“NIENTE PRIMARIE, NON MORIREMO LEGHISTI”: ORA BERLUSCONI SI SCOPRE CONTRO SALVINI
LO STATO MAGGIORE FORZISTA ALZA LE BARRICATE PER ARGINARE IL CARROCCIO
La grande paura di morire leghisti. Sotto la cappa di Matteo Salvini.
Dentro Forza Italia è la sindrome più diffusa, palpabile nei capannelli che tornano a formarsi dopo il voto nel Transatlantico di Montecitorio, nella buvette del Senato.
Tra i berlusconiani la lotta per la sopravvivenza cammina di pari passo con quella per non essere schiacciati dal tritasassi del Carroccio. «Pronto a sfidare anche Berlusconi nel nuovo centrodestra », diceva ieri Salvini a Repubblica , ormai calato nei panni dell’“ anti-Renzi”
L’ex Cavaliere ha gradito pochissimo la sortita, racconta chi lo ha sentito in filo diretto da Arcore. E se non replica a tamburo battente, è per la campagna dei ballottaggi in pieno svolgimento, che lo riporterà per altro oggi in piazza a Segrate in sostegno del candidato sindaco (stavolta quello di centrodestra, senza lo svarione dell’altra settimana, assicurano).
Le primarie da organizzare su due piani per consegnargli la vittoria a mani basse «Matteo se le scorda », gli hanno sentito confidare in privato.
La portavoce Deborah Bergamini mette in chiaro: «Noi siamo altra cosa rispetto alle uscite di Salvini. Lavoriamo al cantiere di un nuovo grande centrodestra. L’elettore ormai è fluido, non può essere racchiuso in schemi. Vuole dei rappresentanti che sappiano risolvere i problemi, non dei bravi comunicatori. Primarie? Non correrei tanto»
Il fuoco di sbarramento è tenuto alto soprattutto dai lombardi.
Dal capogruppo al Senato Paolo Romani – convinto che «noi dobbiamo lavorare all’area dei moderati, con la destra di Salvini non si è mai andati al governo » – alla coordinatrice lombarda Mariastella Gelmini.
Il neo governatore ligure Giovanni Toti, alleato del Carroccio, una prima apertura alle primarie di Salvini l’ha fatta, appena eletto. Ma giusto quella. Ed è sembrata più un gesto di cortesia.
«Da livornese ho fatto di tutto per non morire comunista, ho combattuto una vita per non diventare democristiano, ora farò di tutto per non finire leghista», racconta il senatore Altero Matteoli.
«Neanche il nostro vecchio Msi usava slogan come quelli di Salvini. Anche Bossi urlava al Nord, poi a Roma si comportava da uomo di governo. Come faremo ad arginare questo Salvini? Intanto niente primarie, non è così che si costruisce una classe dirigente. E poi facendo funzionare Forza Italia, strutturandola e radicandola nei territori».
Facile a dirsi, non è mai avvenuto in vent’anni. Ma in tanti ormai non vogliono darla vinta all’altro Matteo.
«Per come si sta muovendo adesso, le primarie le può fare giusto con la Meloni, non con noi» racconta la sua collega in Europarlamento, la forzista Lara Comi.
«La Lega è avanzata giusto un po’, passando dal Po all’Arno, ma ha un paio di punti più di noi solo perchè non si è votato al Sud, dove Salvini non esiste. Dunque, o si presenta da solo puntando al ballottaggio con Renzi, oppure sposi il progetto di un partito e una lista unica di centrodestra, ma a quel punto accettando di cambiare politica, toni e contenuti. Noi siamo popolari in Europa, non possiamo convivere con chi predica l’uscita dall’euro, solo per dirne una».
Poi c’è chi, come Augusto Minzolini l’altra sera al gruppo al Senato, sostiene invece che le primarie ormai Salvini le ha imposte, tanto vale cercare di disciplinarle. Anche perchè, sostiene poi Michaela Biancofiore, «Berlusconi le vincerebbe col 90 per cento».
Per non dire del fatto che il cappello di Salvini sta frenando il riavvicinamento di chi nell’Ncd lavora per la ricostruzione del centrodestra.
Tra loro potrebbe esserci il capogruppo al Senato, Renato Schifani, se non fosse per quel macigno: «È impensabile una coalizione a trazione Salvini, sarebbe un destracentro».
Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica”)
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