NEANCHE STAVOLTA SI VOTA SUL MES: MERCOLEDI NESSUNA RISOLUZIONE
IN EUROPA CONTINUA LO STALLO SUL RECOVERY FUND
Nemmeno mercoledì il Parlamento italiano voterà sul Mes, il Meccanismo europeo di stabilità che ha già attivato una linea di credito dedicata alla pandemia con 37 miliardi di euro riservati all’Italia per spese sanitarie.
Ma non è una notizia che riguardi solo l’incapacità del governo di decidersi a chiedere questi prestiti, per via delle distanze in maggioranza, M5s contrario, Pd favorevole.
Il premier Giuseppe Conte insiste a dire che non c’è la “necessità ” di chiedere aiuto al Mes. Ma, al netto delle questioni politiche italiane, il punto è che mercoledì non si vota perchè non ci saranno ‘comunicazioni’ del premier in vista del Consiglio europeo di venerdì, che avrebbe dovuto discutere del ‘recovery fund’.
Conte terrà solo un’informativa, che non prevede un voto finale. Il problema vero sta nei ritardi europei.
Il fatto è che il Consiglio europeo di venerdì è diventato nel frattempo un vertice ‘informale’, non deciderà nulla sul ‘recovery fund’, sul pacchetto della Commissione europea ‘Next generation Eu’ ci sarà solo uno scambio di vedute tra i leader.
Ognuno dirà la sua, nessun progresso in vista, l’intesa a 27 è ancora lontanissima, rimandata a luglio se andrà bene. E adesso l’ostacolo è l’accordo tra gli Stati membri sul bilancio pluriennale.
“Il Consiglio europeo sarà informale – dice Conte in conferenza stampa al termine della seconda giornata degli stati generali dell’economia – Passerò alle Camere per informare sulle discussioni che avremo al Consiglio europeo”, sul Mes “non ci sono novità . Noi come governo abbiamo detto che non c’è la necessità di attivare il Mes. Dovremo costantemente aggiornarci sulla finanza pubblica”, “non ci sono certezze sull’andamento dell’economia. Semmai faremo valutazioni in questa direzione ne parlerà il Parlamento”.
Insomma, c’è anche una catena di ritardi europei dietro lo stallo italiano sul Mes.
Ritardi che allungano i tempi sul recovery fund, lo strumento inedito proposto dalla Commissione Ue, 750 miliardi di euro in sussidi (500mld) e prestiti (250mld) da reperire sul mercato sotto forma di obbligazioni comuni con la garanzia del bilancio pluriennale europeo 2021-2027.
Ed è proprio sul bilancio che si è incagliata una trattativa che già sul ‘recovery fund’ in sè non procedeva spedita, ostacolata dalle distanze tra nord e sud Europa, est e ovest, ‘frugali’ contro gli Stati più colpiti dall’epidemia e più indebitati, il blocco di Visegrad che punta i piedi per avere di più.
Ebbene, oltre a tutto questo, c’è l’intesa sul bilancio europeo ancora tutta da costruire: una proposta del Consiglio europeo su questo arriverà solo il 23 giugno.
La riunione dei capi di Stato e di governo dell’Ue in programma per venerdì si presenta dunque ‘svuotata’. Anzi, probabilmente i leader dedicheranno tempo a discutere di Brexit, visto lo stallo delle trattative tra Bruxelles e Londra per la definizione dell’uscita della Gran Bretagna dall’Unione entro fine anno. Su ‘Next generaion Eu’, cioè il ‘recovery fund’, ci sarà solo uno scambio di vedute in attesa di definire un accordo sul bilancio pluriennale. Senza, non si può procedere sul recovery fund. E per ora le trattative sul bilancio sono impantanate.
Gli Stati del più ricchi del nord vogliono mantenere i cosiddetti ‘rebates’, gli sconti di cui beneficiano sui loro contributi al bilancio, in quanto non usano molti fondi europei (i ‘rebates’ sono un vecchio privilegio concesso alla Gran Bretagna di Margaret Thatcher e rimasto ora per Olanda, Germania, Austria e altri).
Gli Stati dell’est puntano a difendere i fondi di coesione, dai quali dipende gran parte del loro pil.
Gli Stati del sud e in generale quelli più indebitati tentano di difendere la proposta della Commissione.
E poi c’è tutta la questione ‘risorse proprie’: le nuove tasse per giganti del digitale, della finanza e per chi inquina che il piano ‘Next generation Eu’ prevede di istituire per aumentare la capacità del bilancio europeo dei prossimi sette anni. Un’intesa a 27 sul bilancio non è dietro l’angolo.
Per tutto questo, mercoledì in Parlamento non va al voto la risoluzione di Emma Bonino, senatrice di ‘+Europa’ sul Mes. E non va al voto l’eventuale risoluzione di maggioranza sul Mes, ancora tutta da definire.
Se ne parla a luglio, alla vigilia del Consiglio europeo del 9 luglio quando Conte potrà tenere le sue comunicazioni. Sempre che nel frattempo proceda la trattativa europea sul recovery fund: a Roma si spera in Angela Merkel, che a luglio assume la presidenza di turno dell’Ue per sei mesi e vuole raggiungere un accordo in fretta.
Ad ogni modo, il mancato voto parlamentare di mercoledì, per il governo è un pericolo scampato, vista la difficoltà di convincere una parte consistente del M5s a chiedere i fondi del Mes, gli unici fondi europei disponibili al momento, se si eccettua il piano di acquisiti di titoli di Stato messo in campo dalla Bce per l’emergenza coronavirus (Pepp).
Infatti, anche per il piano Sure elaborato dalla Commissione europea e ratificato dai ministri finanziari dell’Ue (Ecofin), 100mld di sostegno agli Stati per la disoccupazione dovuta alla crisi economica da covid, bisognerà aspettare.
Si tratta di qualche settimana: le risorse di Sure, riferiscono fonti europee non saranno disponibili prima di luglio. Si attende la ratifica di alcuni Parlamenti nazionali.
Questione non proprio neutra per i paesi più rigoristi del nord, perchè Sure presuppone una garanzia di 25mld di euro da parte di ogni Stato dell’Ue.
Proprio oggi Conte ha preso l’impegno con i sindacati, invitati agli Stati generali dell’economia in corso a Villa Pamphili. “Cassa integrazione per tutti finchè serve”, sono le parole del premier che annuncia l’adozione di un decreto in consiglio dei ministri oggi sulla proroga della cassa integrazione decisa in pandemia.
Resta il Mes, ma in Italia è come se non ci fosse, per ora. Perchè tra i cinquestelle prevalgono i dubbi sulla sorveglianza rafforzata che potrebbe incombere sull’Italia in un secondo momento, dopo aver usufruito dei 37miliardi di aiuti senza condizioni. Sorveglianza che è prevista nel trattato del ‘fondo Salva Stati’ (articolo 3) ma che non si applicherebbe alla linea di credito istituita per la pandemia: lo garantisce “un accordo politico tra gli Stati”, dice il direttore del Mes Klaus Regling ogni volta che glielo si chiede. Accordo politico, finchè dura.
(da “Huffingtonpost”)
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