MEDICI DI FAMIGLIA, ECCO IL DOCUMENTO RISERVATO CHE PORTA A UNA SVOLTA EPOCALE
IL NUOVO CORSO DEI MEDICI DI FAMIGLIA
Ci siamo: Dataroom ha potuto leggere in anteprima la bozza di riforma che cambia il rapporto dei medici di famiglia con il Servizio sanitario nazionale. Oggi i medici di medicina generale sono lavoratori autonomi, pagati dal Servizio sanitario, e possono organizzare il loro tempo e le modalità di lavoro come meglio credono. Fuori dal perimetro degli accordi sindacali ogni richiesta dello Stato e delle Regioni è destinata a cadere nel vuoto, come per esempio l’esecuzione dei tamponi durante il Covid. Se la modifica dell’impianto legislativo vigente andrà in porto, i medici di base diventeranno invece dipendenti del Servizio sanitario nazionale come già adesso lo sono gli ospedalieri. È un passaggio epocale considerato indispensabile a far funzionare le 1.350 Case della Comunità messe in piedi con i 2 miliardi del Pnrr.
Il documento di riforma, talmente riservato al punto da negarne l’esistenza e in continuo aggiornamento, è di 22 pagine ed è appoggiato dal ministro della Salute Orazio Schillaci e dalle Regioni. Del resto, gli assessori regionali alla Sanità già il 22 settembre 2021 avevano firmato un documento: «La pandemia da Sars-Cov-2 ha evidenziato ulteriormente che il profilo giuridico del medico di medicina generale e i loro contratti collettivi nazionali non sono idonei ad affrontare la gestione delle multi-cronicità, l’aumento delle fragilità, la programmazione dell’assistenza domiciliare….».
Le novità
La legge 833 del 1978 stabilisce i principi fondamentali su cui si basa il Servizio sanitario nazionale (Ssn). L’articolo 25 dice che i medici di medicina generale possono lavorare come dipendenti o come liberi professionisti convenzionati. Nel 1992 tra le due possibilità, la scelta cade sulla libera professione. Lo prevede la legge 502 all’articolo 8, che è proprio quello su cui adesso vengono apportate le modifiche più significative. Al di là dei tecnicismi, le novità essenziali sono tre.
La prima: «L’attività di assistenza primaria di medicina e pediatria al fine del miglioramento dei servizi richiede l’instaurarsi di un rapporto d’impiego».
La seconda: «Il rapporto tra il Servizio sanitario nazionale, i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta che non siano dipendenti del Ssn è a esaurimento». Vuol dire che i nuovi medici di famiglia saranno assunti, mentre quelli già in servizio potranno continuare a essere liberi professionisti, a meno che siano loro stessi a decidere di passare alle dipendenze del Servizio sanitario.
La terza: la loro attività è da «garantire sia presso gli studi sia presso le Case della Comunità» dove in quest’ultime i cittadini potranno trovare medici di famiglia e/o specialisti dalle 8 del mattino alle 8 di sera, in grado di fare anche elettrocardiogrammi, ecografie, spirometrie, ecc.
Il ricambio generazionale
Come ha ricordato a novembre 2024 il presidente Istat Francesco Maria Chelli, il 77% dei medici di famiglia ha più di 55 anni (qui). Tra il 2025 e il 2030, su circa 37 mila medici di base in servizio, si stima che ne vadano in pensione intorno ai 10 mila (fonte: 18° Rapporto Sanità Crea su dati Enpam tab 10b.4 pag. 414 qui). Il ricambio, quindi, è imminente e il rapporto di dipendenza trova apprezzamento tra i giovani. Alla domanda «Ritieni che il passaggio a un contratto di lavoro come dipendente del Ssn possa contribuire a migliorare le tue condizioni di lavoro?», il 49% degli intervistati risponde sì contro il 43% dei no (l’8% non ha risposto) (fonte: Aprire Network, dicembre 2019-febbraio 2020, campione di 566 neomedici, fig. 34 qui).
A favore di un rapporto di dipendenza anche il «Movimento MMG per la Dirigenza», nato nel 2020, indipendente dalle sigle sindacali e ormai diffuso su tutto il territorio nazionale che riconosce: «A quasi 50 anni dall’ultima grande riforma dell’assistenza territoriale del 1978 il nostro Servizio sanitario necessita di un nuovo modello di cure primarie, differente da quello che vede il medico di base lavorare da solo (…). Il modello più promettente è quello di mettere insieme diversi professionisti che lavorino in team multiprofessionali e che siano proattivamente impegnati nella medicina preventiva».
Il modello di assistenza
Concretamente come potrà funzionare il nuovo modello di assistenza? Innanzitutto le ore di lavoro settimanali saranno per legge 38, mentre oggi il minimo garantito oscilla fra le 5 e 15 ore, a seconda del numero di pazienti. Nella bozza di riforma leggiamo: «L’impegno di 38 ore dei medici di medicina generale è ripartito secondo il seguente schema:
1) fino a 400 assistiti: 38 ore da rendere nel distretto o sue articolazioni, delle quali 6 ore da dedicare agli assistiti e le restanti per le esigenze della programmazione territoriale;
2) da 401 a 1.000 assistiti: 12 ore da dedicare agli assistiti e le restanti per le esigenze della programmazione territoriale;
3) da 1001 a 1.200 assistiti: 18 ore da dedicare agli assistiti e le restanti per le esigenze della programmazione territoriale;
4) da 1.201 a 1.500 assistiti: 21 ore da dedicare agli assistiti e le restanti per le esigenze della programmazione territoriale;
5) oltre a 1.500 assistiti: 24 ore da dedicare agli assistiti e le restanti per le esigenze della programmazione territoriale». In pratica il medico di famiglia dovrà seguire le indicazioni del distretto, alternando quindi l’attività rivolta ai propri assistiti con quella messa a disposizione di tutti, cioè anche per visitare, fare vaccinazioni e rispondere alle necessità dei pazienti degli altri medici di base della zona.In questo modo verrà garantita ai cittadini la presenza di un medico di famiglia durante l’intera giornata e tutta la settimana. Il luogo di lavoro privilegiato sarà nelle Case della Comunità, ma anche in altri ambulatori pubblici che le Regioni dovranno mettere a disposizione per assicurare la capillarità dell’assistenza: nessun Comune, neppure il più piccolo, dovrà rimanere sguarnito. Così, contrariamente a quanto sostengono i detrattori della riforma, i pazienti non dovranno rinunciare al proprio medico di fiducia, ma vedranno la sua attività affiancata a quella di altri colleghi.
La formazione
Sono previste anche novità per il sistema di formazione che vanno a modificare il decreto legislativo 368 del 1999 (qui). Oggi il medico neolaureato per diventare medico di medicina generale deve frequentare un corso di formazione triennale gestito dalle Regioni, e dove spesso i docenti sono dirigenti sindacali che ne approfittano per arruolare le nuove leve. La bozza di riforma riporta esplicitamente la volontà di trasformarlo in un corso di laurea specialistico di 4 anni con docenti qualificati, come avviene per i medici ospedalieri. Di conseguenza dovrà cambiare anche il peso della borsa di studio, che oggi è di appena 11.500 euro, contro i 26 mila euro l’anno delle specializzazioni universitarie.
I tentativi falliti
La riforma dell’assistenza territoriale è in ballo da anni. Il predecessore di Schillaci, l’allora ministro alla Salute Roberto Speranza, puntava a garantire, seppur con un rapporto di para-subordinazione, 38 ore di lavoro di cui 20 nei loro studi e 18 nelle Case della Comunità (gli accordi attuali ne garantiscono 6 qui). Ma le nuove «Disposizioni in materia di Medici di Medicina Generale» messe nero su bianco poco prima della crisi del governo Draghi (luglio 2022) resteranno chiuse in un cassetto e non diventeranno mai legge, forse per il timore di perdere il voto dei vertici della categoria (che tuttavia non sono bastati).
Gli ostacoli
Ora il ministro Schillaci si spinge ancora più in là. Non troverà pochi ostacoli. Da dipendenti del Sistema sanitario nazionale i nuovi medici di medicina generale verosimilmente dovranno versare i contributi all’Inps (come gli ospedalieri), mentre oggi li versano a un ente privato, l’Ente nazionale di previdenza e assistenza dei medici e degli odontoiatri. L’Enpam prevede due tipi principali di contributi:
il primo è obbligatorio per tutti i medici iscritti all’Albo e va dai 145 euro all’anno per gli studenti, via via a salire fino ai 1.961 a partire dal compimento dei 40 anni (quota A qui);
il secondo riguarda solo chi esercita la libera professione ed è calcolato al 19,5% del reddito professionale netto (quota B qui). I medici di famiglia oggi sono dunque i principali contribuenti dell’Enpam che ha un patrimonio di oltre 25 miliardi di euro (qui).
Guarda caso il passaggio alla dipendenza per i nuovi medici di famiglia è contrastato su tutti dall’Enpam (qui), presidente Alberto Oliveti (qui) e vicepresidente Luigi Galvano (qui), entrambi medici di famiglia; tra compensi, indennità e rimborsi il consiglio di amministrazione vale oltre 3 milioni di euro l’anno (qui).
È contrastato dalla Fimmg che riunisce il 63% dei medici di base iscritti al sindacato, segretario generale Silvestro Scotti che siede nel cda dell’Enpam (qui). E’ contrastato dalla Fnomceo, Federazione nazionale degli Ordini dei medici, presidente Filippo Anelli, già vice Segretario della Fimmg . Ecco, la forza di un ministro e di un governo passerà da qui.
Milena Gabanelli e Simona Ravizza
(da corriere.it)
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