MANICOMIO ITALIA, COMUNE E PROVINCIA LITIGANO E DA UN ANNO NESSUNO SPOSTA IL MASSO IN STRADA
IN UN PAESE IN PROVINCIA DI SALERNO NESSUNO LO RIMUOVE E DA UN ANNO LA STRADA E’ CHIUSA
In un paesino della provincia di Salerno, Aquara, un masso di varie tonnellate da un anno blocca una strada.
Come riportato dal Corriere della Sera il 18 agosto le 1500 anime di Aquara festeggeranno il primo anno del masso, che da tempo risiede nel bel mezzo della strada provinciale numero 12 che collega Otatti a Castelcivita.
Il 18 agosto è piombato sulla strada e da allora giace placido ed immobile senza che nessuno lo disturba.
Non le ruspe del Comune, visto che la strada è provinciale.
Ma nemmeno quelle della Provincia, che aspettano chissà cosa per rimuovere l’ingombrante inquilino.
La strada è chiusa da un anno e il traffico viene deviato su un percorso alternativo molto più lungo. A meno che qualche furbacchione non voglia sfidare il blocco impegnandosi in una spericolata gincana (succede puntualmente).
Paradigma perfetto, quel sassone in mezzo alla carreggiata, di un Paese dove lo sport nazionale è aggirare qualunque tipo di ostacolo.
A sollevare il caso è stato il consigliere regionale pentastellato Michele Cammarano. Dopo la sua denuncia nessuna giustificazione razionale gli è stata data sul perchè dopo un anno quel masso non sia ancora stato rimosso.
Riferisce il sito InfoCilento che la Provincia di Salerno, presieduta dal medico democratico Giuseppe Canfora sindaco di quella Sarno sommersa nel 1998 da una terribile frana costata 137 vite in quel solo paese, sta ragionando sul da farsi.
Uno studio geodinamico (costo 37 mila euro), quindi un progetto strutturale per mettere in sicurezza il costone da cui il sassone è franato (un milione e mezzo). Oppure un bypass per aggirare l’ ostacolo: ma assai più caro.
Eppure la storia del sasso di Aquara dice molto a proposito dello stato in cui versano le nostre strade.
La responsabilità principale risiede in decisioni politiche scellerate prese negli anni, che hanno precipitato pian piano la rete in uno stato di assoluto degrado. Intanto i soldi.
Un tempo la manutenzione delle strade era finanziata con il bollo auto, che non per caso si chiamava «tassa di circolazione».
La tassa di circolazione è stata trasformata in tassa patrimoniale, così è stata tolta alle strade ed inserita nel capitolo di bilancio della spesa pubblica. Le strade si sono trovate ad elemosinare ogni anno soldi senza una progettualità seria di fondo
Gallerie chilometriche scavate senza che ci fosse una strada per arrivarci, viadotti abbandonati nel nulla, lavori infiniti con sprechi assurdi mentre la rete cadeva a pezzi, il manto si sbriciolava, la ruggine sbranava i guard rail
E poi un federalismo straccione in nome del quale un parte rilevante della rete statale è stata trasferita alle Regioni, che spesso e volentieri l’hanno gestita come tutto il resto. Ossia malissimo. Basta una passeggiata su certe ex statali, per esempio la Cassia, per rendersi conto dei danni che può causare la demagogia fine a se stessa.
Nè le Province hanno dato miglior prova, considerando che la gestione delle strade è stata tradizionalmente, e continua a esserlo anche dopo la riforma, una delle loro principali missioni.
A proposito dell’ efficienza di quegli enti, ora trasformati fra troppi mugugni (a Reggio Calabria hanno perfino appeso una lapide in memoria degli ultimi consiglieri provinciali «eletti dal popolo») in organismi non più elettivi, parlano i fatti.
Oltre che, almeno in questo caso, i sassi.
Sergio Rizzo
(da “il Corriere della Sera”)
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