L’ULTIMA REPRESSIONE DI PUTIN: CONDANNARE LA COFONDATRICE DI PUSSY RIOT A 6 ANNI DI CARCERE PER UN TWEET
MA LUCY SHTEIN E’ GIA’ FUGGITA ALL’ESTERO E LO HA FREGATO
L’ultimo capitolo della follia sovranista della Russia contemporanea si è toccato stamattina, quando una delle fondatrici di Pussy Riot, Lucy Shtein, è stata condannata in contumacia dal tribunale distrettuale Basmannyj di Mosca, il luogo infausto di queste procedure dell’orrore putiniano. Sei anni di carcere a causa di un tweet.
Shtein aveva scritto, il 27 marzo 2022, tre giorni dopo l’invasione su larga scala della Russia in Ucraina, commentando un video in cui i soldati ucraini avrebbero sparato alle gambe dei russi catturati: «I ragazzi sono venuti per bombardare le città di altre persone e uccidere le persone, in risposta hanno sparato loro alle gambe, anche i ceceni avevano paura di tali torture».
Era sembrata un’accusa particolarmente sarcastica verso l’operato delle forze armate di Putin, e naturalmente lo era. Ma non si può condannare qualcuno per sarcasmo, così i documenti del processo indicavano che le parole della cofondatrice di Pussy Riot erano state inizialmente viste come «giustificazione dell’uso della tortura» contro i soldati russi.
Solo che persino gli “esperti”, che per conto del tribunale avevano condotto l’esame linguistico nel giugno 2022, non avevano trovato nei tweet di Shtein una giustificazione della tortura. Così hanno ripiegato sull’accusa relativi a generici crimini riguardanti la guerra e falsi sull’esercito.
Le accuse sono in effetti ridicole dal punto di vista formale: Shtein è condannata per aver diffuso «falsità» sull’esercito per motivi di odio politico (paragrafo E della parte 2 dell’articolo 207.3 del Codice penale). Per fortuna lei, una delle più celebri attiviste della Russia, aveva già lasciato il paese nella primavera del 2022, assieme alla sua compagna Maria Alekhina, frontwoman delle Pussy Riot, con l’aiuto dell’artista islandese Ragnar Kjartansson.
Shtein fece anche della sua fuga una provocazione: si travestì da fattorino di un fast food: «È stato davvero comodo – prese ij giro il regime – che i corrieri abbiano borse così grandi. Sono anche riuscita a mettere il mio amato Mr Rat nella borsa. Siamo ormai abituati ai corrieri che girano per Mosca, quindi è stato un modo infallibile per fuggire».
Quella volta era stata arrestata e condannata con accuse anche lì inventate e quasi comiche (aver violato le restrizioni Covid), e stava scontando un anno quando è saggiamente fuggita.
Secondo gli investigatori, Shtein avrebbe anche la gravissima colpa di aver invitato sui social a partecipare a una manifestazione a sostegno di Alexei Navalny, sempre nel 2022. Oltre alla pena principale, alla Shtein – che ha ottenuto la cittadinanza islandese all’inizio di quest’anno – è stato anche vietato di amministrare siti web per tre anni e mezzo. Putin ha più volte ormai annunciato al mondo la caccia ai «traditori della nazione» e alle «quinte colonne» dell’occidente.
Lucy rientra appiento in questa paranoia del dittatore. Pussy Riot assurge sempre di più a simbolo. Anche se, come raccontò Shtein stessa, ormai bisogna farlo quasi più dall’estero che Russia. Questo collettivo politico di opposizione e militanza artistica punk, che negli ultimi anni ha agito anche in collegamento con il team Navalny in molte azioni anti-putiniane, in Russia e all’estero (a Berlino dopo la morte di Navalny sfilarono sotto le scritte “Putin assassino”), resta odiatissimo da Putin per una ragione semplice: lo prende in giro.
Lo chiamano assassino, ma anche nonno. Nel 2012 interruppero una messa nella chiesa di Mosca con musica punk e ballando in topless. L’ortodossia e il regime, denudati loro sì in un colpo solo. Shtein e le sue compagne, adesso, hanno iniziato una serie di spettacoli in Europa e negli Stati Unti, per raccogliere fondi per i rifugiati ucraini.
(da agenzie)
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