MONTI, 20 MILIARDI DAGLI EVASORI PER TAGLIARE LE TASSE
LA BOZZA DEL DECRETO NUOVE MISURE ANTI EVASIONE E MENO TASSE… STRETTA SULLE IMPRESE, TORNA IL REGISTRO CLIENTI-FORNITORI, I SOLDI RECUPERATI DAL FISCO IN UN FONDO PER AIUTARE LE FAMIGLIE
Più lotta all’evasione e meno tasse. Lo slogan non è nuovo, ma c’è davvero un piano del governo anche se molto diverso dalle indiscrezioni circolate in questi giorni.
Il principio lo fissa il premier Mario Monti, in un discorso alla Borsa di Milano, ieri mattina: “Il nostro obiettivo è ridurre disavanzo pubblico, ma anche far affluire ai contribuenti onesti il gettito della lotta accresciuta all’evasione in termini di minore aggravio fiscale”.
Questo non significa che il decreto legge in discussione venerdì al Consiglio dei ministri taglierà d’un colpo le aliquote più basse dell’Irpef, dal 23 al 20 per cento, come riferivano alcune voci. Il meccanismo è più complesso.
L’ultima manovra del governo Berlusconi, dopo l’estate, ha creato un “Fondo per la riduzione strutturale della pressione fiscale” in cui finiscono le entrate extra, cioè quelle superiori alle attese, in particolare quelle derivanti dalla lotta all’evasione fiscale.
Dal 2014, ogni anno, nel Documento di economia e finanza il governo deve stabilire quanti soldi ci sono a disposizione e poi, grazie al fatto che sono al sicuro nel Fondo, usarle per ridurre le tasse.
Stando alla bozza, venerdì il governo anticiperà dal 2014 al 2012 la partenza del fondo, in maniera che i contribuenti potranno avere qualche beneficio già nel 2013 quando compileranno le dichiarazioni dei redditi relativi al 2012.
La cosa importante è l’entità della cifra che il governo conta di avere a disposizione: visto che i blitz a Cortina, Milano e Roma stanno funzionando, assieme alle misure contenute nei due ultimi decreti, Monti e il suo vice al Tesoro Vittorio Grilli stimano di trovarsi nelle casse almeno 20 miliardi in più.
Non una tantum, ma strutturali.
Con un simile cuscinetto si possono fare due cose: evitare l’aumento dell’Iva a ottobre (vale circa 16 miliardi) e abbassare di almeno un punto percentuale l’aliquota più bassa dell’Irpef, cioè per il reddito fino a 15mila euro, dal 23 al 22 per cento.
Ma il Tesoro ha invitato alla prudenza.
E nella bozza del decreto non c’è un riferimento diretto all’Irpef, soltanto a “misure, anche non strutturali, di sostegno del reddito di soggetti appartenenti alle fasce di reddito più basse” in particolare le “detrazioni fiscali per i familiari a carico”.
Ma è un gioco a incastri: l’aumento dell’Iva è previsto come paracadute se il governo non riesce a rimodulare le agevolazioni fiscali per famiglie e imprese.
Se la tagliola dell’Iva non scatta e il Parlamento approva la revisione delle agevolazioni, si potrebbero liberare altre risorse.
Ma c’è chi nel governo pensa invece di stabilire da subito il taglio dell’Irpef e, se non dovessero arrivare abbastanza soldi dalla lotta all’evasione, far scattare una clausola di salvaguardia che farebbe aumentare l’aliquota più alta dell’Irpef, oggi al 43 per cento sopra i 75 mila euro.
Forse però è soltanto uno spauracchio da agitare davanti al Pdl per far digerire a Silvio Berlusconi e al suo partito una misura antievasione, citata nella bozza, che dovrebbe garntire le risorse al Fondo: il ritorno dell’elenco clienti-fornitori per le imprese, una misura prevista ai tempi di Vincenzo Visco (governo Prodi) e poi abolita da Giulio Tremonti.
Difficile evadere per le imprese se costrette a comunicare da chi si riforniscono e a chi vendono.
Tutte le operazioni diventano tracciabili.
Sono misure che miglioreranno il gradimento del governo. E Monti, che nega sempre di fare scelte condizionate dall’impatto di comunicazione, sembra però attento ad avere una solida base di consenso , soprattutto in caso di aumento della frizione con i partiti.
Oltre alle tasse, però, la popolarità del governo dipende da due temi: la casta e la trasparenza.
“à‰ molto bello che ci siano le crociate contro i privilegi della casta e siamo ben lontani da aver realizzato ciò che è necessario al riguardo”, ha detto ieri Monti rispondendo a una domanda nella sede di Borsa Italiana, dove erano riuniti investitori e operatori.
Poi l’invito a non esagerare: la stampa dovrebbe stabilire “nel segreto della propria coscienza un’asta oltre la quale dire ‘beh, mica malaccio’. La fame di sangue della politica da parte della gente è illimitata”.
Il primo test sarà oggi: ministri e sottosegretari devono pubblicare on line redditi e patrimoni, non si accettano defezioni (il termine è già stato prorogato di una settimana). Monti già rivendica il successo: “Ho faticato a trovare qualcosa di comparabile” sui siti degli altri governi del G7.
Dopo il discorso a Piazza Affari, Monti è volato a Bruxelles per l’eurogruppo, la riunione dei ministri economici della zona euro, che deve decidere sugli aiuti alla Grecia (il prestito da 130 miliardi).
Giusto prima della partenza esce una lettera firmata da 12 primi ministri, dall’inglese David Cameron allo spagnolo Mariano Rajoy al polacco Donald Tusk.
à‰ il partito della crescita, guidato da Monti, che deve contenere l’istinto tedesco a imporre soltanto rigore, “serve un’azione per modernizzare le economie”.
Ma contenere Angela Merkel non sarà facile.
Stefano Feltri
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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