MA CHE IMMUNITA’: I POLITICI SIANO TRATTATI COME TUTTI I CITTADINI
SI TORNA A RICHIEDERE IL RIPRISTINO DELL’IMMUNITA’ PARLAMENTARE… PERALTRO GIA’ ESISTE ANCORA OGGI PER ARRESTI, PERQUISIZIONI E INTERCETTAZIONI….ADESSO SI VORREBBE DI NUOVO ESTENDERE ANCHE ALL’APERTURA DI UN PROCEDIMENTO PENALE….CON LA SCUSA DEL “PARTITO DELLE TOGHE”, LA CASTA SA SOLO PRETENDERE PRIVILEGI
Erano gli ultimi giorni di aprile del 1993: quelli dell’assedio al Raphael, del lancio di monetine, del drammatico discorso di Craxi alla Camera, delle sedi socialiste e democristiane presidiate dalla polizia, delle manifestazioni di piazza, delle occupazioni di protesta delle Università .
Giorni che segnarono, insieme alla fine della Prima Repubblica, l’abolizione della immunità parlamentare.
Dopo decenni di governo del centro o del centrosinistra, gli italiani si accorsero che in Parlamento sedevano un po’ troppi disonesti e imposero a furor di popolo la fine di questo privilegio.
Ad agitarsi erano anche esponenti dell’attuale Pdl (soprattutto gli ex missini) e i leghisti al grido di “ladri di regime” e “mafiosi”.
Si arrivò fino allo scontro fisico in Parlamento.
Fu Giorgio Napolitano, in veste di presidente della Camera, a officiare la cerimonia che diede il colpo di scure all’art. 68 della Costituzione, ovvero che cancellò la famosa autorizzazione a procedere da concedersi dopo aver vagliato un possibile “fumus persecutorio” dei magistrati.
I padri costituenti lo avevano inserito per evitare non solo che la magistratura potesse ridurre i poteri del parlamento, prevaricandone i diritti, ma soprattutto per garantire a ogni deputato la libera espressione di opinione.
Si veniva da un periodo di dittatura e assicurare la libertà di parola ai rappresentanti del popolo era un segnale indispensabile.
Ma è anche vero che la immunità parlamentare nei primi anni serviva giusto a garantire alle minoranze qualche eccesso verbale, senza per questo essere indagati per reati di opinione.
Fu col passare del tempo che invece di imputazioni “politiche”, il parlamento vedeva recapitate ai propri uffici, da parte delle Procure, richieste di autorizzazione a procedere per reati comuni o a sfondo corruttivo.
I tempi stavano cambiando e la politica non seppe anticipare l’indignazione dei cittadini verso i reati della Casta.
Dai singoli imputati si finì così per processare gli stessi partiti che avevano fonti di finanziamento perlomeno discutibili: l’inchiesta di Mani pulite fece il resto, azzerando una intera classe dirigente e facendo scomparire quasi tutti i partiti maggiori.
L’art 68 fu riformato con una maggioranza bulgara: 525 sì, 5 no e 1 astenuto alla Camera, 224 sì, nessun no e 7 astenuti al Senato. Relatore della riforma un giovane forlaniano, Ferdinando Casini.
La normativa verrà approvata in via definitiva il 20 ottobre del 1993, ma in realtà c’era l’inghippo, in pratica l’immunità rimase, e rimane ancor oggi, per richieste di arresti, perquisizioni, intercettazioni e supposti reati di opinione. Venne cassata solo la parte che non permetteva neanche di sottoporre i parlamentari a procedimento penale.
Ora che sia vero che in qualche altro Paese europeo essa esista è indubbio, ma si tratta anche di Paesi a un livello corruttivo ben più basso del nostro.
La tesi che esista un “partito delle toghe” che sommergerebbe il parlamento di richieste di autorizzazione a procedere non ci convince più di tanto: una tale strategia, ove esistesse, potrebbe ugualmente ottenere i medesimi risultati mettendo nel mirino i rappresentanti politici degli enti locali che non godono di alcuna immunità , ma ciò non accade, salvo casi motivati.
E un dialogo costruttivo tra governo e magistratura per una riforma condivisa della giustizia potrebbe limare tante spigolosità tuttora esistenti.
Il dibattito in corso sulla immunità ci sembra un pretesto per cogliere al volo l’occasione di ripristinare un privilegio peraltro mai annullato.
E che tante cose non quadrino ancor oggi è dimostrato da un piccolo particolare che sfugge ai più: guardate un po’ se esiste un amministratore o tesoriere dei vari partiti che non sia anche parlamentare.
Nessuno lo farebbe senza lo scudo della immunità : secondo voi che segnale è mai questo?
Ecco perchè il ritorno a una politica “vicino ai cittadini” non passa solo dalle primarie o da altre forme di partecipazione attiva, ma soprattutto dal ritorno della “credibilità ” dei partiti, alla democrazia interna degli stessi, alla trasparenza dei conti di partiti e singoli deputati.
Inutile fare un passo avanti e due indietro come i gamberi: nessuno è obbligato a fare politica a certi livelli, ma deve sapere che se lo fa riceve onori ma anche oneri.
Si forma così una classe dirigente nuova e onesta, non ripristinando scudi, privilegi e immunità .
I parlamentari siano come tutti i cittadini, ne guadagnerebbe di credibilità l’Italia tutta.
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