L’UNICO OSTACOLO ALLA NORMALIZZAZIONE DELLA LEGA È MATTEO SALVINI
RICICCIA L’INGRESSO DEL CARROCCIO NEL PPE, MA CI SONO ANCORA MOLTE RISERVE: SIA DAI FALCHI POPOLARI SIA DALLO STESSO “CAPITONE”, CHE FA UN PASSO AVANTI E TRE INDIETRO PER PAURA DI ESSERE SCAVALCATO A DESTRA DALLA MELONI (È GIÀ TROPPO TARDI)
Dietro una facciata di silenzi, i movimenti dentro quel che resta del centrodestra sono febbrili. Il più attivo è il leader della Lega, Matteo Salvini: il tempo stringe, i sondaggi parlano di un Fratelli d’Italia sempre più in ascesa e sta arrivando il tempo delle decisioni sul futuro.
Il progetto sul tavolo, di cui Salvini ha già discusso in più incontri riservati con il leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi, ha due dimensioni.
La prima è quella di consolidare l’alleanza in qualcosa di più: si sono vagliate le ipotesi della fusione, della federazione e della confederazione, ma ora si sta scommettendo su quella del listone unico, da testare prima in Sicilia e poi a livello nazionale.
La seconda è quella europea, con Salvini tentato dall’ingresso nel Partito popolare europeo e spinto in questa direzione dall’alleato, che punta a completare l’opera di “normalizzazione” della Lega in un perimetro che tenda più al centro che a destra.
Le iniziative, però, sono tutt’altro che semplici da portare a termine. Con una convitata di pietra: la leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, che rischia di essere il vero elemento di disturbo a entrambi i progetti.
L’INGRESSO NEL PPE
Caldeggiato in più occasioni da Berlusconi, l’ingresso della Lega nel Ppe sarebbe il primo vero passo verso una nuova forza politica di centrodestra che raccolga Lega, Forza Italia e tutte quelle forze che negli anni si sono scisse guardando in direzione del centro. I passi di avvicinamento ci sono stati, il più importante dei quali è stato il voto favorevole della Lega all’elezione della nuova presidente del parlamento europeo, Roberta Metsola del Ppe.
Da tempo questa è la speranza di Forza Italia, che considera ormai definitivamente passato il tempo del sovranismo e considera questo passaggio necessario in ottica di creare poi un solo partito.
Attualmente il partito di Matteo Salvini fa parte del gruppo Identità e democrazia, insieme ai leader europei sovranisti. Per questo il passaggio nel Ppe non sarebbe semplice, viste anche le resistenze di alcuni membri, ma i buoni uffici di Silvio Berlusconi permetterebbero di sciogliere le riserve.
Una garanzia, questa, che il leader di Fi ha dato a Salvini, spiegandogli di essere pronto ad alzare il telefono per spiegare e convincere i colleghi in Europarlamento.
A mancare, però, è una volontà precisa di Salvini, che «rimane il peggior consigliere di se stesso», dicono in Forza Italia. Il racconto è quello di un leader indeciso, che un giorno è pronto a dare il via libera a Berlusconi e il giorno dopo gli telefona per chiedere ancora del tempo.
«Ci sono ancora troppe resistenze interne, i miei non mi seguirebbero», sarebbero le motivazioni addotte da Salvini nell’ultimo incontro con l’alleato. Nelle ultime ventiquattro ore, ad alimentare queste incertezze è stato anche l’altro livello su cui la Lega si sta muovendo, in vista sia delle prossime amministrative che delle politiche del 2023.
PRIMA L’ITALIA
Da mesi, ormai, si parla di una confluenza di Lega e Forza Italia in un unico partito: per la prima sarebbe il modo di egemonizzare il centrodestra, per la seconda un passaggio necessario per sopravvivere politicamente all’anziano leader. Dopo i tentativi andati a vuoto di fusione, federazione o confederazione, la nuova versione di questo patto è quella di partire da un listone unico ed stata annunciata all’indomani del consiglio federale della Lega
Il contenitore si chiamerà Prima l’Italia, ma il rischio più che concreto è che si sia scelta una sfida troppo complicata per testarlo. Il campo, infatti, è quello delle elezioni amministrative – comunali e regionali – in Sicilia. Il centrodestra sull’isola, che è anche la seconda regione per popolazione e da sempre “civetta” degli andamenti politici nazionali, però è a un passo dall’implosione.
Risultato: a due mesi dal voto a Palermo il centrodestra ha ancora almeno cinque candidati sindaci in campo, mentre per le regionali d’autunno si sta consumando lo scontro intorno alla ricandidatura dell’uscente Nello Musumeci, caldeggiata da Meloni e non voluta da Lega e Forza Italia.
In questo clima, la proposta di Prima l’Italia è stata accolta con una freddezza che ha stupito lo stesso Salvini, che sperava invece di poter risolvere almeno parzialmente lo scontro offrendo a tutti posti in lista e un nuovo contenitore unitario in vista del futuro.
Invece, sono immediatamente arrivati i distinguo: «Ottima iniziativa, ma noi alle comunali correremo con le nostre liste», è stata la risposta sia di Forza Italia in Sicilia che degli autonomisti di Raffaele Lombardo.
Non esattamente l’accoglienza auspicata, soprattutto visto che il test siciliano – nemmeno troppo velatamente – dovrebbe servire ad aprire la strada per un percorso analogo a livello nazionale, per le politiche. «Il rischio è che sia un esperimento che viene ucciso in culla, quando invece l’idea sarebbe buona», dice un maggiorente di Forza Italia sull’isola.
In questo quadro, il grande non detto riguarda la capacità di leadership di Salvini. Il timore, soprattutto dentro Forza Italia ma anche tra i moderati dell’ala leghista legata a Giancarlo Giorgetti, è che «ce la stiamo mettendo tutta per perdere non solo le prossime amministrative, ma anche le prossime politiche».
Alla finestra rimane Meloni, che ha subito dato mandato ai suoi in Sicilia di attaccare il progetto di Prima l’Italia – nonostante Salvini lo abbia aperto anche a loro – e rimane a guardare, forte dei sondaggi in continua ascesa. Il derby sotterraneo tra i due leader prosegue, ma per ora nessuno dei due vuole essere il responsabile della rottura formale dell’alleanza.
Tuttavia, sanno che andare divisi alle amministrative sarebbe il colpo di grazia: anche nei periodi di divisione al governo, il collante sono sempre stati i territori. Se anche lì il patto salta, il centrodestra per come è stato fino ad ora conosciuto sparirà.
(da “Domani”)
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