LUPI: “NON SI DIMETTONO I FIGLI PER I PADRI, PERCHE’ DOVREI DIMETTERMI IO?”
RENZI IN FORCING SU LUPI: DIMETTITI, MA IL MINISTRO GLI RICORDA I CASI DI SUO PADRE E DEL PADRE DELLA BOSCHI
“Non si dimettono i figli per i padri e si devono dimettere i padri per i figli?”. Detta così, sembra quasi una frase biblica.
Ma questa non è una storia da sacre scritture. E’ la storia di un forcing respinto al mittente con tanto di contrattacco.
Matteo Renzi è fuori di sè dalla rabbia. Più volte oggi ha sentito al telefono Maurizio Lupi, più volte lo ha invitato a dimettersi da ministro delle Infrastrutture.
Anche tramite Angelino Alfano lo ha invitato a maturare da solo il gesto di farsi da parte, dopo la tempesta giudiziaria che gli è piovuta addosso, pur senza avvisi di garanzia, ma con una coltre di responsabilità politiche nel sistema di malaffare descritto dai pm di Firenze che indagano sul giro di tangenti intorno all’Expo e alla Tav.
Lupi resiste: il padre non si dimette per via del figlio Luca, che, secondo le intercettazioni in mano agli inquirenti, avrebbe trovato lavoro – e anche un Rolex da diecimila euro — grazie al ‘Sistema’ di messo in luce dall’inchiesta.
Il padre non si dimette per il figlio così come i figli non si dimettono per i padri: riferimento, nemmeno tanto velato, alle vicende giudiziarie intorno al padre di Renzi (indagato per bancarotta fraudolenta) e al padre del ministro Maria Elena Boschi (non indagato, ma coinvolto nell’affaire Banca Etruria).
Ncd restituisce pan per focaccia al Pd.
Della serie: chi è senza peccato, scagli la prima pietra
Lupi scaglia e resiste perchè convinto di poter ribaltare la situazione a suo favore. Perchè le novità dell’inchiesta fiorentina non sono finite.
E sa di poter fare bingo in questo senso. Perchè anche a Palazzo Chigi sono in attesa di saperne di più.
Da ieri vogliono vederci chiaro anche sul cotè fiorentino dell’inchiesta giudiziaria, sapere dove potrebbe arrivare e chi potrebbe coinvolgere.
Il premier insomma si sente sotto attacco. Ed è per questo che stamattina ha reagito a muso duro contro Rodolfo Sabelli, il presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati che a ‘Unomattina’ ha usato parole di fuoco contro il governo: “Uno Stato che funzioni dovrebbe prendere a schiaffi i corrotti e accarezzare chi esercita il controllo di legalità “, invece in Italia “i magistrati sono stati virtualmente schiaffeggiati e i corrotti accarezzati”.
Renzi non ci ha visto più dalla rabbia, vedendosi attaccato per la legge sulla responsabilità civile dei magistrati e per l’operato in materia di corruzione: “Dire che lo Stato dà carezze ai corrotti e schiaffi ai magistrati è un falso, una frase falsa. Sostenere questo avendo responsabilità istituzionali è triste”.
E invece di un attacco frontale a Lupi, sui siti internet è planato il titolone: Renzi attacca i magistrati.
La temperatura dei rapporti tra governo e magistratura segna febbre altissima.
Ed è altissima anche a Palazzo Chigi dove piovono le accuse del M5s, Sel e Pippo Civati che ricordano a Renzi di aver chiesto le dimissioni del ministro Cancellieri all’epoca del governo Letta, anche se la Guardasigilli non era indagata nell’affaire Ligresti.
E Lupi? La pressione cresce anche in vista delle mozioni di sfiducia presentate dalle opposizioni alla Camera contro il ministro delle Infrastrutture: se arriveranno al pettine, come se la sbrigherà il Pd?
Come farà Renzi a difendere un suo ministro? Ma qui c’è il carico da novanta rappresentato dagli interrogativi sull’indagine: cosa contiene, il fango dove arriva? Sono gli stessi interrogativi che danno a Lupi la forza di resistere: “Non posso pagare io per tutti, non sono nemmeno indagato”, avrebbe detto.
E’ così che a tarda sera il forcing di Renzi non dà i frutti sperati.
Ancora 24 ore, il ministro prova a stare sulla graticola almeno per un giorno. O almeno questa è la speranza dei renziani, che comunque si aspettano le dimissioni al massimo entro domani sera, ora che il ciellino Lupi viene scaricato persino dal presidente della Cei Angelo Bagnasco: “Il popolo degli onesti deve assolutamente reagire senza deprimersi, continuando a fare con onestà e competenza il proprio lavoro ma anche protestando nei modi corretti contro questo ‘malesempio’ che sembra essere un regime”.
E qui le sacre scritture un po’ c’entrano, evidentemente.
Ma saranno le carte giudiziarie a decidere da che parte pende la bilancia, a stabilire chi traballa e per cosa.
“Ad oggi nessuno può decidere senza più contezza delle carte, i fatti non sono tutti a nostra conoscenza”, ammette anche il cattolicissimo Graziano Delrio, presentando il suo libro ‘Cambiando l’Italia’ alla Camera. Doveva esserci anche Renzi alla presentazione del libro del suo sottosegretario, ma all’ultimo minuto ha dato buca perchè “è scoppiata l’ennesima emergenza…”, giustifica Delrio.
L’emergenza sono le telefonate con Lupi, il forcing sul ministro affinchè collabori dimettendosi per togliere le castagne dal fuoco a tutto il governo.
“Credo che una valutazione da parte sua sia in corso, ma dipende da lui non da me…”, sottolinea Delrio. A sera è ancora braccio di ferro, in attesa di illuminazione dalla moderna bibbia che spesso decide i destini dei politici: i giornali di domani.
(da “Huffingtonpost”)
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