L’ITALIA DEL TURISMO ARRETRA, MA RILANCIARE SI PUO’
OCCORRE PUNTARE SU SPORT, NATURA E PICCOLI BORGHI
Quanti italiani sanno che in Basilicata, nel Parco nazionale dell’Appenino Lucano, nidificano ben due degli uccelli più rari che si possano ammirare in Europa, la cicogna nera e il capovaccaio, un piccolo avvoltoio capace di scagliare pietre per aprire le uova di cui vuole nutrirsi?
E quanti che a Città della Pieve, in Umbria, basta spingere il portone di legno della cattedrale per ammirare una serie di affreschi e tavole che all’estero farebbe la fortuna dei musei di qualsiasi metropoli, compresa una Madonna in Gloria dipinta nel 1514 da Pietro Vannucci detto il Perugino, maestro del celebre Raffaello?
Dicono i primi numeri dell’estate che quest’anno, dopo un periodo difficile, il turismo italiano sta tornando a respirare.
Nei due aeroporti di Milano, la città dell’Expo, in maggio e in giugno i passeggeri dei voli internazionali sono cresciuti del 6,3 per cento rispetto a un anno fa.
In tutta la penisola gli albergatori segnalano un aumento degli stranieri, mentre sembra essere in atto un vero boom per quei privati che affittano appartamenti su siti tipo Airbnb, ma anche per agriturismi, bed&breakfast, campeggi, fenomeni difficili da catturare nelle statistiche ufficiali.
Eppure, se si allarga lo sguardo a quel che sta accadendo nel mondo, basta poco per rendersi conto che le sconfinate meraviglie naturali e artistiche d’Italia non riescono a generare una ricchezza all’altezza delle loro possibilità .
Ha ricordato di recente Romano Prodi che la Sicilia, con le sue memorie storiche di inestimabile valore, ha meno di un decimo dei turisti delle isole Baleari, che al di fuori della stagione estiva non possono offrire più di tanto.
Se si fa eccezione per i Musei Vaticani, tra i venti musei più visitati al mondo non figura nessuno italiano, mentre ce ne sono ben due di Taiwan, il National Palace Museum di Taipei (tredicesimo) e il National Museum of Natural Science di Taichung (diciottesimo), la terza città per numero di abitanti dell’isola
Un’analisi su 30 mila giudizi postati sul sito rivela i gusti dei viaggiatori che visitano le due capitali.
Nei ristoranti è pizza contro vino, negli alberghi famiglia contro romanticismo. Ma, tra un “delizioso” e uno “squisito”, molti parlano spesso di “rapina”
E ancora: nelle classifiche del turismo internazionale, ormai da tempo l’Italia sta perdendo posizioni.
Se si considerano gli arrivi annui, i 48 milioni ottenuti nel 2014 la collocano ben sotto non soltanto la Francia, prima assoluta con 83 milioni, ma anche la Spagna, che di arrivi ne ha contati 64 milioni.
L’ufficio statistico europeo Eurostat compila una graduatoria dei Paesi che ogni anno registrano più pernottamenti da parte dei turisti internazionali. In questo caso, con 184 milioni di pernottamenti annui, l’Italia viene surclassata dalla Spagna, che arriva a 252 milioni, anche se riesce a superare la Francia (ferma a 131 milioni), che primeggia tra le destinazioni da week end ma fatica a catturare i vacanzieri per periodi più lunghi.
È facile intuire perchè l’Italia stia perdendo quote di mercato in un settore che sta vivendo una fase esplosiva com’è il turismo.
Man mano che diventano più raggiungibili luoghi fino a poco fa troppo lontani, la concorrenza cresce e l’Europa fatica a tenere il passo.
Il confronto con la Francia, che resta però leader di mercato, può dunque essere utile per comprendere quali siano stati gli errori commessi.
Lo scorso maggio, per festeggiare i vent’anni di vita della sua azienda, il tycoon cinese Li Jinyuan ha deciso di finanziare un viaggio premio di quattro giorni per i suoi 6.400 dipendenti. Parigi e l’intera Rèpublique hanno raccolto la sfida: solo nella Ville Lumière sono stati coinvolti 140 alberghi e a fare gli onori di casa si è presentato il ministro degli Esteri in persona, Laurent Fabius.
Le ferrovie francesi hanno messo a disposizione i treni ad alta velocità per trasportare gli ospiti a Nizza; alla fine si calcola che l’operazione abbia fruttato all’economia transalpina più di 13 milioni di euro.
I colpi di fortuna capitano: anche a Savelletri di Fasano, in Puglia, lo scorso settembre sono arrivati 800 invitati per i tre giorni delle nozze della figlia del magnate indiano dell’acciaio Pramod Agarwal.
Ma il punto è un altro. Il governo francese cerca di darsi una strategia. Un anno fa ha varato un piano in 30 punti per rilanciare il turismo.
Tra le priorità , la costituzione di cinque poli di eccellenza (gastronomia ed enologia, montagna e sport, ecoturismo, turismo dell’artigianato e del lusso, turismo urbano e notturno); la realizzazione di un piano per estendere il wifi gratuito a tutti i luoghi più frequentati; la cancellazione dell’obbligo di presentare una prenotazione alberghiera al momento della domanda di un visto per un soggiorno di breve durata; l’estensione agli altri mercati emergenti dell’iniziativa “visti turistici in 48 ore”, già avviata in Cina.
Perchè è da Oriente che vengono e verranno sempre più i nuovi turisti.
La compagnia aerea francese Air France collega Parigi a cinque grandi città cinesi con un totale di 49 voli settimanali.
Significa che i viaggiatori possono raggiungere la Tour Eiffel da Pechino, Shanghai e Hong Kong, ma anche dalle meno note Wuhan e Guangzhou.
I voli di Alitalia da Roma? Zero, al momento: per il primo collegamento con Pechino è stato necessario aspettare il salvataggio da parte degli arabi di Etihad e arriverà a ottobre.
Anche se si guardano i voli Roma-Cina operati da altre compagnie, dalla Cathay Pacific alla Hainan Airlines, il divario resta ampio. In totale sono 23 alla settimana: meno della metà di quelli operati dagli scali parigini dalla sola Air France.
Risultato: l’Italia ha 300 mila ingressi cinesi l’anno, la Francia 1,8 milioni.
«La mancanza di collegamenti fa sì che molti cinesi intenzionati a venire in Europa atterrino a Parigi o a Francoforte, ed è da queste città che i tour operator organizzano i percorsi, tralasciando o concedendo poco tempo alla visita dell’Italia. È davvero un peccato, perchè i cinesi cercano soprattutto arte, shopping e cibo buono», spiega Angelo Rossini, analista di viaggi per la società Euromonitor International.
L’elenco delle lacune italiane, al confronto con la Francia, è vario e noto agli esperti. Dopo il referendum del 1993 che tolse al governo le competenze nel settore, molte regioni hanno perso anni senza concludere nulla.
L’Enit, l’agenzia nazionale del turismo, è stata a lungo commissariata e solo ora il governo di Matteo Renzi si è messo a pensare che futuro tentare di darle.
Tanti alberghi costruiti mezzo secolo fa sono arretrati da far paura, abituati come sono a vivere di rendita: «Ora è previsto un credito d’imposta per la ristrutturazione, solo che mancano ancora i decreti attuativi», dice Alessandro Nucara, direttore generale di Federalberghi.
La rete ferroviaria ad alta velocità è ancora ridotta, e nei Comuni può accadere di tutto. L’autobus “389” che collega il centro di Palermo a Monreale, da poco divenuta con Cefalù un sito Unesco teso a preservare le meraviglie dell’arte arabo-normanna, è stato ripristinato solo nel settembre scorso, dopo tre anni di sospensione.
E ancora: la piazza Guglielmo II, che si apre davanti alla cattedrale, è stata un parcheggio fino al giugno 2014, quando il neo-eletto sindaco Pietro Capizzi ha deciso di pedonalizzarla, proprio per ottenere il riconoscimento Unesco.
Curare le magagne non sarà facile.
Dalla Francia, però, arriva un’altra lezione. E cioè che il flusso dei turisti è fatto in realtà da persone che cercano luoghi e cose diversi.
Per cui, racconta Alexandre Bezardin di Atout France, l’agenzia nazionale per lo sviluppo turistico, analizza i mercati internazionali, organizza parternship con gli operatori e studia campagne mirate.
In India ha lanciato un concorso a premi per conquistare il fiorente mercato dei matrimoni, mentre in Gran Bretagna sfrutta il marchio del Tour de France per spingere i visitatori a strutturare pacchetti ad hoc su tutto il territorio, con grande attenzione alla manna del momento, le vacanze “nature & outdoors”.
Da questo punto di vista, ci vuole poco per immaginare che il potenziale dell’Italia è enorme, anche con investimenti limitati.
Un esempio è quello dei parchi nazionali, che attirano sempre più turisti nonostante budget ridotti all’osso, un altro quello degli alberghi diffusi, uno dei pochi modi per salvare dall’oblio le piccole comunità .
A Santo Stefano di Sessanio, alle pendici del Gran Sasso, arrivano oggi più di diecimila visitatori l’anno, per metà stranieri, mentre prima del 2005, quando partì il progetto del suo ideatore, il milanese di origini svedesi Daniele Kihlgren, vi vivevano non più di venti persone.
Kihlgren ha replicato a Matera, e comprato vecchie case in altri nove borghi. Altre iniziative sono spuntate altrove, da Apricale nell’entroterra di Ventimiglia a Borgo di Castelvetere, un paesino abbandonato dopo il terremoto dell’Irpinia.
Naturalmente, anche in questo caso, le difficoltà burocratiche si sprecano. E i finanziamenti spesso latitano.
A volte però, la buona volontà di un drappello di persone può mettere in moto un circolo virtuoso.
Una dimostrazione è il progetto Vento, la ciclabile lungo il Po da Torino a Venezia, nato attorno a un gruppo di ricercatori del Politecnico di Milano, amanti della bicicletta.
Ora si è mosso il governo, che finanzierà la progettazione definitiva.
Lungo il grande fiume «un intero sistema di vita sta morendo, perchè non vi passa nessuno.
Il sindaco di Casalmaggiore, nel cremonese, mi ha detto che negli ultimi anni nel suo paese ha chiuso un negozio su tre», dice il professore-ciclista Paolo Pileri.
«Ma se riusciamo a rendere il percoso adatto alle famiglie, non solo agli appassionati, facendolo diventare continuo, piacevole, ben segnalato, qui possono arrivare 3-400 mila persone l’anno. Facendo rinascere tantissime attività ».
Incredibile a dirsi: il costo delle opere necessarie, stima ad occhio Pileri, potrebbe essere piuttosto contenuto, un’ottantina di milioni.
Emanuele Coen, Luca Piana, Stefano Vergine
(da “L’Espresso“)
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