MA SERVE DAVVERO ETICHETTARE I MANDARINI? VERITA’ E BUGIE SUI SACCHETTI BIO
UN PICCOLO PASSO PER L’ECOLOGIA, UN GRANDE ESBORSO PER GLI ITALIANI
Italiani, popolo di santi, poeti, navigatori ed inventori. Ma soprattutto di creduloni.
In molti infatti immaginano che dietro alla storia dei sacchetti biodegradabili ci sia un grande disegno del governo e del Partito Democratico per spremere gli italiani come arance.
Dal 1 gennaio i sacchetti per la frutta saranno biodegradabili e sarà obbligatorio indicare sullo scontrino il prezzo della busta. Non si tratta di un esborso eccessivo, mediamente siamo intorno ai due centesimi di euro a sacchetto ma per molti nostri connazionali si tratta di un costo inaccettabile.
Sembra quasi che prima i sacchetti fossero gratuiti, e molti ingenui oggi scoprono che anche il costo dei sacchetti “del vecchio conio”, quelli in plastica, veniva scaricato sull’acquirente (come è giusto che sia).
Le nuove disposizioni di legge vanno a recepire la direttiva (UE) 2015/720 del Parlamento europeo che a sua volta aveva modificato la direttiva 94/62/CE.
L’articolo 9-bis della legge di conversione n. 123 del 3 agosto 2017 (il Decreto Legge Mezzogiorno) stabilisce che «le borse di plastica non possono essere distribuite a titolo gratuito e a tal fine il prezzo di vendita per singola unità deve risultare dallo scontrino o fattura d’acquisto delle merci o dei prodotti trasportati per il loro tramite».
Non è quindi Renzi che si arricchisce con i sacchetti biodegradabili perchè una legge del genere l’avrebbe dovuta varare anche un governo di un altro colore politico per non incorrere in una procedura d’infrazione che sarebbe senza dubbio più costosa di 0,02 euro a busta.
Il tipico genio italiano si è messo subito all’opera per trovare un modo per non pagare due centesimi di euro per ogni spesa.
C’è chi ha fatto il calcoli e ha scoperto che mediamente l’incremento medio a famiglia nell’arco di un anno è intorno ai 5-7 euro.
Se una persona ad esempio utilizza tre sacchetti al giorno per cinque giorni a settimana spenderà la “bella cifra” di 60 centesimi al mese.
Insomma non si tratta di un esborso esorbitante, tenuto conto che in gioco c’è la riduzione del consumo di materiali inquinanti a favore di quelli biodegradabili.
Una delle soluzioni più gettonate è quella di pesare ed etichettare singolarmente la frutta (mele, banane, arance e così via) in modo da non dover pagare il sacchetto. In questo modo alla cassa l’operatore stornerà il prezzo dello shopper non utilizzato e si avrà anche la soddisfazione di averla messa in quel posto a Renzi e al PD (e alla casta!!).
Una trovata ineccepibile dal punto di vista tecnico ma difficilmente applicabile su larga scala. Immaginate di dover acquistare dell’insalata, magari della rucola, come fare ad etichettare il prodotto senza il sacchetto? E per le noci vendute sfuse?
Sicuramente chi avrà tempo da perdere si divertirà a pesarle una per una. Gli altri si renderanno conto che sarà molto più semplice pagare quei due centesimi.
C’è chi ci spiega che i sacchetti biodegradabili della frutta potranno essere riutilizzati, ma come?
In teoria la legge — il Ministero della Salute — vieta di poterli riutilizzare per fare la spesa. Alcune associazioni di categoria hanno però fatto richiesta al Ministero di poter derogare a quest’ultima norma.
Dal punto di vista teorico sarebbe possibile fare la spesa utilizzato sacchetti portati da casa. La procedura però è più complicata perchè prevede che il cliente pesi la merce senza sacchetto per poi imbustarla in un secondo momento in quelli da casa.
Una volta alla cassa (per quelle automatiche sarà necessario chiedere l’intervento di un addetto) il cassiere eseguirà lo storno del prezzo del sacchetto (sempre 0,02 euro). Naturalmente si dovrà insegnare al personale come “riconoscere” i sacchetti provenienti dall’esterno.
E in ogni caso dovrà essere adeguata la legge che per ora non consente l’utilizzo di sacchetti portati da casa.
Un altro vantaggio dei sacchetti biodegradabili è che potranno essere utilizzati per la spazzatura, in particolare per l’umido.
Nelle città dove non è attivo il servizio di raccolta porta a porta dell’immondizia i sacchetti per l’umido infatti non vengono forniti “gratuitamente” (in realtà il loro costo è compreso nella tassa sui rifiuti) dall’azienda dei rifiuti.
Quindi il sacchetto della spesa da due centesimi potrebbe tornare utile per buttare via la frazione umida dell’immondizia.
Se non fosse che al momento l’etichetta con il prezzo — che deve essere appiccicata al sacchetto — non è biodegradabile. Una soluzione sarebbe quella di utilizzare materiale compostabile anche per l’etichettatura, ma per il momento è solo un’ipotesi. Se non altro (etichetta a parte) potranno essere smaltiti più facilmente.
(da “NextQuotidiano”)
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