MILANO, REGALA PANETTONI AI CLOCHARD IN PIAZZA DUOMO. IL BENEFATTORE ANONIMO: “SO COME CI SI SENTE”
L’UOMO E’ UN SESSANTENNE DELLA BERGAMASCA: “NON MI DO PACE PER NON ESSERE RIUSCITO AD ACCONTENTARE TUTTI”
La notte dell’Immacolata, 8 dicembre, è salito in macchina e ha parcheggiato in zona Loreto. Poi ha percorso alcuni chilometri a piedi per arrivare in Piazza Duomo e regalare diversi panettoni ai clochard accampati tra i marciapiedi. Il benefattore, che preferisce rimanere anonimo, è un sessantenne della Bergamasca. Che, intervistato dal Corriere, spiega le ragioni del suo gesto: «Vengo da una famiglia povera, so come ci si sente».
La storia
«Non voglio essere frainteso, che chi mi conosce possa pensare al mio gesto come a un modo per farmi pubblicità». Per questo l’uomo preferisce non rilevare la sua identità anche perché gli basta l’azione caritatevole che ha compiuto. «Una persona normale, che vive del suo lavoro», si definisce. Quindi non benestante: «Papà operaio, mamma casalinga e quattro figli da sfamare e crescere, dei quali io sono il più grande. Nel 1977 desideravo fare una vacanza. Ma non c’erano soldi in casa. E allora sono partito insieme a un amico facendo l’autostop. Per dieci giorni abbiamo dormito all’aperto, sulle panchine. Una volta addirittura, a Siena, sul palco dove avveniva la premiazione della contrada vincitrice del palio. La mattina presto ci cacciarono con i bastoni. Eravamo gli sfigati. Per avere i soldi per mangiare facevamo i braccialettini intrecciando fili di rame. Facendo quell’esperienza, ho capito cosa significa vivere per strada. E ho sempre avuto rispetto per chi è debole perché pure io sono stato molto debole». Da anni gli piace trascorrere l’8 dicembre in Piazza Duomo: «Mi piace ammirare l’albero», dice. In passato si era limitato a fare l’elemosina, ma nel 2019 aveva anche aiutato a servire un pranzo per gli ospiti della Comunità Sant’Egidio.
Il rammarico: «Non ho potuto accontentare tutti»
«Non mi do pace per non essere riuscito ad accontentare tutti», si rammarica l’uomo. Che però promette che il prossimo anno si organizzerà meglio: «Chiederò un aiuto per poter portare più panettoni possibile». Ha un figlio di vent’anni, ma non vuole che l’iniziativa si trasformi in qualcosa di familiare: «L’importante è che lui abbia capito il valore del donare».
I due mondi
I senzatetto vivono nel salotto milanese tra l’albero di Dior e la Galleria, poi sotto i portici davanti alle vetrine di lusso: «Ti rendi conto che ci sono due mondi, quello del giorno, dove dominano la frenesia, il consumismo, con i senzatetto che sono invisibili. E quello della notte, dove vedi ciò che è reale. Alle 7 devono sbaraccare perché la loro presenza toglie decoro alla zona. Se entri nelle viette, al buio, ne trovi altri. Erano tutti copertissimi, non ho visto i loro volti. C’erano tre tende. Colpisce sapere che, nel periodo più festoso dell’anno, sono soli». Il significato del suo gesto sta tutto in queste parole: «Sabato sera mi sentivo come un bambino che freme perché aspetta Santa Lucia. Donare ti arricchisce. E poi non ho fatto niente di esagerato».
(da Open)
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