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L’ITALIA E L’EUROPA NON SEPPELLISCANO LA VERITA’ SU GIULIO REGENI E SUI DIRITTI UMANI

L’ITALIA STA PER INVIARE NUOVAMENTE L’AMBASCIATORE IN UNO STATO GOVERNATO DA CRIMINALI

Si scrive Emmanuel Macron. Si legge Abdel Fattah al-Sisi.
È il patto di ferro tra i due presidenti di Francia ed Egitto ad aver sbloccato, almeno sulla carta, il groviglio libico. L’ambizioso inquilino dell’Eliseo, in caduta nei sondaggi di popolarità , gioca la carta della “grandeur” francese nel Mediterraneo, ma sul piano delle dinamiche regionali il vero dominus sul campo è il “presidente-generale” egiziano.
Perchè senza il sostegno (politico e militare) del Cairo, il generale Haftar non avrebbe riconquistato la Cirenaica e trattato su basi di forza con il premier della Tripolitania, Fayez al-Serraj.
La posta in gioco non è solo il contenimento dei migranti sulla rotta mediterranea, ma è anche economica, o per essere più precisi, petrolifera.
Ed è anche alla luce delle ultime vicende libiche che è ripresa, sottotraccia, la pressione su Palazzo Chigi e Farnesina perchè il nostro ambasciatore faccia rientro al Cairo. Alla faccia dei diritti umani e del caso di Giulio Regeni.
“D’altra parte, se dovessimo avere relazioni, politiche, economiche, commerciali, solo con paesi retti da regimi democratici, dovremmo chiudere ambasciate e smettere di fare affari con più della metà  del mondo…”.
La nostra fonte, un ex diplomatico ora influente lobbista, in maniera un po’ brutale ma certamente chiara, sintetizza la realpolitik che vorrebbe un recupero di relazioni a tutto campo con l’uomo forte dell’Egitto.
“Avevamo abboccato alle cosiddette ‘Primavere arabe’ — ed ora eccoci a rimpiangere Mubarak, Gheddafi e pendere dalle labbra di Erdogan…”.
La restaurazione è compiuta. La stagione della speranza, archiviata. Ma “rottamare” pure i diritti umani e mettersi a dibattere perchè sia fatta verità  e giustizia sul brutale assassinio di Giulio Regeni, questo è francamente troppo.
Tuttavia, di questo si discute nei palazzi che contano, e la diplomazia degli affari prende sempre più quota rispetto a quella dei diritti umani. In questo contesto, il ritorno o meno dell’ambasciatore italiano in Egitto va oltre il fatto specifico e diviene la cartina al tornasole delle priorità  della nostra diplomazia e più in generale del sistema-Italia in particolare nell’area mediorientale e in Africa.
Diciotto mesi fa “spariva” al Cairo il giovane ricercatore italiano, il cui corpo venne ritrovato orribilmente torturato alcuni giorni dopo, Amnesty International Italia ha scritto al presidente del Consiglio Paolo Gentiloni chiedendo se, dopo la recente missione nella capitale egiziana di una delegazione della Commissione difesa del Senato, la posizione del governo sul mancato ritorno dell’ambasciatore abbia subito mutazioni.
A ciò che risulta da fonti bene informate, il “ripensamento” è prossimo a raggiungere l’obiettivo del ritorno del nostro ambasciatore al Cairo, approfittando anche della politica che chiude per la pausa estiva.
Nella sua lettera al primo ministro, il presidente di Amnesty International Italia Antonio Marchesi fa riferimento a quanto riportato dall’autorevole portale indipendente egiziano Mada Masr circa il possibile ritorno dell’ambasciatore italiano al Cairo nel mese di settembre, che sarebbe stato annunciato dalla stessa delegazione parlamentare italiana.
Marchesi ha ribadito che qualunque forma di rafforzamento delle relazioni fra i due paesi non può prescindere dagli sviluppi nella ricerca della verità  per Giulio Regeni. La scelta di revocare l’unica misura adottata in un anno e mezzo fra le diverse possibili, rischia di compromettere definitivamente il raggiungimento di quel risultato.
Una preoccupazione che investe l’atteggiamento dell’Europa che, dopo aver “sdoganato” Erdogan, vede in al-Sisi un altro Gendarme del Mediterraneo.
“C’è il concreto pericolo che le violazioni dei diritti umani in Egitto vengano messe sotto il tappeto e che l’Unione europea dia priorità  alla sicurezza, all’immigrazione e ai rapporti commerciali a spese dei diritti umani”, avverte David Nichols, responsabile di Amnesty International per la politica estera dell’Unione europea.
Dopo il massacro di Rabaa dell’agosto 2013, quando al Cairo le forze di sicurezza uccisero almeno 900 persone in un solo giorno, gli Stati membri dell’Unione europea avevano deciso di sospendere le licenze all’esportazione di ogni tipo di armi che potevano essere usate a scopo di repressione interna.
Il rapporto dell’Unione europea sull’Egitto, pubblicato in vista del Consiglio di associazione, svoltosi il 25 luglio, neanche menziona Rabaa e il fatto che, da allora, nessuno è mai stato chiamato a rispondere nè tanto meno è stato indagato per quel massacro. Il rapporto tace anche sul ricorso alle esecuzioni extragiudiziali, sugli sgomberi forzati di migliaia di famiglie nel Sinai e sull’assenza di procedimenti giudiziari per i responsabili degli attacchi settari contro i cristiani copti. Non basta.
La piaga della tortura viene derubricata come “denunce di presunte torture in carcere, di morti a causa della tortura o di negligenza medica”. L’ultimo caso risale a soli 10 giorni fa. Dell’altra piaga delle sparizioni forzate, secondo Amnesty International tre o quattro al giorno, ci si limita a segnalare che la Commissione nazionale sui diritti umani ha prodotto un rapporto. Non si parla delle detenzioni arbitrarie.
Le forze di sicurezza egiziane beneficiano della completa impunità  per le violazioni dei diritti umani, come le sparizioni forzate, la tortura, le morti in custodia e le esecuzioni extragiudiziali. Nonostante tutto ciò, quasi la metà  degli Stati membri dell’Unione europea – Italia inclusa – ha proseguito, in violazione degli obblighi di diritto internazionale, a inviare armi all’Egitto.
“In Egitto è in corso un’ondata senza precedenti di violazioni dei diritti umani. Nell’ultimo anno e mezzo decine di difensori dei diritti umani si sono visti congelare i beni patrimoniali, hanno subito divieto di viaggi o sono stati interrogati per accuse ridicole che potrebbero comportare l’ergastolo e la fine delle attività  delle organizzazioni indipendenti”, ha sottolineato Nichols.
“Mentre la società  civile subisce una crescente repressione, le forze di sicurezza egiziane hanno mano libera per compiere massicce violazioni come le detenzioni arbitrarie, la tortura e le uccisioni illegali. L’Unione europea deve usare la sua autorevolezza e dire chiaramente, anche durante il vertice del 25 luglio, che non resterà  in silenzio di fronte al fosco quadro delle violazioni dei diritti umani in Egitto.
Violazioni che reiterano tragedie di sequestri e di morte.
Ieri l’ennesimo giovane egiziano è stato ritrovato morto, con segni di percosse e bruciature sul corpo. Tharwat Sameh aveva 19 anni.
Secondo quanto riferito dai familiari al sito web informativo “Veto Gate”, il ragazzo sarebbe scomparso venerdì 21 luglio dopo essere uscito di casa, senza telefono cellulare, per comprare da mangiare: una versione diversa da quella secondo cui il 19enne sarebbe stato prelevato dalle forze di sicurezza il 22 luglio direttamente nella sua abitazione in un sobborgo del Cairo. Inoltre il 19enne, secondo “Veto Gate”, non svolgeva alcuna attività  politica.
Domenica 23 luglio, prosegue il sito web egiziano, la famiglia ha ricevuto una telefonata anonima che avvertiva che il ragazzo era stato investito da un’auto a Fayoum, 130 km a sud ed era stato ricoverato in ospedale. Il corpo è stato poi ritrovato abbandonato poco dopo seminudo con segni di percosse e bruciature da scarica elettrica. Il caso ha alcuni agghiaccianti particolari in comune con l’omicidio irrisolto di Regeni.
Le bruciature sul corpo, i segni di tortura, il cadavere ritrovato sul ciglio della strada. E, soprattutto, il fatto che il direttore della sicurezza di Fayoum è oggi Khaled Shalaby, lo stesso poliziotto che 18 mesi fa era l’investigatore capo nel governatorato di Giza, dove fu trovato il corpo di Regeni. Shalaby, già  condannato nel 2003 per tortura (ma la sentenza era stata sospesa), dichiarò che la morte di Regeni sembrava frutto di un incidente stradale, ma fu subito smentito dall’autopsia.
Ora le autorità  affermano che “tre ignoti” avrebbero picchiato a morte Sameh. D’altro canto, il rapporto dell’Unione europea non fa menzione neanche del terribile omicidio di Giulio Regeni e della detenzione, arrivata al quarto anno, del cittadino irlandese e prigioniero di coscienza Ibrahim Halawa.
Amnesty International chiede all’Unione europea di sostenere la richiesta di un’indagine efficace, indipendente e imparziale sulla sparizione e l’uccisione di Giulio Regeni e l’immediato e incondizionato rilascio di Ibrahim Halawa.
“Ho sollevato il caso di Giulio come facciamo spesso perchè per tutta l’Ue, non solo per l’Italia, è una questione prioritaria e l’Ue è accanto al governo italiano nel fare tutto il possibile per trovare la verità “. Ad affermarlo è stata (25 luglio) l’Alto rappresentante interpellata riguardo il caso Regeni durante una conferenza stampa con il ministro degli Esteri egiziano Sameh Hassan Shoukry. “Consideriamo importante trovare una soluzione al caso – ha sottolineato quest’ultimo – ed è stato intrapreso ogni sforzo per risolverlo”.
Chiacchiere. Perchè questi “sforzi”, in 18 mesi, si sono rivelati una sequenza ininterrotta di depistaggi, di collaborazioni millantate ma senza costrutto.
I depistaggi come i silenzi che hanno accompagnato queste sollecitazioni, non inducono all’ottimismo. In compenso, per il periodo che dal gennaio 2015 al maggio 2017, complessivamente la somma dell’assistenza finanziaria dell’Unione europea, dei suoi Stati membri e delle istituzioni finanziarie europee ha superato gli 11 miliardi di euro.
Dopo Erdogan, anche al-Sisi diviene per l’Europa il “male minore”. Con cui trattare. Da riempire di miliardi. E con cui fare affari.
Verità  e giustizia (per Giulio Regeni e per gli egiziani massacrati nelle prigioni del regime o fatti trovare cadavere sui bordi delle strade) possono attendere.

(da “Huffingtonpost”)

This entry was posted on mercoledì, Luglio 26th, 2017 at 22:15 and is filed under denuncia. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0 feed. You can leave a response, or trackback from your own site.

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