NON ERA MESSINA DENARO IL BOSS DEI BOSS DI COSA NOSTRA, I CLAN PALERMITANI NON SI SAREBBERO MAI FATTI GUIDARE DA UN TRAPANESE
PER LA SUCCESSIONE CI SONO GIOVANNI MOTISI DETTO “IL PACCHIONE”, EX KILLER DI FIDUCIA DI RIINA, GIUSEPPE AUTERI, DETTO VASSOIO, CRESCIUTO ALL’OMBRA DEL BOSS CALOGERO LO PRESTI E SANDRO CAPIZZI, RAMPOLLO DELL’ANZIANO BOSS BENEDETTO CAPIZZI
Nel 2018 ci fu il tentativo di far risorgere la commissione provinciale di Cosa nostra con tanto di designazione del nuovo capo dei capi
Ma il sogno dura poco e in un blitz della Procura di Palermo Mineo e gli altri finiscono in carcere.
L’aspirazione a tornare ai tempi della «Commissione» non è mai venuta meno. Matteo Messina Denaro non era lui il capo della mafia siciliana, i clan palermitani non accetterebbero mai di farsi guidare da un non palermitano. A cominciare da un trapanese
«Le cosche cercheranno di tornare al passato». Una federaloe tra clan e una commissione regionale.
Giovanni Motisi detto il Pacchione (il grassone, ndr ), ad esempio, capomafia del mandamento di Pagliarelli, latitante dal 1998. Oggi sarebbe, se fosse vivo, poco più che sessantenne. «Killer di fiducia» di Totò Riina. Tra gli anziani, poi, c’è Stefano Fidanzati, 70 anni, della storica famiglia di narcotrafficanti dei Fidanzati dell’Arenella, che tra Milano e Palermo hanno costruito il loro impero economico.
Più giovani, ma non meno «interessanti» per gli investigatori: Giuseppe Auteri, detto Vassoio, cresciuto all’ombra del boss Calogero Lo Presti, latitante da un anno, sarebbe lui a tenere la cassaforte del mandamento di Porta Nuova, uno dei clan più ricchi della città. E ancora Sandro Capizzi, rampollo dell’anziano boss Benedetto Capizzi, capomafia dello storico clan di Santa Maria di Gesù, il mandamento del «principe di Villagrazia», Stefano Bontate-ù.
(da Il Corriere della Sera)
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