MANOVRA, ECCO LA TOPPA PER COPRIRE I 5 MILIARDI CHE MANCANO
SI ALZA LA STIMA DELLA LOTTA ALL’EVASIONE, MA IL RISCHIO E’ CHE IN FUTURO SERVANO ALTRE TOPPE PER FAR FRONTE AL PARTITO DELLA SPESA
Sul tavolo del Consiglio dei ministri appena iniziato a palazzo Chigi ci sono le carte dell’aggiornamento al Def, il primo atto della manovra.
Queste carte dicono quanto si può spendere e quali sono le coperture.
Entrate e uscite devono ovviamente combaciare e fino a domenica sera questa sincronia c’era a patto però di recuperare 5 miliardi mancanti attraverso una rimodulazione dell’Iva.
Poi è venuto il vertice notturno a palazzo Chigi, con l’altolà di Di Maio e dei renziani. E così a via XX settembre i tecnici hanno dovuto lavorare tutto il giorno per dare forma alla toppa che si è decisa di mettere sul buco che nel frattempo si era creato.
La toppa è una maggiorazione della stima degli incassi dalla lotta all’evasione fiscale: 5 miliardi, proprio quelli che servono per far quadrare i conti.
Nessun riferimento al ritocco dell’Iva. Problema superato? No, solo rinviato.
Perchè tra due settimane le misure andranno dettagliate e il ritocco all’Iva resta tra le operazioni ritenute necessarie all’interno della più articolata operazione di contrasto all’evasione. Da qui a quindici giorni, però, molte cose possono cambiare.
Il governo giallorosso prova a ricomporre così la prima frattura che si è aperta al suo interno proprio nel momento in cui l’aggiornamento al Def è entrato nella fase cruciale, quella in cui vanno tirate le somme.
Cinque miliardi non costituiscono un buco enorme e non è detto che bisognerà ricorrere all’aumento dell’aliquota Iva al 10% per mettere in cassa i 5 miliardi che si attendono dal contrasto all’evasione.
C’è la possibilità di trattare ancora con l’Europa, allargando il perimetro della flessibilità e quindi dei miliardi che possono servire per chiudere definitivamente il quadro dei conti e delle misure.
Lo spazio di azione del governo non è così stretto, ma il significato della toppa messa oggi dice molto di più della possibilità di scavallare la presentazione della nota di aggiornamento al Def senza rompere il tabù dell’aumento dell’Iva.
Dice che questa legge di bilancio, proprio a causa delle scarse risorse a disposizione, rischia di ritrovarsi costantemente di fronte alla necessità di mettere delle toppe.
Come fronteggiare, infatti, le richieste che arriveranno da Leu e dai renziani in Parlamento? Insomma, la toppa di oggi rischia di non bastare, di essere solo l’apripista a nuove e obbligate toppe.
La fragilità della toppa odierna viene comunque già fuori. La coperta è corta e quindi se si tira da una parte, l’altra resta scoperta.
Ne farà le spese il taglio delle tasse sul lavoro, il cosiddetto cuneo fiscale, il cavallo di battaglia comune di Pd e 5 stelle. Tra l’altro l’unica iniziativa degna di nota di una manovra che deve rispondere a spese obbligate, e cioè 23,1 miliardi per evitare l’aumento dell’Iva e 2 miliardi per coprire le spese indifferibili.
Il taglio del cuneo partirà solo da giugno, come anticipato da Huffpost, proprio perchè i soldi sono pochi. Così costerà 2,5 miliardi invece che 5 miliardi.
In attesa di capire come si sostanzieranno le operazioni per recuperare i 5 miliardi su cui oggi si è messo una toppa, dal governo filtrano le prime informazioni su misure appetibili e alla mano solo se si paga con il bancomat o la carta di credito.
Arriva la Befana, un “superbonus” del 19% fino a 2.500 euro di spesa.
L’entità del bonus dipenderà dalle risorse, ma l’idea è quella di restituire fino a 475 euro ai contribuenti che nell’anno precedente abbia speso fino a 2.500, con carta o bancomat, solo per le spese in alcuni settori che sono più a rischio evasione. Nel sacco della Befana, però, c’è ancora il rischio di trovare il carbone.
Perchè altre operazioni sull’Iva, ancora in piedi, fanno riferimento sempre alla necessità di aumentare l’aliquota al 10 per cento. Ma questa è storia che sarà chiara nelle prossime settimane. Oggi si può scrivere che l’Iva non si tocca.
(da “Huffingtonpost”)
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