MAFIA, AFGHANISTAN E TRATTATIVE SOTTOBANCO
LA REPUBBLICA DEL COMPROMESSO: SECONDO GRASSO, LA TRATTATIVA CON LA MAFIA HA SALVATO LA VITA A DIVERSI MINISTRI…. SECONDO IL “TIMES” SIAMO ALLEATI FEDELI MA SLEALI
Volano gli stracci, di qualsiasi colore essi siano: al di là delle parole, in questi giorni emergono fatti tenuti nascosti e che percorrono sia la prima che la seconda Repubblica.
Non c’è evento tragico, dal terrorismo alla lotta al mafia, fino al nostro impegno bellico, che non sia percorso dal sospetto di collusioni e trattative. Se ne parlò già al tempo delle Brigate Rosse e in particolare dell’omicidio di Aldo Moro, analoga teoria era diffusa ai tempi di Falcone e Borsellino, “lasciati soli”, come peraltro il gen. Della Chiesa, dal potere politico.
Ora si ritorna sui pagamenti dei servizi in occasioni delle nostre missioni militari al’estero.
E’ evidente, al di là delle smentite di comodo e di facciata, che la prassi della trattativa e della mediazione, faccia parte del nostro “modus operandi”, al di là della colorazione politica del governo.
Una pratica che lascia alla fine abbandonati a se stessi i veri eroi del nostro Paese, in primo luogo i magistrati antimafia. Il procuratore generale antimafia, Piero Grasso, ha ammesso che a suo tempo “la trattativa con la mafia c’è stata e ha salvato la vita di diversi ministri”.
“Cosa nostra” aveva capito di poter tenere lo Stato sotto schiaffo e Borsellino era considerato un argine invalicabile alle sue pretese.
E a sua volta il magistrato aveva compreso gli strani movimenti sottotraccia che si erano innescati tra istituzioni e boss e non lo avrebbe mai consentito. “Sono un uomo dello Stato e un uomo dello Stato non fugge”, disse Paolo quando ormai aveva compreso che il suo destino era segnato.
Ma quale Stato, ci si chiede ora.
Una trattativa che pare, secondo Grasso, avrebbe salvato la vita a diversi ministri: Calogero Mannino, Claudio Martelli, Giulio Andreotti, Carlo Vizzini.
In cambio lo Stato avrebbe garantito un ottimo trattamento per i familiari, un analogo trattamento carcerario, una giusta valutazione delle responsabilità . Un’offerta minima che non fu ritenuta adeguata, ma che conferma che trattativa ci fu.
In questi stessi giorni, il “Times” di Londra sostiene che i servizi italiani avrebbero pagato decine di migliaia di dollari ai capi talebani per una sorta di non belligeranza tra le loro truppe e le nostre.
Nonostante le sdegnate smentite del nostro Governo, il “Times” insiste e cita a testimone un capo talebano., Mohammed Ismail, che conferma l’accordo.
Il nostro comportamento avrebbe indirettamente causato una decina di vittime tra le truppe francesi che ci sostituirono e che sarebbero state tenute all’oscuro di questa consuetudine. Prassi anomala anche questa.
Secondo il giornalista Massimo Fini, autorevole firma indipendente, tutt’altro che inconsueta.
Scrive infatti: “C’è poco da smentire. Non è la prima volta che gli italiani si comportano così: in LIbano, nel 1982, il generale Angioni si mise d’accordo con quelli che avrebbe dovuto combattere. In Iraq, dopo Nassirya, ci siamo accordati con Moqtada al Sadr e non abbiamo più avuto problemi. In Afghanistan la novità è la tangente pagata direttamente al nemico. Un accordo c’era anche ad Herat. Saltò quando , il 3 maggio 2009, un convoglio di militari italiani, con i nervi a fior di pelle, sparò a una Toyota che procedeva in senso inverso, regolarmente sulla propria corsia, e uccise, decapitandola, una bambina di 12 anni e ferì tre suoi congiunti. Da allora gli attacchi agli italiani cessarono di essere “dimostrativi” ( tanto per non insospettire troppo gli americani) e, dopo il ferimento di tre paracadutisti, a settembre ci fu l’agguato mortale a Kabul. Noi siamo alleati fedeli ma sleali. Gli inglesi che sono quasi gli unici a combattere sul serio, si sono stufati e hanno fatto filtrare le notizie al Times”.
E la tesi di Massimo Fini era ribadita anche dall’inviato del “Corriere del Sera”, Lorenzo Cremonesi, quando a settembre scriveva: “Milioni arrivano ai talebani dalle tangenti versate agli insorti dai contingenti occidentali in cambio di protezione”.
Nulla di nuovo sotto il sole, insomma.
Forse per una volta sarebbe meglio evitare la nostra tradizionale ipocrisia e ed assumersi le responsabilità che ci competono, invece che fare finta di indignarci.
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