NON POSSIAMO ANCORA DIRE CHI HA VINTO LE MIDTERM IN AMERICA, MA DI SICURO SAPPIAMO CHI HA PERSO: DONALD TRUMP, E CON LUI I REPUBBLICANI
L’ONDA ROSSA CHE TUTTI SI ASPETTAVANO È DIVENTATA UN BOOMERANG, CHE HA TRAVOLTO I CANDIDATI SPONSORIZZATI DAL TYCOON… GODONO TUTTI I SUOI NEMICI. IN PRIMIS RON DESANTIS, INCORONATO COME NUOVA STELLA DEL FIRMAMENTO REPUBBLICANO
Non possiamo ancora dire chi ha vinto le midterm, ma di sicuro sappiamo con certezza chi ha perso: Donald Trump, e con lui i repubblicani.
Tutti si aspettavano un’onda rossa dalle elezioni di metà mandato, ma la situazione è ben diversa. Il “Grand Old Party” avrà sì una maggioranza alla Camera, ma meno ampia del previsto, mentre al Senato si profila un testa a testa che porterà, se va bene, a un sostanziale pareggio. Insomma, l’onda si è trasformata in un boomerang che ha travolto l’ex presidente e i suoi candidati.
I nomi scelti dal tycoon, infatti, hanno fatto manbassa di insuccessi: a partire dal dottor Mehmet Oz, celebre volto televisivo scelto da Trump per il seggio del Senato in Pennsylvania, che è stato stracciato dal rivale, il democratico John Fetterman, peraltro penalizzato dalle condizioni di salute (ha avuto un ictus a maggio).
Non è andata meglio in Georgia, dove “The Donald” aveva candidato, sempre per il Senato, l’ex campione di football Herschel Walker: speravano di vincere con facilità e invece si andrà al ballottaggio.
Aggiungere New York, dove è stata confermata con ampissimo margine la governatrice democratica Kathy Hochul, nonostante gli strascichi dello scandalo molestie del suo predecessore, Andrew Cuomo.
Insomma, Trump, come ha rivelato un suo collaboratore alla Cnn, è incazzato nero. E fa bene. Anche perché le midterm hanno fatto brillare ancora di più la stella del suo rivale numero uno all’interno del partito: Ron DeSantis.
Il governatore della Florida è stato riconfermato con percentuali bulgare, e anche il “New York Post” di Murdoch lo ha incoronato con un titolone sbattuto in prima pagina: “Defuture”.
DeSantis sarà un osso duro da battere alle primarie repubblicane per il 2024: ha una sua grossa base locale, ma anche l’appoggio della vecchia guardia repubblicana, stufa delle Trumpate. È giovane e dice di essere “mandato da Dio”, cosa che piace negli stati del sud, dove la religione sposta ancora molti voti.
Se Trump ha perso malamente, lo stesso non si può dire di Joe Biden: il presidente era stato dato per morto e sepolto da tutti. E invece il suo partito ha tenuto botta, e lui ne esce ringalluzzito.
Ora niente sembra impedirgli la seconda candidatura alle presidenziali, nel 2024. Niente, o quasi. Già, perché molti democratici dubitano che sia una buona idea per lui ripresentarsi: compirà 80 anni il 20 novembre, e qualora vincesse, ne avrebbe 82 al momento del nuovo giuramento.
A spingere per un suo passo indietro sono Obama e Clinton, per una volta d’accordo su qualcosa: “Sleepy Joe” va convinto ad andare in pensione, costi quel che costi, e lasciare il posto a qualcuno di più giovane e attrattivo.
I due ex presidenti si sono sbattuti molto in questa campagna elettorale: in particolare Obama, che ha fatto qualcosa come otto comizi in Pennsylvania durante la campagna elettorale. Lo stesso Bill Clinton tre giorni fa si è fatto vedere a sorpresa a New York, in un evento a sostegno della governatrice Kathy Hochul. Guarda caso, in entrambi gli Stati hanno vinto i democratici, e ora i due ex inquilini della Casa Bianca rivendicano il risultato.
Il problema è che è difficile far cambiare idea a Biden: il presidente la prossima settimana sarà al G20 di Bali, dove spera di accelerare i negoziati per un cessate il fuoco in Ucraina (magari entro Natale), e non sembra aver voglia di finire ai giardinetti. Ora, la prassi vuole che in caso di ricandidatura di un presidente uscente, non si tengano le primarie. È una forma di rispetto istituzionale, e una norma non scritta ma consolidata. Per questo Barack e Bill premono adesso: una volta fatto l’annuncio, sempre per ragioni istituzionali, non si può tornare indietro.
Chi invece sarà sicuramente alle prese con le primarie è il povero Trump: l’ex puzzone della Casa Bianca sperava di uscire galvanizzato da un risultato elettorale favorevole, e invece si ritrova con un partito di terracotta, sempre più fragile, e con i cocci in mano. Per questo ha mandato il suo fido Rudy Giuliani a ventilare per l’ennesima volta l’ipotesi di brogli. Spera di alimentare la tensione e scatenare il caos. Ma è evidente che, tranne qualche svalvolato di Qanon, la strategia non sta funzionando. Al contrario, fomenta l’elettorato moderato, che non a caso l’ha punito, sull’onda delle numerose inchieste su di lui e dell’assalto al marito di Nancy Pelosi, Paul, preso a martellate in casa sua dallo svalvolato David Depape. A furia di scherzare col fuoco, Trump rischia di finire bruciato.
(da agenzie)
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