MARO’, L’ITALIA ORA CHIEDE L’ARBITRATO INTERNAZIONALE CHE NON SERVIRA’ A NULLA
HA TEMPI DA 2 A 4 ANNI, DEVE ESSERE ACCETTATA DALLA CONTROPARTE E LE PROCEDURE VANNO CONDIVISE: ALLA FINE ARRIVERA’ PRIMA LA SENTENZA DELLA GIUSTIZIA INDIANA… RIMANGONO LE RESPONSABILITA’ POLITICHE DELLA VICENDA
Nuovo capitolo del caso di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, i due marò accusati dal governo di Nuova Delhi di aver sparato – il 15 febbraio del 2012 – durante un’operazione antipirateria in acque internazionali uccidendo due pescatori indiani scambiati per pirati.
Con appena tre anni di ritardo L’Italia ha attivato oggi l’arbitrato internazionale nel quadro della convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare.
La decisione, che il Parlamento aveva sollecitato, è stata presa di fronte alla impossibilità di pervenire a una soluzione della controversia che vede al centro i due militari, ha riferito la Farnesina.
L’Italia fa sapere che chiederà l’applicazione di misure che consentano la permanenza di Latorre in Italia e il rientro in patria di Girone nelle more dell’iter della procedura arbitrale.
Richieste che verranno ovviamente respinte dalle autorità indiane.
Quello che Gentiloni non dice è che l’attivazione della corte e delle procedure internazionali richiedono molto tempo.
La procedura poi deve essere accettata dalla controparte, ovverosia dall’India.
Ma soprattutto prevede che per risolvere una controversia internazionale – e questa vede contrapposti due Stati – siano le stesse controparti a dover stabilire procedure, svolgimento e tempi dell’arbitrato.
I tempi previsti ni questi casi vanno da 2 a 4 anni
Una partita complessissima, dunque, e che rischia di avere tempi più lunghi perfino di una corte di giustizia indiana.
Quando sarebbe bastato in primis che il ministro La Russa a suo tempo non avesse promulgato un decreto che non stava nè in cielo nè in terra: ovvero far scortare navi commerciali da nostri militari in porti insicuri, quando sarebbe stato sufficiente disporre di non scalarli.
E successivamente non far rientrare in India i due marò quando erano in Italia: ma allora Monti si piegò alle pressioni degli ambienti imprenditoriali italiani che fanno affari in India e che non potevano permettersi una crisi nelle relazioni tra i due Paesi.
Ma queste verità scomode non lo dice quasi nessuno, nè a destra nè a sinistra.
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