MANOVRA CON KIT DI PRONTO INTERVENTO
SE LO SPREAD VA FUORI CONTROLLO, IL GOVERNO POTREBBE DILUIRE NEL TEMPO REDDITO DI CITTADINANZA E QUOTA 100
Il governo – spiegano alcune fonti di primo livello – spera di non doverla mai utilizzare perchè significherebbe certificare un fallimento, che a sua volta implicherebbe una correzione in corsa dolorosa in termini di equilibri interni e soprattutto di consenso elettorale.
Ma l’auspicio è un fattore fragilissimo, che non conta, perchè se il paziente Italia avrà bisogno della valigetta del pronto intervento lo decideranno altri, i mercati più che Bruxelles.
Nella strategia di opportunismo politico messa in campo con la lettera sulla manovra inviata dal ministro dell’Economia, Giovanni Tria, alla Commissione europea, c’è spazio anche per l’ipotesi peggiore, quella di un debito e di un deficit fuori controllo in caso di dèbà¢cle della strategia basata sulla super crescita.
“Pronti a intervenire adottando tutte le misure necessarie” per non sforare la già larga cornice del deficit al 2,4%, rassicura la missiva. Prove tecniche per il defibrillatore.
La strada principale resta quella evidenziata, con più passaggi, nella stessa lettera spedita a Bruxelles: non rigettare le regole europee, instaurare un dialogo il più lungo possibile, ribadire che l’Italia è dentro l’Europa e l’eurozona.
Linea dell’opportunismo politico, si diceva, che si sostanzia anche di un impegno importante e cioè la rivisitazione dell’impianto della manovra qualora il piano dell’esecutivo dovesse incepparsi. Matteo Salvini la chiama “ruota di scorta”, il premier Giuseppe Conte già rivela quale sarà uno degli strumenti della valigetta, cioè i tagli di spesa.
È uno scenario che il governo vuole allontanare il più possibile e infatti si punta a strappare il maggiore tempo possibile dalla trattativa con l’Europa, scavallando quantomeno la finestra temporale strategica, per Salvini e Di Maio, delle elezioni europee a maggio.
Ma è un quadro con cui si sta facendo necessariamente i conti già da oggi. Perchè c’è una convinzione nel governo e una fonte dell’esecutivo la sintetizza così a Huffpost: “A bocce ferme il governo conta di portare avanti questa manovra per tutto il 2018 senza correzioni, ma se poi sui mercati arriva il terremoto è evidente che dovremmo intervenire”.
Sono parole che spiegano bene la fragilità della rassicurazione che Tria, per conto di Conte, Di Maio e Salvini, ha dato a Bruxelles. Chi deciderà se la valigetta del pronto intervento dovrà aprirsi saranno i mercati. E il governo italiano non potrà opporsi.
Preso atto di chi ha in mano la valigetta, l’esecutivo attende alla porta per capire se e soprattutto dovrà essere utilizzata.
Gli umori dei mercati sono il primo e più importante elemento che determinerà la possibilità o meno della comparsa dello scenario meno auspicato.
Venerdì c’è il giudizio sul debito sovrano da parte dell’agenzia di rating Standard & Poor’s, forse già domani o comunque in settimana la probabile bocciatura della manovra da parte di Bruxelles.
Il ragionamento che sta prendendo piede nelle stanze del governo è capire fino a che punto si reggerà l’eventuale tsunami sui mercati.
Qui si inserisce l’auspicio che un dialogo diluito con l’Europa possa allungare i tempi almeno fino all’inizio del 2019: se Bruxelles deciderà per la procedura d’infrazione c’è la carta dell’Europa matrigna da esibire durante la campagna elettorale per il rinnovo del Parlamento di Strasburgo.
Un’eventuale manovra correttiva, quindi, scavallerebbe a dopo l’estate. Ma è un’ipotesi perchè appunto l’impatto di un nuovo schizzo dello spread non è attualmente quantificabile.
Se si prescinde dai mercati, il governo pensa di tirare fino alla prossima manovra, quella dell’autunno 2019, senza correzioni.
Questo, ovviamente, in un quadro in cui la trattativa con Bruxelles sul 2,4% arrivi all’estate magari con una conclusione – appunto l’apertura della procedura d’infrazione – ma senza la messa in atto della manovra correttiva. Un orientamento che il governo punta a seguire anche aprendo alla possibilità di diluire le misure chiave della manovra, cioè il reddito di cittadinanza e la quota 100 per i pensionamenti anticipati.
“Ci può essere una rimodulazione delle misure previste”, ha detto Salvini di fronte alla possibilità di una patrimoniale o di nuove tasse per riequilibrare i numeri della legge di bilancio.
Alcune fonti di governo spiegano che l’impatto sul deficit potrebbe diminuire – e quindi non incidere sul limite del 2,4% – proprio per il fatto che le stesse misure entreranno in azione molto probabilmente in primavera.
Questo ragionamento ha però un rovescio della medaglia poco rassicurante, che è altrettanto ben strutturato: posticipare le misure significa ridurre l’impatto positivo che il governo pensa di dare al Pil proprio dagli interventi programmati.
Sono equilibrismi tra vantaggi e svantaggi, ma che quantomeno – è il ragionamento – tengono la linea della manovra autosufficiente.
Di certo non tengono conto delle nuove stime che arrivano dai tecnici: per l’Ufficio parlamentare di bilancio e per il Centro studi di Confindustria altro che crescita all’1,5%, come previsto nella Nota di aggiornamento al Def dal governo. La crescita “si sta assottigliando” e va incontro a un “progressivo indebolimento”.
Se salta la super crescita salta la strategia dell’abbassamento del deficit e del debito. E rispunta la valigetta del pronto intervento.
Dentro, ad oggi, c’è una via impervia, di difficile attuazione e soprattutto foriera di malumori nel governo, cioè tra i ministeri, e nei bacini elettorali di riferimento: i tagli di spesa. Potrebbero non bastare. Allora sì che la medicina potrebbe essere ancora più amara da mandare giù.
(da “Huffingtonpost”)
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