NIENTE FESTA, E’ SCIOPERO ROSSO: STOP DAI VOLONTARI DEMOCRATICI
MANCANO I CUOCHI, GLI ORGANIZZATORI E I MILITANTI
Incrociare le braccia dopo 12 anni passati in cucina, a sfornare crescentine e tortelli all’ombra dell’immagine di Berlinguer, è l’arma più potente che hanno.
E se è vero che non cambia i destini del partito, di sicuro rischia di togliere la terra sotto i piedi di un Pd che sembra reggersi su dei pilastri sempre più fragili.
Se poi il primo sciopero i volontari lo fanno partire da una delle zone più rosse di Bologna, quella del Navile, la questione assume un certo peso.
È qui, in questo quartiere da sempre granaio di voti per il centrosinistra, che il circolo Berlinguer-Moro ha annunciato che la tradizionale Festa dell’Unità di ferragosto non si farà .
Mancano i cuochi, mancano gli organizzatori, mancano tutti.
In fuga dopo lo stop alla corsa di Romano Prodi al Colle, ma soprattutto dopo la nascita di un governo con Berlusconi.
Impossibile da digerire per chi è cresciuto a pane e Gramsci.
“Qualsiasi associazione di persone rischia l’estinzione, nel momento in cui non ci sono più le motivazioni per restare dentro” ammette amaro il segretario del circolo, James Tramonti.
Sessantaquattro anni appena compiuti, passati con il cuore a sinistra, ha visto cambiare governi, bandiere e sigle di partito: “Per recuperare la partecipazione dobbiamo restituire alla base le ragioni per restare e lavorare nel Pd. Altrimenti ci dimentichiamo le feste. La nostra esisteva dal 2000, ci lavoravano almeno cento persone. Il calo abbiamo cominciato ad averlo dall’anno scorso”.
Fino al crollo.
“Qualche settimana fa ci siamo guardati in faccia e ci siamo detti: questa volta non ce la facciamo, non abbiamo abbastanza forze. Del resto non glielo devo ricordare io che nel Pd c’è malcontento”.
E infatti nel Pd non c’è solo lui a parlare di delusione e speranze andate in fumo.
Ci sono anche i giovani militanti, quelli che, per motivi anagrafici, di feste di partito ne hanno vissute poche.
Anche in questo caso il laboratorio del dissenso è Bologna, dove si è dato appuntamento Occupy Pd, il gruppo di protesta nato dopo il tradimento dei 101 franchi tiratori contro Prodi, rimasti nell’ombra.
Un’occasione per contarsi ma anche per cercare di pianificare le mosse per il futuro, soprattutto in vista del congresso che deciderà il successore di Epifani.
Il rischio è quello che il movimento si trasformi in poco più di uno sfogatoio per iscritti disillusi , senza riuscire a portare a casa niente. “E invece noi vogliamo contare. Per questo chiediamo alla segreteria di ammettere un nostro delegato alla commissione che da lunedì comincerà a elaborare regole e metodi del congresso” spiega Lorenzo D’Agostino, una delle anime di Occupy Pd. Parla a nome del gruppo: “Bisogna evitare che si ceda alle logiche di corrente, con accordi più o meno opachi tra le diverse frange del partito”.
All’appuntamento, costato poco più di 400 euro, tutti autofinanziati e recuperati con offerte libere, ha partecipato un centinaio di attivisti arrivati da tutt’Italia al grido di “siamo più di 101”.
Un messaggio che cercheranno di far arrivare anche a Prodi, consegnandogli la maglietta simbolo della loro battaglia.
Il Professore era invitato, ma di Prodi si è visto solo Giorgio, il figlio, passato per un saluto in compagnia della ex portavoce del fondatore dell’Ulivo, la deputata Sandra Zampa.
È lei a far capire che i giochi per il Pd potrebbero cambiare presto: “Se il partito, grazie alla scissione del Movimento 5 stelle, trovasse i numeri per una maggioranza alternativa, di sicuro dovrebbe fermarsi e capire cosa vuole”.
Emiliano Liuzzi
(da “Il Fatto Quotidiano“)
Leave a Reply