LO VOLETE BREVE O LUNGO? MA PERCHE’ IL PREMIER NON SI DIFENDE “NEL” PROCESSO, INVECE CHE “DAL” PROCESSO?
UN VERO UOMO DI STATO NON SUBORDINA IL FUTURO DEL PAESE ALLA PROPRIA IMPUNITA’ PERSONALE ….SE IL CITTADINO NORMALE SI PRESENTA IN TRIBUNALE E SI DIFENDE DALLE ACCUSE, A MAGGIOR RAGIONE DOVREBBE FARLO CHI HA UNA CONCEZIONE DI DESTRA DELLA GIUSTIZIA
Ora si legge che dal “processo breve” si potrebbe passare al “processo lungo”: sarebbe l’ultima ipotesi emersa dal lungo vertice a casa Berlusconi di ieri, con la partecipazione del duo Alfano-Ghedini.
Obiettivo sempre lo stesso: fornire al premier uno scudo giudiziario per disinnescare i processi Mill e Mediaset che lo vedono imputato e che potrebbero riprendere a dicembre, in caso di sentenza di incostituzionalità del legittimo impedimento da parte della Suprema Corte.
Il processo breve non piace agli italiani, non solo ai finiani, perchè sarebbe una amnistia mascherata: per togliere il premier dall’imbarazzo di due processi, se ne farebbero saltare circa 400.000.
I finiani sono contrari in particolare alla norma transitoria, fatta su misura per Berlusconi, quella che taglia i processi in corso.
In pratica si sancisce un effetto retroattivo per favorire una sola persona.
Ora pare che il governo lavori su due ipotesi: o un colpo di forbice ai tempi di prescrizione di alcuni reati o una norma che impedisca l’utilizzo della sentenza della Cassazione sul processo Mills, in cui si certifichi la prescrizione dei casi di corruzione. Così i procedimenti potrebbero allungarsi fino alla prescrizione del reato.
Siamo alla più evidente delle contraddizioni: non ha più rilevanza lo scopo di ridurre i processi “nell’interesse dei cittadini”, esigenza virtuale dietro cui ci erano trincerati i berluscones per mesi, ora forse potrebbe essere meglio un “processo lungo” che finisca così in prescrizione.
Il processo lungo si basa su alcune ipotesi normative: poteri ridotti ai giudici nel respingere le richieste degli avvocati e le liste dei testi, divieto di utilizzare una sentenza passato un giudicato in un altro processo, riduzione del potere del pm sulla polizia giudiziaria.
Se invece si tornasse al processo breve, l’escamotage sarebbe quello di dimìnuire il tetto dei reati cui si applica da 10 a 8 anni, non al di sotto, altrimenti resta fuori la corruzione.
Poi concedere il processo breve solo agli incensurati.
Una ipotesi che ha fatto dire a Bocchino che “non se parla neppure, sarebbe un’evidente legge ad personam, ritagliata apposta per Berlusconi, che sfida qualsiasi rispetto di costituzionalità e di cui il premier non si assume neppure la responsabilità politica”.
Il percorso sarà ancora lungo, ma qui ci preme fare alcune considerazioni generali.
Il premier dice: “Sono un perseguitato politico, ho subito 106 processi, in tutti sono stato assolto, salvo due prescrizioni”.
Non è vero: i processi sono stati 16, di cui 12 già conclusi: in soli 3 casi è stato assolto, negli altri 9 si è salvato grazie alla prescrizione della pena e alla estinzione del reato ( le une e le altre decise da leggi da lui stesso fatte votare in parlamento).
Quattro sono ancora i processi in corso: il processo Mills per corruzione in atti giudiziari, quello sui diritti Mediatrade per appropriazione indebita, quello sui diritti tv Mediaset per falso in bilancio e quello romano per istigazione alla corruzione di due senatori.
Fatta questa premessa, ci chiediamo: quale regola vige per il comune cittadino quando viene citato in giudizio?
Presentarsi in tribunale, difendere e illustrare le proprie ragioni, cercare di dimostrare al giudice la propria innocenza.
Per una persona di destra, in particolare, che crede nella legalità e nelle istituzioni, dovrebbe essere un motivo in più per vedere tutelata e riconosciuta la propria onorabilità di fronte al mondo.
Un valore riconosciuto dovrebbe essere pertanto quello di difendersi “nel processo”, non “dal processo”.
Affrontare la corte con serenità , non scappare come i vili.
A maggior ragione chi governa non può subordinare il futuro del Paese al suo destino processuale o la sopravvivenza del governo alla sua personale impunità .
Il calendario parlamentare non può dipendere dal casellario giudiziario: chi ha pendenze con la giustizia prima le risolva e poi si metta in politica, non che si mette in politica per risolvere le sue pendenze giudiziarie.
Non abbiamo bisogno di politici che necessitano di salvacondotti, ma di personalità di “condotta proba”.
Inutile girare intorno al problema: una destra seria può anche essere rappresentata da un premier in attesa di processi, presumendo la sua completa innocenza, ma non certo da un leader che ha come filosofia di vita quella di fuggire dai processi con mille escamotage, imposti pure al Paese.
Ci sono centinaia di casi di militanti di destra che hanno affrontato pesanti e lunghi processi a testa alta, anche quando era evidente la loro innocenza.
Nono sono scappati, hanno atteso che giustizia fosse fatta, magari in terzo grado, dopo aver subito magari anche una ingiusta carcerazione.
Questa è la differenza tra chi è di destra e chi dice solo di esserlo.
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