NON C’E’ STATO NESSUN POGROM: COSI’ LA DESTRA ISRAELIANA STA STRUMENTALIZZANDO GLI INCIDENTI DI AMSTERDAM
ISRAELE EVITI DI MANDARE ALL’ESTERO SQUADRISTI PROVOCATORI CHE INSULTANO I BAMBINI PALESTINESI ASSASSINATI A GAZA E NON RISPETTANO NEANCHE LE VITTIME DI VALENCIA
Partiamo da un presupposto: quello che è accaduto a Amsterdam questa notte non dovrebbe accadere. Non dovrebbe accadere che attorno a una partita di calcio si consumino violenze in strada. È successo e non è la prima volta, e i primi responsabili sono la UEFA, il governo olandese e le autorità cittadine.
A questo aggiungiamo subito un altro fatto: non c’è stato nessun pogrom. Con la parola pogrom si indicano sanguinose e tragiche sollevazioni anti ebraiche, avvenute soprattutto in Russia a cavallo tra Ottocento e Novecento. Per estensione il termine è arrivato a coprire le azioni violente e persecutorie, spesso con un carattere spontaneo e uno scoppio subitaneo, contro minoranze etniche e religiose.
A Amsterdam è invece successo che i tifosi del Maccabi Tel Aviv, squadra con una tifoseria nota per le sue posizioni di estrema destra, sono arrivati in città segnando la loro presenza con atteggiamenti violenti e minacciosi.
Slogan contro gli arabi e di sostegno all’esercito israeliano, cori contro i musulmani e contro la popolazione di Gaza, furto e incendio di bandiere palestinesi, un’aggressione (almeno) a un tassista di nazionalità marocchina. Tutto questo sotto l’occhio vigile e distaccato delle forze dell’ordine.
Il risultato è stato che dopo la partita si è scatenata la reazione con pestaggi e aggressioni. Deplorevole? Deplorevole. Ma in questo contesto suonerebbe quanto meno ipocrita non sottolineare come la squadra di casa, l’Ajax, ha un rapporto da sempre molto stretto con la comunità ebraica locale e con le stesse istituzioni israeliane, tanto da essere accolta spesso in giro per l’Europa da cori antisemiti e violenze di matrice razzista. Non risulta che andare in giro con una sciarpa dell’Ajax a Amsterdam comporti qualsiasi tipo di rischio però.
Quella che si è scatenata è stata la caccia ai tifosi del Maccabi, portata avanti anche da cittadini di origine araba (spesso seconde o terze generazioni), per ovvie ragioni sensibili al genocidio in corso a Gaza.
È stato dunque uno scontro politico, tutto al più identitario, scatenato da delle chiarissime provocazioni tollerate dalle istituzioni.
Niente di meno quanto già visto in giro per l’Europa negli ultimi trent’anni, quando le vicende del calcio e del mondo ultras si intrecciano alla politica e ai conflitti etnici e religiosi. Questo non vuol dire che, come spesso accade in dinamiche di questo tipo, non si siano espressi anche sentimenti antisemiti sopiti o a malcelati.
Possiamo dire, rimanendo certi di rimanere nell’alveo del senso comune, che non vanno bene le aggressioni contro i tifosi del Maccabi e non vanno per niente bene anche le aggressioni contro i cittadini olandesi che sostengono la causa palestinese, quanto gli slogan razzisti contro gli arabi. Eliminare però il comportamento squadrista dei cittadini israeliani atterrati a Amsterdam non è raccontare come sono andate le cose.
Ma il governo israeliano ha subito alzato l’asticella, mobilitandosi per riportare a casa i propri tifosi, parlando di quanto accaduto come di una “caccia all’ebreo”. Di solito quando i tifosi del proprio paese vanno in giro a provocare incidenti non li si riporta a casa come eroi, segniamo per il futuro.
E alla destra di Benjamin Netanyahu si è subito accodata la destra europea.
Alle tante immagini che abbiamo visto in queste ore ne voglio aggiungere una che mi ha particolarmente colpito. È un video postato da Yanis Tirawi, un giornalista palestinese che documenta quotidianamente le azioni dell’esercito israeliano a Gaza, tramite i video e le fote diffusi dagli stessi soldati. Questa mattina hanno fatto esplodere delle abitazioni civili a Gaza, per poi postarla sui social così: “Dedichiamo questa esplosione a tutti i tifosi del Maccabi Tel Aviv. Raggiungeremo tutti voi, figli di …”
(da Fanpage)
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