LOBBISTI, AMICIZIE E LA FIDANZATA: COSI’ DI MAIO HA DATO LA SCALATA AL M5S
INTORNO A LUI PARLAMENTARI, COMUNICATORI, AFFARISTI… E SILVIA VIRGULTI, LA POTENTE E MISTERIOSA DONNA DEL CAPO
Appena eletto, per via dei suoi ventisei anni, lo chiamavano “il cucciolo”: un nomignolo fuori luogo. Perchè Luigi Di Maio, il virgulto magico dell’M5S, un cucciolo non lo è stato mai.
A ventun anni, nel 2008, da iscritto a Giurisprudenza e sconosciuto fondatore di una associazione studentesca, Di Maio riuscì nel colpaccio di intervistare un signore dall’agenda tutt’altro che vuota: il prefetto di ferro Gianni De Gennaro, ex capo della polizia, in quel momento commissario per i rifiuti in Campania.
Uno sprovveduto, insomma, almeno per capacità di relazioni, Giggino da Pomigliano d’Arco non lo era neanche allora.
E adesso che – con la festa a Cinque stelle di Rimini e l’indicazione che sarà il candidato premier del Movimento si appresta a coronare la conquista di un ruolo al quale ha lavorato per un quinquennio; solo adesso si può abbracciare in un sol colpo l’implacabile ambizione grazie alla quale è riuscito – senza troppo darlo a vedere e anzi rendendo il risultato scontato, persino banale – a scalare il Movimento Cinque stelle fino a farne una creatura tutta Di Maio-oriented. A mangiarselo in un bel boccone, l’M5S: altro che cucciolo.
L’ARTE DEL TRAMPOLINO
«A molti studenti è stato fatto credere che la politica universitaria fosse il trampolino di lancio per la politica in generale, quella che vediamo in tv», invece «l’importante è l’esperienza della partecipazione, poi è un percorso naturale».
Ecco, quando nell’inverno 2013 da studente impegnato si candida per la Camera e parla così in un video forum, Di Maio ha già chiarissima la dinamica del trampolino: dall’università al Movimento, in quel caso.
Ce l’ha chiara e la nega. Trampolino io, ma quando mai. «Quando ho visto i fuori onda di Favia e Salsi, ho pensato che volessero usare il Movimento come trampolino», rimarca ad Avvenire, nella sua prima intervista da candidato M5S. Niente trampolini, proclama lui. Il percorso deve essere “naturale”.
Proprio come gli è “venuto naturale”, anni dopo, fidanzarsi con la sua attuale (e fondamentale) compagna, Silvia Virgulti.
Naturalmente, quindi, e non per calcolo, nell’inverno 2013 grazie a quella che nel libro sui Cinque stelle di Biondo e Canestrari (Supernova) è definita una «meticolosa conoscenza dei regolamenti parlamentari», Di Maio agguanta una delle tre chiavi del suo successo: il ruolo di vicepresidente della Camera.
L’incarico più importante nel M5S, che gli consente uno staff, una segreteria e insomma di avere più potere, autonomia.
E di averceli a prescindere dai diktat di Grillo e di Casaleggio: dei quali diventa, al contrario, un punto di riferimento, una voce ascoltata.
«Di Maio è fantastico», dice Grillo a Renzi un anno dopo, quando nell’inverno 2014 si incontrano al tavolone delle consultazioni per il governo. Di lì a poco Di Maio spiccherà il volo: a giugno di quell’anno sarà il capo delegazione a Cinque stelle che tratta con il premier sulla legge elettorale, non lo ferma più nessuno.
Comandano i fondatori del Movimento, certo, ma le regole le detta lui. «Vogliamo cambiare le cose. Ma dal di dentro. Non vogliamo stravolgere le cariche istituzionali», era stata del resto la sua prima dichiarazione da vicepresidente della Camera.
IL GASTEROPODE
E così, rannicchiato dentro il Movimento come un gasteropode, come una lumaca democristiana dentro il guscio grillino, il giovane virgulto Luigi Di Maio si costruisce la sua fortezza.
Un sistema di relazioni, dentro e fuori M5S.
Dentro, si mette vicino quelli che contano qualcosa e disobbediscono zero, instaurando peraltro un circolo che si può definire persino virtuoso, nel suo genere. Vale a dire: chi conta qualcosa sta con Di Maio, e forse anche per questo continua a contare, o almeno va un po’ più in televisione.
Non è nemmeno difficile: a volte, per entrare nelle grazie, è sufficiente cedere all’aspirante leader le proprie buone idee.
È ancor più che vecchia politica: è solida e antica tradizione modello Re Sole.
Tra i fedelissimi di antico conio vi è Alfonso Bonafede, avvocato, che è rimasto vicepresidente della commissione Giustizia pure nella seconda metà della legislatura, nonostante gli sia cambiato il mondo intorno.
Come anche il segretario in ufficio di presidenza per i Cinque stelle, Riccardo Fraccaro, uomo di contatto con le aziende partecipate e i lobbisti in genere, papabile come eventuale ministro della democrazia diretta in un futuribile governo a Cinque stelle, e talmente incline al contraddittorio da rispondere «che ne pensi?» a qualsiasi domanda.
Ci sono Danilo Toninelli, uomo chiave per tutte le faccende di legge elettorale, o Mattia Fantinati, al Senato Nunzia Catalfo.
Ovviamente ci sono gli emergenti sul territorio: Cancelleri in Sicilia, ma anche Berti in Veneto, Alice Salvatore in Liguria, Buffagni in Lombardia.
Tra i nuovi ingressi, la piemontese Laura Castelli, che è la tesoriera del gruppo Camera: quella che giusto nell’ultimo anno si è vista esplodere sotto il naso, fino a un +375 per cento, le spese destinate alla comunicazione del gruppo, cioè soprattutto alla comunicazione di Di Maio.
DONNE, AMICI, LOBBISTI
Perchè mentre da fuori il movimento muta, e gli attivisti diventano fan, da dentro l’asse principale, il crocevia, il metro, diventa lui solo.
Altri due elementi sono fondamentali, a determinare questo disegno: il patto di non belligeranza con Alessandro Di Battista, che sarebbe poi l’unico in grado di contendergli la leadership; e, fondamentale, l’arrivo della Virgulti.
Un ciclone, nella vita del non cucciolo di Pomigliano d’Arco.
Arrivata alla Casaleggio attraverso i fratelli Pittarello, spedita a inizio 2014 da Gianroberto a fare la coach tv ai parlamentari e poi stabilizzata all’ufficio comunicazione della Camera, Virgulti è una misteriosa e intoccabile divinità laica del Movimento.
Perchè è la donna del capo, ma non solo. Laureata in glottologia, esperta di Programmazione neurolinguistica, e coautrice di un corso d’inglese nel quale si applicano alcuni grandi classici manipolativi di quella controversa teoria, contiene in sè molti dei contraddittori elementi del mondo grillino.
Tra il new age e l’iper tecnologico, tra l’animalista e il moderato no vax, Virgulti risulta ad esempio curiosamente nella lista delle “mujeresquedespiertan” (donne che risvegliano) come pure delle Moon Mother italiane, cioè è, citiamo dal sito, «una donna che ha sentito nel cuore il richiamo a farsi tramite per la vibrazione del Divino Femminile condivisa durante la Benedizione Mondiale del Grembo» e che la trasmette «personalmente ad altre donne per facilitare il loro risveglio e la loro guarigione profonda».
Quando non pensa alla vibrazione del Divino femminile, Virgulti si perita di eliminare le proprie tracce dalla rete: l’ultima volta, la settimana passata, cancellando da Facebook ogni traccia del proprio profilo; ma anche del suo blog sull’inglese non vi è più alcun segno.
Di Maio poi non potrebbe fare a meno di quella che forse è l’ultima metamorfosi che lo porta al suo profilo attuale.
Vale a dire, il consigliere per le relazioni istituzionali Vincenzo Spadafora: suo uomo ombra dal 2016 e terza chiave di volta del virgulto magico, pure lui campano e senza laurea, trasversale oltre ogni immaginazione (nato con Rutelli e Pecoraro Scanio, nominato garante per l’infanzia da Fini e Schifani, nel mezzo presidente all’Unicef) fondamentale per tessere la rete nazional-internazionale e organizzare tutti i viaggi di peso dell’aspirante leader: la trasferta a Londra, il viaggio in Israele, l’incontro all’Ash Center di Harvard della scorsa primavera, e via elencando accreditamenti che Di Maio, tramite Spadafora, ha realizzato come rappresentante del Movimento, pur senza avere alcuno specifico mandato.
Un lavorio che sta dando i suoi frutti e che è già valso per Spadafora un eventuale posto a Palazzo Chigi.
A tutto svantaggio di un personaggio pur potente nel movimento come Rocco Casalino, che contrariamente alle aspettative sarebbe destinato a rimaner fuori dal governo.
O almeno così dicono.
(da “L’Espresso”)
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