L’ITALIA, UN PAESE SENZA FUTURO: NELL’ULTIMO ANNO, 156 MILA CITTADINI ITALIANI SI SONO TRASFERITI ALL’ESTERO: OLTRE IL 70% HA MENO DI 39 ANNI E QUASI LA METÀ HA LA LAUREA (DAL 2011 SONO ESPATRIATI 700MILA LAUREATI)
IL NOSTRO PAESE È TERZULTIMO IN EUROPA PER PERCENTUALE DI LAUREATI …SIAMO ANCHE POCO ATTRATTIVI PER I LAVORATORI QUALIFICATI: L’ITALIA E’ ULTIMA NELL’UE PER STRANIERI LAUREATI “INGLOBATI” NEL MERCATO DEL LAVORO …IL TASSO DI NATALITÀ NEL 2024 È ULTERIORMENTE SCESO DA 1,2 A 1,18 FIGLI
Non partono più come nel secolo scorso con la valigia di cartone, tante speranze e poche competenze, ma comunque hanno ripreso ad emigrare. Giovani come allora, ma altamente istruiti. Il futuro perso di un’Italia che fatica a essere competitiva perché terzultima in Europa per percentuale di laureati, ma che scende proprio all’ultimo gradino se andiamo a contare quanti sono gli stranieri con un diploma di laurea in tasca che vengono a lavorare da noi.
A certificare la nuova emigrazione italiana è l’ultimo rapporto Istat sulla popolazione italiana, sempre più vecchia e in crisi di natalità, tanto che il già bassissimo tasso di fecondità delle donne nel 2024 è ulteriormente sceso da 1,2 a 1,18 figli. Non occorre essere matematici per dedurre che continuando di questo passo nel giro di qualche decennio la popolazione italiana rischia di dimezzarsi.
Nell’ultimo anno 191 mila abitanti hanno lasciato l’Italia, il numero più alto dal Duemila, con un balzo del 20,5% rispetto al 2023. Di questi, 156 mila sono cittadini italiani, aumentati del 36,5%. E in maggioranza giovani: 93.410 hanno tra i 18-39 anni e quasi 20 mila sono under 17. In tutto 113 mila giovani e giovanissimi (+36%) sono partiti per l’estero contro 370 mila nascite lo scorso anno. […]
Emerge dai dati della Fondazione Nord Est, elaborati su quelli Istat: tra chi sceglie di lasciare l’Italia, il 48% ha una laurea. Erano il 36% solo nel 2019. Lo stesso report della Fondazione smentisce la favola in cui si è crogiolata per anni la politica italiana, secondo cui questi fenomeni migratori altro non sarebbero che normali dinamiche dei mercati nei Paesi avanzati. Infatti, se gli altri Paesi attraggono i nostri giovani, noi non esercitiamo lo stesso appeal.
Tra le destinazioni preferite, l’Italia risulta essere infatti ultima, indicata da appena il 6% dei giovani europei per un’esperienza di lavoro. In testa c’è la Svizzera (34,2% delle preferenze), agli ultimi posti la Svezia (14,1%) e la Danimarca (10%). E se Francia, Germania e Regno Unito fornissero i dati a Eurostat, l’Italia figurerebbe molto più indietro. Resta comunque il fatto che per ogni giovane straniero che sceglie di venire a lavorare nel nostro Paese, quasi 9 under 34 italiani se ne vanno all’estero.
Certo, i giovani sono sempre più internazionali, mobili e curiosi verso altre culture. Ma attenzione. Da noi la mobilità è diventata un obbligo per mancanza di alternative: quando si va via, non si torna più.
«La questione più grave – spiega Alessandro Foti, ricercatore in immunologia al Max Planck Institute di Berlino e autore del libro Stai fuori! Come il Belpaese spinge i giovani ad andare via – non è solo che i nostri giovani vanno altrove: è anche e soprattutto che da noi non ne arrivano dagli altri Paesi europei. Nonostante i luoghi comuni sul seducente fascino del Belpaese, la realtà ci dice il contrario: i giovani italiani vanno in massa in Inghilterra, Germania e Francia, ma gli inglesi, i tedeschi e i francesi non ci pensano neanche a venire da noi, se non per fare le vacanze mangiare la pasta o il gelato».
Un tema non è all’ordine del giorno del dibattito pubblico. «È stato veicolato il messaggio dell’invasione degli immigrati sui barconi. Beh, si rimane a bocca aperta leggendo che in Italia in quattro anni sono sbarcati 131.210 immigrati e nello stesso periodo hanno spostato la residenza all’estero 497.240 italiani, come raccontano i dati della Fondazione Migrantes». Ma quali sono i motivi che spingono tanti giovani altrove?
«Gli italiani – prosegue Foti- vedono ormai da anni un peggioramento delle proprie condizioni salariali e di potere d’acquisto». Inoltre siamo uno dei Paesi europei con il mercato del lavoro giovanile più fragile e un livello di occupazione tra le giovani generazioni molto basso. Non basta: i neolaureati italiani hanno più difficoltà a trovare un lavoro dignitoso: l’Italia è addirittura penultima in Europa per livello occupazionale dei 20-34enni laureati da tre anni.
(da La Stampa)
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