NEL PAESE DELLA MISERIA SONO QUASI TUTTI FORESTALI: “QUI C’E’ SOLO L’AGRICOLTURA DI SUSSISTENZA”
A NARDODIPACE MANCANO SCUOLE E NEGOZI, NON C’E’ PIU’ NEMMENO IL SINDACO
L’arancione è il colore di Nardodipace. Sono le tute dei forestali della Regione Calabria. Se ne contano poco meno di 160 su un totale di 1300 abitanti, praticamente ce n’è uno in ogni famiglia.
La misera economia del paese, aggrappato ai monti delle Serre, è praticamente tutta qua. Le attività commerciali si contano sulle dita di una mano: tre bar e un negozio di alimentari.
Completano il quadro una stazione dei carabinieri e una scuola dove ci sono solo tre classi: una per l’asilo, una per l’elementare e una per la media. Così da trent’anni Nardodipace è uno dei paesi più poveri d’Italia.
La prima volta che vinse la maglia nera fu nel 1989, all’epoca venne certificato un reddito medio annuo di 3 milioni di lire, Portofino che risultò il comune più ricco arrivava a 35 milioni di lire.
«Non c’è artigianato, l’agricoltura è solo di sussistenza, di industria non ne parliamo proprio. Non so se siamo il paese più povero di sicuro siamo i più emarginati», così sintetizza la realtà Antonio De Masi che di Nardodipace è stato sindaco per dieci anni a cavallo tra la fine degli anni Novanta e i primi anni del nuovo millennio.
«Anni fa – spiega – si puntò tutto sul pubblico impiego, sulla forestazione in particolare, la speranza era che da quell’assistenzialismo si potesse rendere la comunità sempre più autonoma, creando attività private, cooperative. Non è andata così».
Quando la povertà di Nardodipace finì sui giornali di mezza Europa, un giovane del paese, Antonio Cavallaro, emigrato a Bologna per studiare, ci fece la sua tesi di laurea: «Costruzione mediatica della povertà ”»
Oggi vive a Catanzaro ma in paese continua a tornarci appena può.
«Paradossalmente – ci dice – la situazione all’epoca non era particolarmente disastrosa. C’erano sei classi di scuola media, diversi negozi ed era ancora aperta la sede del vecchio Pci dove i ragazzi si riunivano. Oggi non c’è più niente, non la sezione di un partito, un’associazione, nulla».
Non c’è neanche il consiglio comunale. L’anno scorso il Comune è stato sciolto per infiltrazioni mafiose.
L’ultimo sindaco Romano Loielo è stato arrestato, mentre era in carica, per truffa all’Unione europea.
Era già successo nel 2011 quando il ministero dell’Interno sciolse il Comune per l’assunzione a tempo determinato di altre decine di forestali che avrebbero dovuto valorizzare i boschi di proprietà comunale.
«Il progetto – si legge nella relazione – non solo non ha raggiunto gli obiettivi previsti, ma ha rappresentato l’occasione per consolidare un sistema clientelare, nel quale possono proliferare gli interessi malavitosi».
Ma Nardodipace ha un altro record negativo che gli è valso il nome di «paesino dell’amianto».
Dopo le alluvioni del 1953 e del 1972 l’abitato venne interamente ricostruito. Peccato però che le «nuove» abitazioni siano state realizzate con i tetti in eternit.
Così da decenni circa l’80% degli abitanti vive con l’amianto sulla testa. Eppure nel 2002 sembrava che la riscossa di Nardodipace fosse arrivata grazie a un ritrovamento del tutto casuale.
Un incendio nel bosco portò alla luce quella che viene definita la «Stonehenge» italiana, una serie di monoliti risalenti a seimila anni fa.
Un sito archeologico che avrebbe potuto portare turisti e quindi un po’ di economia. A coltivare quel sogno è rimasta solo Graziella.
Sul sito del Comune c’è il suo numero di telefono, è l’unica a conoscere e raccontare i segreti di quelle pietre, l’offerta per farsi accompagnare è libera.
Ma «questa estate – ci dice – sono venuti solo due gruppi».
Gaetano Mazzuca
(da “La Stampa”)
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