LO STUDIO CHE DICE CHE LA PANDEMIA DURERA’ ALTRI 18-24 MESI
LA RICERCA DELL’UNIVERSITA’ DEL MINNESOTA E I TRE POSSIBILI SCENARI
La pandemia di coronavirus durerà ancora per 18-24 mesi, ovvero fino a quando il 60-70% della popolazione mondiale non avrà contratto la malattia, e un vaccino potrebbe aiutare ma non in tempi rapidi: è la previsione del ‘Center for Infectious Disease Research and Policy’ (CIDRAP) dell’Università del Minnesota, riportata in un articolo della Cnn.
“Questa cosa non si fermerà finchè non infetta il 60-70 percento della popolazione”, ha detto all’emittente Usa Mike Osterholm, direttore del CIDRAP e uno degli autori dello studio: “L’idea che finirà presto sfida la microbiologia”.
Da parte sua, l’epidemiologo della Harvard School of Public Health e un altro autore dello studio, Marc Lipsitch, hanno sottolineato che, “sulla base delle più recenti pandemie di influenza, questa (pandemia) durerà probabilmente dai 18 ai 24 mesi”.
Un periodo, questo, durante il quale “l’immunità di gregge si sviluppa gradualmente nella popolazione”. Un vaccino potrebbe aiutare, sottolinea lo studio, ma “probabilmente non sarà disponibile almeno fino ad una data imprecisata del 2021”.
Secondo questo studio sono possibili tre scenari.
Nel primo la prima ondata di COVID-19 della primavera del 2020 sarà seguita da una serie di ondate più piccole durante l’estate per un periodo che andrà avanti da uno a due anni, diminuendo gradualmente fino alla fine del 2021.
Il secondo scenario è catastrofico e prevede un’ondata più grande dall’autunno all’inverno nel 2020 e uno spegnimento nel 2021 ma questo modello prevede che ci sia un ripristino delle misure di quarantena in autunno per fermare l’esaurimento dei posti in terapia intensiva.
Si pensa a un modello simile a quello dell’epidemia di Spagnola nel 2018 e nel 2019.
Il terzo scenario prevede invece una combustione lenta della trasmissione in corso senza collasso delle strutture ospedaliere ma secondo gli esperti stati e territori dovrebbero prepararsi alla pianificazione dello scenario peggiore.
Intanto un altro studio di alunni e di personale scolastico testati positivi al Covid-19 nel New South Wales, il più popoloso degli stati australiani, ha rilevato un tasso di trasmissione “straordinariamente basso” nelle scuole.
La ricerca del National Centre for Immunisation Research and Surveillance — citata dal governo federale nel premere sugli stati verso la riapertura delle scuole — ha studiato i 18 casi di Covid-19 riscontrati nello stato, in 15 delle 3000 scuole pubbliche.
Sono stati rintracciati per 28 giorni i nove insegnanti e nove alunni contagiati e i loro 863 contatti ravvicinati. Ha individuato due soli casi di contagio, entrambi di alunni, e non risulta che alcuno di loro lo abbia trasmesso ad altri. “La nostra investigazione non ha trovato evidenze di alunni che abbiano infettato insegnanti”, ha sottolineato la responsabile della ricerca, l’immunologa Kristine Macartney.
“Abbiamo rilevato un tasso straordinariamente basso di trasmissioni nelle scuole ed è stata una sorpresa nella comunità pediatrica, perchè siamo così abituati a vedere i bambini come ‘super diffusori’ di altri virus, specie dell’influenza”, ha aggiunto Macartney.
“Questo virus sembra diffondersi principalmente fra adulti. Non si è trasmesso fuori controllo nelle scuole perchè i sistemi immunitari reagiscono differentemente quando la persona è giovane”.
Il governo federale sta aumentando la pressione sugli stati perchè facciano tornare le scuole alla normalità al più presto possibile, mentre le giurisdizioni statali continuano a adottare una varietà di approcci.
Il primo ministro Scott Morrison ha detto che la consulenza medica al governo conferma che non è necessario applicare i requisiti di distanziamento sociale alle aule scolastiche, il che apre la strada al ritorno degli alunni a scuola. “La consulenza ricevuta è chiara: la distanza di 1,5 metri non è un requisito raccomandato nelle aule scolastiche”, ha dichiarato.
(da agenzie)
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