MELONI E’ COSI’ INTERESSATA AL SUMMIT CONTRO I DAZI CHE FA I CAPRICCI NEL TIMORE DI PERDERE LO SHOW: “O SI FA IN ITALIA O RISCHIA DI SALTARE”
LA TESI RIDICOLA: “IN ITALIA PIU’ MARGINI DI RIUSCITA”… MA LE CANCELLERIE EUROPEE VOGLIONO CHE SI SVOLGA A BRUXELLES
Si sente con Merz. Teme un trappolone di Macron e Sanchez. Aspetta di capire da che lato si schiererà alla fine von der Leyen. Dopo il doppio bilaterale Italia-Usa, prima con Trump alla Casa bianca, poi con Vance a Palazzo Chigi, la sosta pasquale di Giorgia Meloni è ombreggiata da un timore: qualcuno in Europa proverà sul serio ad affossare il vertice di Roma?
È stata l’unica concessione vera strappata dalla premier a Washington. Trump ha accettato l’invito nel Belpaese, in una data ancora da fissare, e soprattutto si è detto disponibile a «considerare» l’opportunità di incontrare, qui nell’Urbe, l’Unione europea, che finora con l’amministrazione degli Stati Uniti ha rapporti tormentati, quando non inesistenti.
Seppur in coda, l’impegno sulla trasferta nella Capitale, magari allargato all’Ue, è stato inserito nel comunicato congiunto firmato dai due governi. Per Meloni è un primo passo. La macchina di Palazzo Chigi si è messa in moto e, come confermava ieri su queste colonne il sottosegretario Giovanbattista Fazzolari, l’obiettivo è organizzare il summit Ue-Usa per maggio, molto prima del vertice Nato di fine giugno.
Meloni non pensa a un trilaterale con Trump e Ursula von der Leyen. O almeno, non è questo il “piano A”. Vorrebbe che a Roma atterrassero anche i leader dei 27, una conferenza in grande stile. Ma deve fare i conti con la ritrosia di un blocco nutrito di alleati europei, che da 24 ore fanno trapelare segnali foschi, ufficiosamente: il summit? Meglio farlo a Bruxelles.
La richiesta del cambio di sede irrita il governo italiano, convinto di avere fatto ogni sforzo per favorire il negoziato tra le due sponde dell’Atlantico, sui dazi, ma anche sull’Ucraina. Intorno a Meloni – così riferisce un ministro di primo piano – il sospetto è che a ostacolare il summit siano soprattutto alcuni Paesi, «infastiditi» dall’azione italiana. La Francia di Emmanuel Macron. Ma anche la Spagna di Pedro Sanchez, che dialoga con la Cina, proprio mentre Trump chiede agli europei di tagliare gli affari con il Dragone.
Temendo queste resistenze, Meloni prova a giocare d’anticipo. Dopo la visita alla Casa bianca, raccontano fonti governative, ha sentito di nuovo Friedrich Merz. Non è ancora chiaro se il cancelliere tedesco in pectore appoggerà la richiesta italiana del vertice a Roma, ma il dialogo con Chigi è ben oliato, anche grazie agli uffici di Antonio Tajani, gemellato con il leader di Berlino nel Ppe.
Probabile che Meloni intervenga di nuovo sull’argomento mercoledì in Senato, al “premier time” in cui l’opposizione la incalzerà anche sul contratto per i satelliti di Musk, prima di imbarcarsi, venerdì, per una missione in Uzbekistan e Kazakhstan.
Perché il vertice di Roma abbia chance, decisive saranno le mosse di von der Leyen, che dovrà decidere se assecondare le cancellerie che premono per
spostare il summit a Bruxelles, anche per non sconfessare simbolicamente le istituzioni Ue, oppure fare asse con Meloni, considerando più fruttuosa la cornice romana.
Davanti a un quadro incerto, nella cerchia stretta della premier trapela questo ragionamento: «Trump a Roma verrà di sicuro e si è detto disponibile a valutare l’incontro con l’Ue». Il summit in Italia, dal punto di vista del governo, avrebbe «più margini di riuscita», vista la sintonia con il tycoon. «Se poi qualcuno vuole il vertice a Bruxelles, gli inviti li faccia l’Ue. E si vedranno i risultati»
(da La Repubblica)
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