NAPOLITANO STACCA IL TELEFONO: NON C’E NESSUNA CRISI, NON ESSENDOCI STATO ALCUN VOTO DI SFIDUCIA
IL CAPO DELLO STATO, INFASTIDITO DAI RICHIAMI ALLE ELEZIONI ANTICIPATE, PREFERISCE FAR DECANTARE LE TENSIONI E SALVAGUARDARE L’INTERESSE GENERALE DEL PAESE…IL RITORNO ALLE URNE SAREBBE UN OGGETTIVO DANNO PER L’ITALIA E IL CAPO DELLO STATO NON SI FA DETTARE I TEMPI DA ALTRI
Colloqui telefonici ridotti al minimo indispensabile, profilo istituzionale, nessuna dichiarazione ai giornalisti.
Il capo dello Stato, Giorgio Napolitano, era partito per le Eolie il giorno prima della votazione sul caso Caliendo, sfuggendo così alle polemiche politiche che ne sono derivate.
La sua linea è chiara: una crisi nella maggioranza non c’è perchè non c’è stato alcun voto di sfiducia al governo.
Anzi, l’ultimo voto registrato dal governo è stato di ampia fiducia sulla manovra economica.
Il dibattito aperto dal premier sul possibile voto anticipato non fa che infastidirlo e diventa irritazione quando sente anche parlare di ipotetiche date.
Il suo pensiero lo aveva anticipato nei giorni scorsi: è necessario un supplemento di responsabilità da parte di tutti, vista la situazione economica e sociale non proprio rosea.
Esiste poi un precedente analogo a quanto si è verificato all’interno dell’attuale maggioranza.
Nel maggio 2007 vi fu una scissione parlamentare all’interno del gruppo dell’Ulivo: Mussi e Salvi ruppero con il partito che si avviava a formare il Pd e crearono i gruppi parlamentari di Sinistra Democratica, sia alla Camera che al Senato, ma restarono nella maggioranza di Prodi.
Cosa che i gruppi di “Futuro e Libertà ” hanno garantito in modo identico.
Se poi qualcuno vorrà forzare la situazione se ne assumerà la responsabilità . Dato per scontato che le elezioni rappresenterebbero un danno per la continuità istituzionale del Paese, ogni via costituzionale sarà seguita, nel caso di rottura, per verificare se ci saranno ipotesi alternative.
Nulla di strano: come per Prodi, Napolitano chiederebe la parlamentarizzazione della crisi, cioè il rinvio del governo Berlusconi alle camere per verificare se ha ancora la fiducia.
Se non l’avesse, si aprirebbero le consultazioni di prammatica.
Quando cadde il governo Prodi, Napolitano registrò che non c’era una maggioranza favorevole al ritorno alle urne e assegnò a Marini un incarico esplorativo.
Se si formerà una maggioranza propensa al non ritorno al voto, il capo dello Stato non potrà che prenderne atto e dare un incarico per un governo tecnico o di profilo istituzionale.
Sarà il presidente designato a tracciarne ruoli, modi e tempi operativi, sottoponendosi al voto delle Camere.
Solo qualora l’iter previsto dalla Costituzione non portasse ad alcun risultato, Napolitano prenderebbe atto che le elezioni sono l’unica soluzione.
I regolamenti interni tra componenti, i richiami interessati alle urne branditi come clave non lo devono e possono giustamente interessare.
Un presidente del Consiglio deve pensare a governare fino a un eventuale voto di sfiducia che lo privi della maggioranza.
Non a fissare date di elezioni che non gli competono.
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