LODO ALFANO: IL PREMIER E’ UGUALE AGLI ALTRI MINISTRI
DEPOSITATE LE MOTIVAZIONI DELLA SENTENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE…UNA LEGGE SULL’IMMUNITA’ PUO’ ESSERE VOTATA SOLO CON UNA MODIFICA COSTITUZIONALE…”E’ IRRAGIONEVOLE UNA PRESUNZIONE ASSOLUTA DI LEGITTIMO IMPEDIMENTO DERIVANTE DALLA CARICA”
Secondo i giudici della Consulta, il lodo Alfano introduce una “sospensione processuale” per le quattro più alte cariche dello Stato che “crea una evidente disparità di trattamento di fronte alla giurisdizione”, disparità che non trova riconoscimento nella nostra Costituzione.
Per i giudici della Corte, che hanno depositato le motivazioni della sentenza che ha bocciato la proposta del governo, una modifica come quella prevista dal lodo Alfano andava fatta con una legge costituzionale perchè prevedeva una deroga al principio di uguaglianza, in quanto attribuiva “ai titolari delle quattro alte cariche istituzionali un eccezionale status protettivo, privo di copertura costituzionale”.
La Consulta sottolinea poi che lo status del premier non è superiore a quello dei ministri ( che il lodo teneva fuori), ricoprendo il presidente del Consiglio “una posizione tradizionalmente definita primus inter pares”.
Secondo i giudici, non c’è poi stato alcun cambio di rotta rispetto alla sentenza del 1994 sul lodo Schifani, in quanto la Consulta si sarebbe mossa nella stessa direzione: “il legislatore ordinario, in tema di immunità , può intervenire solo per attuare il dettato costituzionale, essendogli preclusa ogni eventuale integrazione o estensione di tale dettato, se non per le immunità diplomatiche”.
Una delle chiavi del no è la sentenza che riguardava Cesare Previti.
In quella sentenza, la Corte aveva stabilito un modo per trovare un equilibrio tra le esigenze pubbliche della alte cariche dello Stato e quelle di un corretto svolgimento di un eventuale processo penale a loro carico.
Il giudice ha “l’onere di programmare il calendario delle udienze in modo da evitare coincidenze con i giorni di riunione degli organi parlamentari”.
I processi al premier potrebbero così andare avanti, con i giudici obbligati a stabilire, d’intesa con il presidente del Consiglio, un calendario delle udienze che tenga conto dei suoi impegni istituzionali.
In pratica si tratta di evitare conflitti e rispettare il diritto della difesa.
La legge bocciata invece prevedeva “espressamente” la sospensione dei processi per le quattro più alte cariche dello Stato “per tutelare i principi di continuità e regolarità nell’esercizio delle più alte funzioni pubbliche” e non per “la soddisfazione di esigenze difensive”.
Nè la norma potrebbe avere “la finalità di tutelare il diritto alla difesa degli imputati perchè in tal caso, a tutela del principio di uguaglianza, avrebbe dovuto applicarsi a tutti gli imputati che abbiano difficoltà , in ragione della propria attività , a partecipare al processo penale”.
La Corte infine ha giudicato “intrinsecamente irragionevole e sproporzionata” prevedere “una presunzione legale assoluta di legittimo impedimento derivante dal solo fatto della titolarità della carica”.
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