L’ITALIA SI TIRA L’ENNESIMA ZAPPATA SUI PIEDI: MENTRE L’UNIONE EUROPEA SCALPITA PER ACCOGLIERE GLI SCIENZIATI AMERICANI IN FUGA DAGLI “STATES” A CAUSA DEI TAGLI AI FINANZIAMENTI PER LA RICERCA DA PARTE DI DONALD TRUMP, L’ITALIA RESTA A GUARDARE
TRA LE 12 NAZIONI EUROPEE CHE STANNO COLLABORANDO PER ACCELERARE LA CONCESSIONE DI VISTI, SOVVENZIONI E BORSE DI STUDIO, MANCA IL NOSTRO PAESE: RISCHIAMO DI RIMANERE INDIETRO NELLA CORSA AD ATTIRARE I MIGLIORI STUDIOSI
I primi sono stati gli storici e i filosofi. Ora a fuggire dagli Usa sono gli uomini di scienza. L’amministrazione Trump ha fatto marcia indietro sulla revoca del visto che aveva colpito centinaia di studenti stranieri, costringendo alcuni a lasciare il Paese, ma nella decisione pesano i miliardi di dollari di finanziamenti per la ricerca tagliati, i licenziamenti in massa dei dipendenti federali e il controllo esercitato sulle università e i centri di ricerca.
Tutti motivi che stanno portando gli scienziati che operano negli Stati Uniti a considerare di trasferirsi in Europa o in Canada, che ora stanno giustamente sfruttando il momento di debolezza dell’America. Una vera e propria offerta d”asilo accademico”.
L’European Research Council – l’ente pubblico per il finanziamento della ricerca scientifica e tecnologica condotta all’interno dell’Unione europea – ha appena annunciato di aver raddoppiato i finanziamenti offerti a ricercatori che desiderano trasferirsi nel Vecchio Continente, portandoli a 2 milioni di euro per candidato. Una cifra che va a coprire i costi del trasferimento in un’istituzione europea e che può comportare l’allestimento di un laboratorio.
Un blocco di 12 nazioni dell’Ue sta collaborando per accelerare la concessione di visti, sovvenzioni e borse di studio per il trasferimento, nel tentativo di sottrarre cervelli statunitensi in linea con le proprie priorità strategiche. […]
In questo gruppo composto da Francia, Repubblica Ceca, Austria, Slovacchia, Estonia, Lettonia, Spagna, Slovenia, Germania, Grecia, Bulgaria e Romania, manca però l’Italia che rischia di rimanere indietro nella corsa ad accaparrarsi cervelli. Anche perché altri Stati si stanno muovendo indipendentemente, oltre alle iniziative europee comuni.
In Germania, ad esempio, nell’ambito dei colloqui di coalizione per un nuovo governo, conservatori e socialdemocratici hanno elaborato piani per attrarre fino a 1.000 ricercatori, secondo documenti di negoziazione di marzo visionati da Reuters. «Il governo americano sta usando la forza bruta contro le università e i ricercatori americani stanno contattando l’Europa», ha dichiarato il mese scorso il futuro cancelliere tedesco, Friedrich Merz. «Questa è un’enorme opportunità per noi».
A Londra, il Grantham Institute dell’Imperial College, specializzato nella ricerca sul cambiamento climatico, sta creando almeno altri due posti per ricercatori statunitensi all’inizio della loro carriera e ha già registrato un netto aumento delle candidature, ha affermato il suo direttore del progetto, Joeri Rogelj.
La Libera Università di Bruxelles (Vub), ha annunciato la settimana scorsa l’apertura di 12 posizioni per ricercatori internazionali «con un focus specifico sugli studiosi americani». Anche l’Università francese di Aix-Marseille ha lanciato un «programma di spazio sicuro per la scienza», riferendosi a «un contesto in cui alcuni scienziati negli Stati Uniti potrebbero sentirsi minacciati o ostacolati nelle loro ricerche».
Nei Paesi Bassi, il governo intende istituire un fondo per attrarre i migliori scienziati stranieri e rafforzare gli obiettivi di «autonomia strategica» dell’Ue, ha dichiarato il Ministro dell’Istruzione, Eppo Bruins, in una lettera al Parlamento il 20 marzo.
Intanto, un sondaggio lanciato dalla rivista Nature ha chiesto agli scienziati americani se stanno valutando la possibilità di lasciare gli Stati Uniti a seguito dei disordini provocati da Trump. Degli oltre 1200 che hanno risposto, il 75% ha detto che sì, ci sta pensando.
(da agenzie)
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