L’ISTITUTO DI RICERCA CATTANEO: “M5S DIVENTERA’ PARTITO, LE LORO UTOPIE SONO FALLITE”
IL DIRETTORE CORBETTA: “CONTE ABOLIRA’ IL VINCOLO DEI DUE MANDATI, E’ INAPPLICABILE”
Nel lontano 2012 scrisse “Il partito di Grillo”, la prima ricerca politologica sull’allora movimento del comico che incassava i primi risultati degni di nota alle amministrative. Piergiorgio Corbetta, già professore di Metodologia della ricerca sociale all’Università di Bologna e direttore di ricerca dell’Istituto Carlo Cattaneo, a quasi dieci anni di distanza fa il punto sul nascente M5s a trazione Giuseppe Conte: “Sta trasformando il Movimento in un partito, ed è una strada inevitabile, ma tutte le loro grandi utopie fondative sono fallite”.
Professore, quando tutti parlavano di Movimento, di aggregazione dal basso, di una struttura innovativa, lei ha scritto un libro intitolato “Il partito di Grillo”. Cosa vedeva allora che noi non vedevamo
Allora si vedeva poco. La spinta che ci ha indotto ad approfondire la vicenda con una ricerca sul campo sono stati i primi successi alle amministrative. In ogni caso, qualsiasi ragionamento non può prescindere da due elementi fondamentali. Anzitutto il successo elettorale: hanno dato voce, al netto degli errori commessi, a un’istanza che era fortemente presente nella società. E poi il fatto che hanno costituito l’unica innovazione politica degli ultimi decenni
Dal suo osservatorio come è cambiato il partito di Grillo nel corso degli anni?
I punti di svolta sono stati due. Il primo gennaio 2016 Grillo disse al Corriere “faccio un passo di lato e torno a far ridere”, e viene tolto il suo nome dal simbolo. Ad aprile scomparve Casaleggio e M5s non esisterebbe senza i due co-fondatori. In quel momento è intervenuto nel movimento populista un cambiamento radicale. Il secondo, corollario del primo, è quando nel giugno 2018 nasce il Conte1. Passano dalla critica indifferenziata delle élite a partito di governo, diventano essi stessi un’élite, e perdono l’essenza stessa dei movimenti populisti
La mutazione gli ha giovato?
Direi piuttosto che tutti i punti di innovazione su cui sono nati sono falliti. Da partito antisistema a parte essenziale del sistema, da critica alle élite a élite essa stessa, dal vanto del Non-Statuto al pantano burocratico degli ultimi mesi, lo streaming usato solo per irridere gli avversari e poi archiviato. Senza contare Rousseau con il grande mito della democrazia diretta che ha avuto risultati molto modesti.
Ecco, come lei dice M5s è sempre stato il partito dell’uno vale uno, della democrazia diretta, della disintermediazione. Però nella sua storia ha subito sempre il fascino del leader assoluto, al quale chiedere la linea e al quale attribuire gli oneri. Prima Grillo, poi Di Maio, oggi Conte, tutti gli esperimenti di collegialità e direttori vari sono falliti. Qual è la ragione?
Non metterei insieme i tre. Grillo è stato il leader fondatore. L’uno vale uno e la rinuncia a forma partito generano il bisogno di una voce politica identificata nel leader carismatico. Poi Grillo ha dimostrato di non avere la vocazione alla politica, si è sempre tenuto lontano dalla sua quotidianità fastidiosa.
Il Movimento di Conte sarà invece un partito strutturato?
Lo sta trasformando in partito, ma è inevitabile. Un movimento senza una struttura organizzativa non può reggere a lungo. Devono passare da movimento a istituzione, chi non lo ha fatto si è sciolto nella nebbia. È un itinerario indispensabile e necessario, ma non si sa se riuscirà a percorrerlo, perché Conte, a differenza di Di Maio o Di Battista non è un leader, è più un mediatore, e anche per questo a Palazzo Chigi ha funzionato.
Per Conte il voto degli attivisti sarà solo una formalità, l’incoronazione è avvenuta per cooptazione di Grillo un pomeriggio all’hotel Forum. C’è un problema di democrazia interna nella vita del Movimento?
M5s ha sempre avuto problemi di democrazia interna. Il grande salto verso la democrazia diretta non è riuscito e sono impreparati sul piano della democrazia mediata. Era inevitabile che si procedesse in questo modo, con una decisione di un gruppo ristretto di capi. Poi magari Conte si sgancerà da quel modello di cooptazione, ma la grande utopia di Rousseau è fallita.
Conte non scioglie il nodo del limite dei due mandati. Non è un controsenso avviare una fase rifondativa senza sciogliere i dilemmi alla base delle incertezze e delle contraddizioni degli ultimi mesi
Non viene detto chi si vuole essere. Ma il fatto stesso che non lo si dica è una dichiarazione d’intenti. Non possono ancora dire che i due mandati sono inapplicabili. Il fatto stesso che Conte sia sfuggente significa che pensa di abolirlo. Sarà una strada dolorosa, uno dei punti più evidenti di contraddizione, ma alleanze e governo sono state assai più dirompenti rispetto alle loro parole d’ordine, supereranno anche questo trauma.
Grillo non vuole che venga tolto il limite per rinnovare la classe dirigente. Ma nel 2012 aveva fatto leva sul tema della casta, sulla “conquista” del Parlamento per aprirlo come una scatoletta di tonno. Su quali parole d’ordine si può aggregare una nuova generazione di 5 stelle? L’appeal rischia di essere molto minore.
Grillo ha ribadito regola dei due mandati, ma non è una linea che Conte può accettare. Non c’è alternativa a rivalorizzare vecchia classe dirigente. All’uno vale uno non ci crede più nessuno, anche loro si sono piegati alla giusta logica del metodo. Il problema sarà selezionare all’interno della classe politica le persone più valide.
Cosa si aspetta che diventi il Movimento del futuro
Cosa abbia in mente Conte non so. Ma ci sono due territori che la politica ha lasciato sguarniti, l’ambiente e i giovani. Mettendo al centro questi due argomenti possono caratterizzare una loro diversità, ma dal punto di vista interno devono diventare un partito come gli altri.
Nonostante Di Maio prima, la reggenza poi, il passaggio dall’opposizione al governo, nonostante Conte e la sua leadership, Grillo continua a condizionare la direzione di M5s. Prima traghettandolo al Pd, poi a Draghi, ora imponendosi sulle regole interne. A distanza di quasi 10 anni dal suo libro, il Movimento è ancora il partito di Grillo?
Non è più il partito di Grillo, perché Grillo stesso è diventato un’altra cosa, o è tornato a essere quel che ha voluto sempre essere. Tornerà a intervenire, quando vuole, gioca nelle retrovie, cerca di sanare i conflitti, se non è esploso il dissenso intorno a Di Battista sul governo Draghi è suo merito. Ma è ormai una presenza che vuole essere assenza. M5s si deve muovere sulle proprie gambe.
(da Huffingtonpost)
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