MATTARELLA TIENE APERTO IL DIALOGO CON L’ALA PIU’ RAGIONEVOLE
L’ILLUSIONE DEL PRESIDENTE CHE PARLA DI RAGIONEVOLEZZA CON DEGLI IRRESPONSABILI: TEMPO SPRECATO, MANCA IL CORAGGIO DI DARE LA SVEGLIA AL POPOLO BIDONATO DAI DUE CAPICOMICI
Colpisce che, nel giorno della sua bocciatura senza precedenti, a Sergio Mattarella non scappi neanche una parola sulla “manovra” o sull’innesco del conflitto dall’esito imprevedibile con l’Europa, annunciato dall’indisponibilità del governo a cambiare anche una virgola.
E che, parlando all’Anci, l’unico riferimento sul tema sia una indiretta esortazione a rispettare “l’equilibrio dei bilanci”. Non perchè ce lo chiede l’Europa, ma perchè “disordine sui conti” produce “contraccolpi sui più deboli”. E un altrettanto indiretto invito al galateo istituzionale, di cui nel dibattito politico sono sparite le tracce da tempo.
Più che un monito, un richiamo molto low profile del capo dello Stato, che, come insegnano i vecchi quirinalisti, è preoccupato per definizione.
Il discorso di Rimini, la firma al decreto fiscale, sempre nel giorno del D-day.
Tutto racconta di una attenzione a non aprire un fronte polemico col governo.
L’uomo, per indole e cultura politica, non interpreta il suo ruolo col decisionismo del predecessore che, in una circostanza del genere, non avrebbe esitato allargare la fisarmonica presidenziale, segnalando il rischio che corre il paese in questo gioco d’azzardo sui mercati.
Però, al netto di questo elemento, la prudenza rivela non solo un aspetto caratteriale, ma l’idea, tutta politica, che la partita, delicata, sia ancora lunga.
E un intervento più duro, proprio nel giorno della bocciatura della commissione europea, avrebbe avuto l’effetto di chiudere quegli spiragli di dialogo che, sia pur sottotraccia, ci sono, o comunque potrebbero esserci. Consegnando il Quirinale all’isolamento.
Almeno così spiega chi, nel governo, è ben informato sugli umori del Colle: “È chiaro che il giudizio della Commissione sulla manovra dà forza al partito dei falchi, ovvero di chi dice ‘avanti così senza modifiche'”. Ma il governo, a dispetto delle roboanti dichiarazioni ufficiali, non è quella testuggine compatta di cui parla Di Maio.
Non solo Moavero, ma anche Savona è preoccupato per la spirale che può innescarsi sui mercati. E aleggia qualche perplessità nel vasto mondo leghista, timoroso che, in questo gioco d’azzardo con lo spread, possa saltare qualche banca al Nord.
Perchè è vero che non c’è stata l’Apocalisse sui mercati. Ma tutti i segnali dicono che il paese è su un piano inclinato.
Con lo spread che ha raggiunto i 320 punti base. E le banche che hanno subito risentito della decisione, virando al ribasso e registrando perdite consistenti. E non si può escludere che questa decisione non influenzi negativamente il giudizio che darà questo venerdì Standard&Poor’s.
In una crisi del genere, l’Apocalisse non è una dinamica che si produce in 24 ore, anche perchè questa crisi non paragonabile alla crisi dei debiti sovrani del 2011, segnata dal “rischio contagio”. È, se le cose rimarranno come stanno, un logoramento lento che ha già prodotto dei danni elevati, in termine di fuga di investimenti e di interessi sul debito che, tanto per intenderci, a quota 300 di spread costano quanto mezzo reddito di cittadinanza.
E chissà se è un caso che, per la prima volta, il sottosegretario Giancarlo Giorgetti a Porta a Porta ha già messo le mani avanti proprio annunciando misure di salvataggio per le banche: “Se continua la dinamica dello spread e va verso quota 400 in automatico gli attivi delle banche vanno in sofferenza quindi serve ricapitalizzare”. Parole che indicano quantomeno la consapevolezza del problema. E se oggi è il giorno in cui anche le colombe sembrano falchi, gioco sulla manovra è solo all’inizio. Ancora non c’è un testo definitivo, poi c’è il lungo iter parlamentare: è questione di settimane, non di giorni.
Diciamo le cose come stanno: in questo contesto, con i due partiti di governo che, sulla manovra, stanno costruendo la loro “narrazione” elettorale per le europee, e peraltro poco inclini a quel galateo istituzionale che, finora, ha sempre tenuto il Quirinale fuori dai bersagli della propaganda dei nemici del popolo, più che l’affermazione di un principio, nei vertici istituzionali prevale la logica di limitazione del danno.
La tenace tessitura di una tela affinchè prevalga la ragionevolezza.
I segnali della crisi ci sono tutti, ma non siamo ancora sulla soglia del baratro. Anche Mario Draghi, nei giorni scorsi, ha pronunciato parole prudenti e Mattarella, nei suoi ripetuti inviti al dialogo, continua a essere molto attento a non suscitare allarmismi. Sono segnali che rivelano la delicatezza della situazione. Perchè l’appello definitivo può essere uno solo.
Prima ci sono i tentativi da compiere affinchè non si arrivi a quel momento, evitando un isolamento che, con questi equilibri politici, equivarrebbe a un game over di una partita che, invece, è ancora lunga.
(da “Huffingtonpost”)
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