L’OCCIDENTE E LA RUSSIA CONTINUANO A BOMBARDARE CIVILI E OSPEDALI CAUSANDO L’ESODO DI MILIONI DI PERSONE, POI CI LAMENTIAMO PERCHE’ ARRIVANO QUA
LO PSICHIATRA CREPET: “NON SONO RAPTUS DI FOLLIA, MA VIOLENZA SUBITA E RIPRODOTTA”
Un’improvvisa ondata di follia sembra percorrere l’Europa.
Le notizie rimbalzano e la gente si chiede cosa abbia portato a questa improvvisa esplosione di violenza nei confronti di cittadini inermi: bambini, adolescenti, anziani. La cronaca ci dice che, in molti di questi casi, non si tratta di terrorismo, ma di individui che in comune hanno soltanto una provenienza siriana, tunisina, afgana.
Ma nulla di più di questo.
Eppure mai come in questo momento qualsiasi evento di violenza riesce, utilizzando un comprensibile automatismo mentale, a condurre la mente all’Isis, al suo fanatismo, alla sua infinita voglia di sangue e di vendetta.
Ci sentiamo circondati da invisibili sicari, chiunque “diverso” potrebbe costituire una minaccia. E le nostre abitudini, silenziosamente, stanno cambiando.
Soprattutto sta tramontando quella sottile traccia di ottimismo che pur era emersa dopo anni di stagnazione economica.
Le responsabilità rimbalzano tra le istituzioni, i servizi segreti sfiorano l’impotenza, l’opinione pubblica ciclicamente finisce per arrendersi alla più profonda indifferenza per l’altro o si chiude nelle nuove monadi tecnologiche attraverso le quali spia paranoicamente un mondo sempre più incomprensibile.
Stiamo diventando tutti prigionieri della fortezza nel deserto dei Tartari.
Il risultato, in ogni caso, è assicurato: complicità , empatia, solidarietà sono diventati vocaboli astrusi dalla nostra quotidianità , relegati a vocabolari desueti.
E questo cambiamento antropologico, come tutti i mutamenti psicologici di massa, non durerà per poco tempo, ma rischia di diventare il connotato sociale dei prossimi anni.
Eppure non tutto è così incomprensibile.
Mi chiedo se questa visione manichea che divide i buoni (noi occidentali democratici) dai cattivi (chi non lo è) rappresenti fedelmente il conflitto in atto.
Emigrare e fuggire da una guerra rappresentano due fenomeni con conseguenze psicologiche molto diverse
In queste ore, l’Occidente (e la Russia) continua a bombardare civili – perfino ospedali pediatrici – innescando l’esodo di milioni di persone che fuggono alla morte e alla distruzione e migrano verso l’Europa dove verranno ammassati in campi profughi ben al di sotto della soglia della decenza: c’è qualcuno che pensa che tutto questo non costituisca il miglior terreno di coltura per l’odio?
Che fareste voi se foste cittadini di Damasco?
Senza acqua e medicinali, senza ospedali e spacci per acquistare cibo, rimarreste lì? O tentereste di raggiungere un paese per lavorare e far crescere i propri figli? L’emigrazione comporta il desiderio di convivenza, la guerra trascina in sè odio e morte.
Non si parli di raptus violento: è un’invenzione giornalistica che serve solo a non capire.
Nessuno dei casi che hanno insanguinato la Germania in queste ore è stato colto da un virus di distruzione: quei ragazzi hanno subito violenza e hanno progettato di replicarla.
Ciò non giustifica affatto la barbarie e le uccisioni, ne attenua minimamente le responsabilità individuali di chi le ha compiute.
Ma se non vogliamo continuare a vivere impotenti di fronte a questo sangue innocente, non possiamo nè avallare facili teorie e fuorvianti sull’imprevedibilità della follia, nè pensare che sia tutto pensato e organizzato dall’Isis contro di noi, “innocenti” occidentali.
Paolo Crepet
psichiatra
(da “Huffingtonpost”)
Leave a Reply