MA GIA’ LO SAPEVAMO
PER FORTUNA L’EUROPA DELLA MELONI E’ UN’ALTRA COSA
Non bisogna scandalizzarsi se la presidente Meloni sente e dice di appartenere a un’Europa diversa da quella che aveva in mente la piazza del 15 marzo. Sarebbe strano e poco credibile il contrario.
Il sogno federalista nacque, in piena guerra e poi nel dopoguerra, antifascista e antinazionalista. Coinvolse politici e intellettuali socialisti, liberali, azionisti, radicali, cattolici, comunisti. L’eurocomunismo di Berlinguer arriva molto più tardi, con il prefisso “euro” che serve da cesura definitiva con il mito stalinista del “Paese guida”, la Russia sovietica.
Ma Spinelli e Colorni, due dei quattro di Ventotene, erano comunisti, il terzo, Ernesto Rossi, azionista e la quarta, Ursula Hirschmann, socialista, profuga ebrea in fuga dalla Germania nazista. E i grandi padri della costruzione europea (Adenauer,
Schuman, De Gasperi) erano conservatori democratici.
In questo campo, per quanto vasto, non figurano nazionalisti, fascisti e neofascisti; e neppure, venendo all’oggi, populisti e sovranisti. Questo è un elemento di chiarezza: e ogni tanto, specie quando la situazione è molto caotica, molto complicata, semplificare aiuta a ritrovare il bandolo.
C’è un conflitto aperto, non solo in Europa (vedi l’inaudito arresto del sindaco di Istanbul, principale oppositore di Erdogan) tra democrazia e autocrazia. Tra la forza della libertà e dei diritti umani e l’esercizio del dominio.
Il secondo è incarnato da Trump e Putin. Il primo, da una platea atterrita, divisa, eppure viva e vivace, della quale, ma già lo sapevamo, la nostra presidente del Consiglio non fa parte.
(da Repubblica)
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