NEL 2020 330.000 MORTI IN EUROPA LEGATE ALL’INQUINAMENTO, 1 SU 5 IN ITALIA
IL REPORT DELL’AGENZIA EUROPEA DELL’AMBIENTE SULLA CATTIVA QUALITA’ DELL’ARIA
Nel 2020 sono state almeno 311mila le persone morte prematuramente nell’Unione Europea a causa dell’inquinamento atmosferico. Lo rivela l’Agenzia Europea per l’Ambiente (EEA), che ha pubblicato oggi il suo report annuale sulla qualità dell’aria in Europa. A preoccupare è soprattutto l’Italia, che registra da sola 52.300 morti premature, il 21% di quelle rilevate in tutta l’Ue. Nonostante le emissioni di sostanze inquinanti siano diminuite in modo significativo negli ultimi due decenni, la qualità dell’aria rimane scarsa in molte aree d’Europa. E, tra queste, la Pianura Padana si conferma la peggiore. Secondo il rapporto dell’Eea, il 96% della popolazione urbana in Ue è esposto a livelli di particolato fine superiori ai livelli di riferimento fissati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms). Dati che, seppur in miglioramento, continuano a preoccupare. Al punto da spingere l’ente europeo a definire l’inquinamento atmosferico come «il più grande rischio ambientale per la salute in Europa». Oltre alla morte prematura, infatti, una cattiva qualità dell’aria porta con sé anche un aumento dei casi di malattie respiratorie. Soltanto nel 2019, prosegue il report europeo, 12.253 persone sono state ricoverate in ospedale con infezioni delle vie respiratorie causate dall’esposizione acuta all’ozono.
Le vittime
Secondo le stime dell’Agenzia europea per l’ambiente, sono tre i gas più letali. Si tratta del PM2.5 (spesso chiamato semplicemente «particolato fine»), del biossido di azoto (NO2) e dell’ozono (O3). Nel 2020, precisa il rapporto dell’Eea, sarebbero almeno 238mila persone sono morte prematuramente nell’Ue a causa dell’esposizione a livelli troppo elevati di PM2.5. A questi si aggiungono i 49mila morti da esposizione a biossido di azoto e i 24mila per l’ozono. Numeri che, sommati tra loro, portano il numero di morti premature complessive a circa 311mila. L’inquinamento atmosferico, poi, danneggia anche gli ecosistemi terrestri e acquatici. Secondo l’agenzia europea, nel 2020 il 59% delle aree forestali e il 6% dei terreni agricoli sono stati esposti a livelli dannosi di ozono troposferico. Questo si è tradotto a sua volta in una perdita di raccolti di grano pari a 1,4 miliardi di euro.
Da dove viene l’inquinamento
A determinare la quota più consistente di emissioni di particolato sono i sistemi di riscaldamento degli edifici residenziali, commerciali e istituzionali. Nel 2020, questo settore è stato responsabile del 44% delle emissioni di PM10 e del 58% di quelle di PM2.5. L’agricoltura, invece, ha generato il 94% delle emissioni europee di ammoniaca e il 56% delle emissioni di metano, dovute principalmente al processo digestivo di alcuni animali. Per quanto riguarda gli ossidi di azoto, le fonti principali di inquinamento sono state il trasporto su strada (37%), l’agricoltura (19%) e l’industria (15%). Infine, le emissioni di metalli pesanti – come nichel e arsenico – si deve soprattutto all’attività delle industrie estrattive e manifatturiere.
Verso le emissioni zero
Nonostante i numeri siano ancora molto elevati, i dati relativi alle morti premature da inquinamento atmosferico sono in costante calo da circa due decenni. Dal 2005 al 2020, il numero di decessi precoci dovuti all’esposizione da PM2.5 è diminuito del 45%. Negli ultimi mesi, l’Unione Europea ha adottato il «Piano d’azione per l’inquinamento zero», che fissa l’obiettivo di ridurre ulteriormente le morti premature, fino a raggiungere nel 2030 un calo del 55% rispetto ai livelli del 2005. Parallelamente, la Commissione sta pensando introdurre requisiti più stringenti per affrontare l’inquinamento atmosferico alla fonte, in particolare nei settori dell’agricoltura, dell’industria, dei trasporti e dell’approvvigionamento energetico. Finora la riduzione delle emissioni – soprattutto quelle di NO2, il biossido di azoto – è andata di pari passo soprattutto con la riduzione del trasporto su strada. Durante il primo lockdown dell’aprile 2020, fa notare il report dell’Eea, «le concentrazioni di NO2 in Francia, Italia e Spagna sono diminuite fino al 70% in pochi giorni».
(da Open)
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