MOGHERINI E IL POSTO INUTILE IN EUROPA
LA NOMINA AD ALTO RAPPRESENTANTE PER LA POLITICA ESTERA E’ DA SEMPRE DESTINATA A QUALCUNO CON POCO PESO E PRESTIGIO
Se lo ha fatto, per cinque anni, in modo impalpabile, Catherine Ashton, lo può fare anche Federica Mogherini.
Ma che il gioco sia chiaro: in quel posto dal nome sonoro, Alto Rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune, i governi che contano dell’Unione non vogliono qualcuno che possa fare valere peso e prestigio, ma qualcuno che non dia fastidio.
Se il leader dell’Ue avessero voluto un vero e proprio “ministro degli Esteri” europeo, lo avrebbero chiamato così, invece di inventarsi quell’Alto Rappresentante che suona funzionario e che nessuno capisce nè chi è nè cosa fa.
E se poi ci aggiungete che dirige il Seae è peggio: la sigla sta per Servizio europeo di azione esterna, oltre 2000 addetti (con la prospettiva di arrivare a 7000), provenienti da ministeri nazionali, Commissione europea e Consiglio dei Ministri
Quando Lady Ashton fu nominata nel 2009 non aveva quasi nessuna esperienza di diplomazia internazionale: a 51 anni, era stata per un anno commissario al Commercio internazionale nella prima Commissione presieduta da Manuel Barroso.
Appena assunse l’incarico, si capì che avrebbe fatto rimpiangere Javier Solana, il suo predecessore, che, senza avere tutti i poteri conferitigli dal Trattato di Lisbona, era stato capace di rendere l’Europa presente in molte crisi internazionali.
L’Alto Commissario è anche vice-presidente della Commissione e presiede i Consigli dei ministri degli Esteri dei 28: occasioni per farsi valere e per farsi notare ne ha.
Lady Ashton ne ha colte ben poche, anche se col tempo qualche risultato positivo, nei Balcani o nei negoziati con l’Iran sul nucleare con la formula dei 5 + 1, l’ha magari ottenuto
Ora, la Mogherini sarebbe, negli intenti dei leader dell’Ue, una scelta alla Ashton: ministro junior rispetto ai suoi colleghi, il più junior del lotto dei Grandi dell’Ue, senza l’autorità nè l’esperienza per imporsi loro.
Non sarebbe una scelta per cambiare le cose, ma per lasciarle come sono. E questo a prescindere dalle qualità della Mogherini, che è coscienziosa e preparata e alla cui credibilità non giova la carriera rapidissima: 41 anni, eletta deputata nel 2008 e rieletta nel 2013, presidente per pochi mesi della delegazione italiana all’Assemblea atlantica, poi responsabile esteri del Pd di Matteo Renzi per due mesi, quindi ministro degli Esteri a sorpresa.
Il posto pareva sicuro per Emma Bonino (lei sì, a Bruxelles cambierebbe le cose).
Ora i giochi non sono ancora del tutto fatti e suona persino strana la disinvoltura con cui lei stessa e altri esponenti del governo italiano parlino della candidatura.
Ieri, Sandro Gozi, sottosegretario agli Affari europei, diceva a Bruxelles che la carica può “benissimo spettare all’Italia”. In palio, ci sono le presidenze della Commissione —c’è un consenso sull’ex premier lussemburghese Jean-Claude Juncker, candidato dei Popolari – e del Parlamento europeo — si va verso una riconferma del presidente uscente Martin Schulz, socialdemocratico tedesco – e quelle del Consiglio europeo e dell’Eurogruppo. L’insieme deve tenere conto d’un mix di nazionalità , provenienze politiche, genere.
Nei calcoli degli equilibri, entra che l’Italia ha la presidenza della Bce con Mario Draghi
Interpellati dal Fatto, un ex rappresentante permanente presso l’Ue e un ex alto dirigente Bce commentano allo stesso modo l’ipotesi Mogherini: “Per l’Italia, non sarebbe un affare. O metti lì qualcuno che conta, oppure non conti lì e perdi peso in Commissione, perchè l’Alto Rappresentante è spesso assente per i suoi impegni internazionali”.
E in Commissione transitano, ogni settimana, decisioni delicate per l’Italia, dalle raccomandazioni economiche alle procedure d’infrazione (che non sono rare).
Giampiero Gramaglia
(da “il Fatto Quotidiano”)
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