L’ITALIA CHIAMATA IN TRIBUNALE PER I RIFUGIATI POLITICI RIMANDATI IN LIBIA: VIOLATE LE NORME INTERNAZIONALI
IL NOSTRO PAESE CITATO DI FRONTE ALLA CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO PER UN EPISODIO DEL 2009: DUECENTO MIGRANTI FURONO RIPORTATI A TRIPOLI… DOVEVANO ESSERE CONDOTTI IN ITALIA E LA POSIZIONE DI CIASCUNO DI LORO ESAMINATA SINGOLARMENTE
L’Italia contro la Corte europea dei diritti dell’uomo: Roma dovrà rispondere a Strasburgo, di fronte all’Europa intera, per aver respinto – due anni fa, a 35 miglia a sud di Lampedusa – duecento rifugiati politici.
L’esito creerà un precedente e influirà sulle politiche sia italiane che comunitariesull’immigrazione.
Contro l’Italia si sono schierati 24 migranti, undici somali e tredici eritrei.
Il ricorso (il numero 27765/09) è stato presentato dagli avvocati Anton Giulio Lana e Andrea Saccucci, membri del direttivo dell’Unione forense per i diritti dell’uomo.
Al centro di questa causa internazionale, la condotta delle autorità italiane: la storia comincia nel 2009 e il primo a raccontarla è stato il giornalista Riccardo Iacona nel documentario “Respinti”.
Il 6 maggio, tre barconi con 200 passeggeri a bordo, sono stati intercettati in acque di competenza maltese dalla Guardia Costiera italiana.
Ma invece di essere soccorsi e sbarcati, sono solo stati trasferiti sulle navi militari italiane e riportati dritti dritti a Tripoli nelle mani delle forze libiche.
I 24 migranti hanno riferito agli avvocati che durante il viaggio le autorità italiane non li hanno informati su dove sarebbero stati portati e, calpestando il diritto d’asilo, non gli è mai stato chiesto da dove provenissero.
La Convenzione Sar impone invece l’obbligo di riportare i rifugiati “in a safety place”che non è nè la nave soccorritrice, nè — a detta del Parlamento europeo – un porto libico.
Non solo: la Convenzione di Ginevra, di cui l’Italia è firmataria, prevede che nessun Paese “potrà espellere o respingere, in nessun modo, un rifugiato verso le frontiere dei luoghi dove la sua vita o la sua libertà sarebbero minacciate a causa della sua razza, religione, nazionalità ”.
“Nel ricorso — spiega Lanna – noi solleviamo diverse questioni, relative principalmente alla non ottemperanza di quanto previsto dall’articolo 3 della Convenzione per i diritti dell’uomo (divieto di tortura e di maltrattamenti, ndr), dall’articolo 4 del quarto protocollo allegato alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo (divieto di espulsioni collettive di stranieri, ndr) e l’articolo 13 della stessa Convenzione (diritto a un ricorso effettivo)”.
L’onere della decisione spetta alla Grande Camera della Corte Europea, composta da 17 giudici.
Unico testimone italiano del respingimento è Enrico Dagnino, fotoreporter, che tra il 6 e il 7 maggio del 2009 si trovava a bordo del pattugliatore Bovienzo della Guardia di Finanza.
Per l’avvocato Lanza “si tratta di un caso di grande interesse a livello mondiale. Basti pensare che tra i terzi intervenuti nella causa troviamo due organi importanti dell’Onu come l’Alto Commissariato per i rifugiati e l’Alto Commissariato per i diritti umani. Ci sono poi le più importanti organizzazioni non governative e associazioni, fino ad arrivare alla Columbia University”.
Il verdetto arriverà dopo l’estate.
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