MOLTI GIOVANI SOGNANO “UN ALTRO BERGOGLIO” COME PROSSIMO PAPA: “NE VOGLIAMO UNO MODERNO, CHE SAPPIA PARLARE CON NOI COME FRANCESCO. ERA ANZIANO, MA CON IL CUORE GIOVANE”
PAPA FRANCESCO ERA IL “PAPA DELLA GENTE”, MA SOPRATTUTTO DEI RAGAZZI: IL GIORNO DOPO IL FUNERALE DEL PONTEFICE, 200 MILA ADOLESCENTI SONO ARRIVATI A ROMA PER LA GIORNATA DEL GIUBILEO DEDICATA A LORO
Sventolano le bandiere della “Gioventù salesiana” con l’immagine di don Bosco, mentre ragazzini a frotte, bandana verde, borraccia verde, zainetto verde, il kit del “Giubileo degli adolescenti”, lasciano piazza San Pietro, direzione tutta Italia e tutto il mondo.
Samanta, Daria e Paolo, quindici anni, parrocchia di San Francesco di Sales a Padova, hanno le idee chiarissime: «Vogliamo un papa moderno che sappia parlare con noi come Francesco. Andava in tv, conosceva i social, siamo nati e cresciuti con lui, era anziano sì ma con il cuore giovane».
«Tre giorni di emozioni mai provate, la porta santa, il saluto al papa dentro San Pietro, la messa in suffragio, Roma enorme e bellissima, camminare e camminare è stato il nostro dono a Francesco, veniamo dagli oratori, dagli scout, dai gruppi giovanili diocesani, no, questa Pasqua non la dimenticheremo».
Erano duecentomila in piazza i teenager arrivati a Roma per il “Giubileo degli adolescenti”, appuntamento al quale papa Francesco teneva moltissimo, una marea di ragazzini e ragazzine che si sono trovati a un incrocio della Storia, dentro un frullatore di esperienze che ti fanno diventare grande di colpo.
«Non avevo visto morire nessuno — dice Diana, 16 anni — i miei quattro nonni sono ancora vivi, la bara aperta del papa mi ha colpito e commosso». I “ribelli” li chiamava Bergoglio che in un video inedito del 2025 rivolto ai giovani, senza abiti papali e senza zuccotto, diceva: «Cari ragazzi e ragazze, una delle cose più importanti nella vita è ascoltare, imparare ad ascoltare
Infinite le sigle dei gruppi giovanili che hanno pacificamente e gagliardamente invaso Roma, spezzando con la loro semplice presenza il lutto globale. E colpisce in anni di solitudini virtuali, di figli autoreclusi nelle loro stanze, di adolescenti violenti, la presenza di tanti giovani insieme.
C’è la Gioventù Francescana, gli juniores dell’Azione Cattolica, la Gioventù ardente Mariana, poi gruppi organizzati autonomamente da parrocchie e diocesi. I più folti sono giunti da Monza e da Milano con le bandiere e il volto di Carlo Acutis, il quindicenne morto di leucemia fulminante, la cui beatificazione sarebbe dovuta avvenire, per volontà di papa Francesco, proprio nel Giubileo degli adolescenti.
Devotissimo alla Madonna, autore di un sito internet con il quale faceva evangelizzazione, Carlo morì in tre giorni all’ospedale di Monza. Prima di chiudere gli occhi aveva dichiarato di voler offrire le sue sofferenze al Papa, promettendo alla famiglia che avrebbe dato molti segni della sua presenza. Anni dopo un bambino di nome Mathias, toccando un pezzo del suo pigiama guarì — secondo la Chiesa — da una rara anomalia genetica al pancreas. E così una bambina in gravi condizioni dopo un trauma cranico. Miracoli per chi crede, comunque colpisce quella morte così acerba.
«È successo anche a mia cugina, per questo sono qui» racconta Loriana, 15 anni, napoletana. Ci sono i giovani irlandesi, spagnoli, americani, argentini. Sally, 17 anni: «È stato incredibile essere qui proprio adesso, poter salutare Francesco, torno in Texas con molti nuovi amici, il papa che vorrei deve essere come Bergoglio, parlava in modo semplice, difendeva i poveri, i carcerati, i drogati. E tanti tanti ragazzi della nostra età usano sostanze».
Non conoscono i nomi dei cardinali, non sanno come funziona il conclave, molti chiedono chi sia quel vescovo, Parolin, che celebra la messa e ricorda loro «l’affetto di papa Francesco, che avrebbe desiderato guardarvi negli occhi, passare in mezzo». E cita la gioia nonostante il lutto, Parolin, gioia «impressa nei vostri volti, cari adolescenti che siete venuti da tutto il mondo a celebrare il Giubileo».
No, ai ragazzi di Francesco sfuggono i segreti dell’elezione di un pontefice, sanno soltanto una cosa: «Vogliamo un Papa che sappia parlare con noi». E chissà che nel conclave qualcuno ascolti la voce degli “Zeta”, in una Chiesa che
nonostante i grandi momenti di devozione collettiva, è sempre più disertata dai giovanissimi. Antonio, da Lecce, 16 anni: «Ero venuto soltanto per seguire dei miei amici, torno a casa diverso».
(da Il Corriere della Sera)
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