“MAMMA, SUL PONTE SONO MORTI TUTTI”: LA TELEFONATA TRA UN SOLDATO DI LEVA DI STANZA SULLA MOSKVA E LA MADRE SMONTA LA VERSIONE DEL CREMLINO
“PIANGEVA E MI HA DETTO CHE TRE MISSILI AVEVANO COLPITO IL PONTE, UCCIDENDO CHI ERA LÌ IN QUEL MOMENTO. HA VISTO FERITI CON ARTI MOZZATI. STAVANO ANDANDO A ODESSA PER LO SBARCO”
«Mamma, hai capito cos’ è successo? Ci hanno sparato contro tre razzi». Voci dalla tolda del Moskva, i marinai dell’incrociatore affondato nel Mar Nero stanno sgretolando la versione del Cremlino sulla disastrosa ultima missione della loro nave ammiraglia, che avrebbe dovuto guidare l’arrembaggio e lo sbarco ad Odessa.
Il team di giornalismo investigativo di Radio Svoboda sta cercando le famiglie dei marinai imbarcati sul vascello affondato e ieri ha pubblicato la versione di una mamma che smentisce radicalmente la tesi dell’incendio scoppiato a bordo. Secondo il Cremlino si sarebbe esteso agli armamenti provocando l’affondamento nel mare in tempesta.
Il ministero della Difesa russo annunciò la «completa evacuazione» dell’equipaggio, e sui media russi spuntarono le immagini dei marinai passati in rassegna dall’ammiraglio su un pontile di Sebastopoli, in Crimea. Immagini d’archivio, si scoprì.
E arrivarono invece i video della nave in fiamme: per le forze armate di Kiev, che annunciarono per prime la notizia, fu l’esito di un attacco con «due missili Nettuno» di produzione locale, ucraina. Il soldato di leva alla mamma ha detto che i missili erano tre, non due.
E dice – con tutto il panico di una recluta di Marina spedita al fronte senza saperlo e viva per miracolo – che i morti a bordo ci furono eccome: sarebbero quaranta, più un numero imprecisato di dispersi.
La telefonata tra il marinaio e la mamma, di cui i giornalisti non fanno i nomi per proteggerli, sarebbe avvenuta il 14 aprile, il giorno dopo l’attacco e il giorno stesso in cui il ministero della Difesa russo ammise l’affondamento.
«Alcuni dei ragazzi sono stati evacuati sulla fregata Makarov. Tutti i sopravvissuti – ha detto la donna a radio Svoboda – sono stati portati a Sebastopoli. Gli hanno dato i telefoni per chiamare casa perché erano in pantaloncini e canottiera. Hanno lasciato tutto a bordo, anche i documenti. Sono senza tutto».
Quando ha chiamato la madre, la notizia era già sui televisori di tutto il mondo.
Anche sul suo: «Gli ho chiesto dell’incendio a bordo, e lui mi ha detto: “No, mamma, non è vero. Non è stato un incendio”. Piangeva», dice.
Ora lei non ha dubbi: «Non è una barca di legno che prenderebbe fuoco. Nessuno ci spiega niente. Non capisco perché i radar non abbiano visto arrivare questi missili Nettuno».
La donna dice che a bordo c’erano circa 510 persone, e che secondo il figlio «sono morti tutti quelli che erano sul ponte, in cabina o di guardia, perché i missili hanno colpito proprio il ponte… Ci sono feriti con arti mozzati»,
E dice che il figlio le ha spiegato che «dovevano andare a Odessa per lo sbarco», un’operazione che non sarebbe mai dovuta toccare a un marinaio di leva.
(da la Repubblica)
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