma
Proprio questo impasse è stato l’oggetto del lungo vertice milanese. Perchè la fronda è una zavorra a ogni ragionamento di prospettiva. Reso urgente dall’aria che si respira attorno al referendum.
Alessando Di Battista partirà per un nuovo tour, ma chi decide davvero dentro l’M5s non scommette più di tanto su una vittoria del no.
Ed è per questo che, in questa fase, di Maio è tenuto riparato, perchè se mette il volto sulla sconfitta al referendum poi ne esce indebolito come candidato premier: “Se vince il sì — la sintesi della riunione milanese — Luigi deve essere pronto a gennaio perchè quello punterà a elezioni anticipate. E non possiamo essere frenati dai nostri”.
Il giorno dopo, al funerale di Dario Fo, Grillo si è mostrato solo accanto a Di Maio, Davide Casaleggio e Di Battista.
Un segnale preciso ai frondisti. Perchè il primo a capire che il ritorno al vaffa, alle scatole di tonno, al no all’Europa è insufficiente e lascia l’Italia nelle mani di Renzi. Ed è lui il titolare del simbolo, il che vale più di ogni votazione online quando si formeranno le liste. E chissà se, come in ogni partito tradizionale, c’è anche questo nella fronda, la rassicurazione di un secondo mandato in Parlamento.
Rassicurazione che, in questo clima di veleni, non è ancora arrivata.
(da “Huffingtonpost“)
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