NON RENDE RICONOSCIBILE UNA PERSONA: ORA C’E’ IL CARCERE PER IL BURKA, MA I NO GLOBAL POSSONO TRAVISARSI
LA LEGA PROPONE IL CARCERE PER LE DONNE ISLAMICHE CHE INDOSSANO IL BURKA, MA NON SA NEANCHE SCRIVERE LA NORMA IN ITALIANO… PARLA DI “AFFILIAZIONE” RELIGIOSA E NON DI FEDE, FORSE PENSA CHE SI TRATTI DELLA P2… MA QUANDO I NO GLOBAL USANO CASCHI E SCIARPE PER I LORO CORTEI, COME MAI LA POLIZIA DI MARONI NON LI VA AD IDENTIFICARE?
In Italia il 70% dei cittadini è preoccupato per la crisi economica, teme per il posto di lavoro, fa fatica ad arrivare a fine mese, ma per fortuna c’e’ chi riporta il dibattito politico a temi elevati.
E’ di ieri la notizia che il gruppo alla Camera della Lega ha depositato una proposta di legge anti-burka: composta di due soli articoli, chiede di modificare la legge del 1975 su “ordine pubblico e identificabilità della persona” e che vieta l’uso di caschi o indumenti che rendono difficile il riconoscimento, aggiungendo la dizione “inclusi gli indumenti indossati in ragione della propria affiliazione religiosa”.
Le sanzioni previste sono l’arresto, il carcere da 1 a 2 due anni e una multa da 1.000 a 2.000 euro. Una premessa è d’obbligo: sarebbe opportuno che la Lega, prima di depositare una proposta, la facesse almeno redigere da uno che sappia scrivere in corretto italiano.
In tutto il mondo si parla di “fede religiosa” e non di “affiliazione”, termine improprio che sa piuttosto di P2, sette segrete o sataniche, cospiratori eversivi.
Cattolica, musulmana o buddista che sia, sempre di fede di tratta, non crediamo che a “uomini di provata fede e carità cristiana” come i pellegrini Bossi, Calderoli & C. (recentemente frequentatori di anticamere vaticane) farebbe piacere sentirsi definire “affiliati cattolici”.
Ma passiamo al paradosso: si fa riferimento a una legge che parla di manifestazioni che riguardano l’ordine pubblico del 1975.
Ovvero non chi va a fare la spesa al supermercato, ma chi partecipa a cortei con caschi, sciarpe, passamontagna, atti a travisare il viso e rendere irriconoscibile e non identificabile il manifestante. Chiediamo conforto al capogruppo della Lega Cota che ha dichiarato: “Non abbiamo nulla contro i musulmani, ma la legge deve essere uguale per tutti”.
Bene, se fosse così, allora nessuno può condannare le donne musulmane che indossano il burqa.
Per la semplice ragione che nessun ministro degli Interni ha mai dato disposizione alle forze dell’ordine di applicare la legge suddetta.
Nessuno è mai intervenuto per bloccare, identificare e fermare le centinaia di no global che, col volto coperto, hanno causato centinaia di feriti tra le forze dell’ordine e milioni di euro di danni a mezzi dello Stato, banche, attività commerciali.
A cominciare dal G8 di Genova di 5 anni fa.
Se si travisa il manifestante, lo si sorveglia da lontano, a distanza di sicurezza, se lo fa, per “affiliazione religiosa”, una musulmana la si arresta perchè è da sola?
Ma che bel coraggio, complimenti, una politica sulla sicurezza ineccepibile.
Forte coi deboli e deboli coi forti.
Se le ragioni della proposta sono dettate da motivi di sicurezza, sono peregrine: se uno vuole fare un attentato non ha bisogno del burka, nello stato in cui Maroni ha ridotto le forze dell’ordine può andare in giro tranquillamente a viso scoperto.
Pensate: in Arabia Saudita è stato fatto un attentato da Al Qaida, utilizzando una supposta esplosiva che sfugge ai controlli del metal detector, per dirvi quanto è avanzato il fronte del terrorismo, e noi pensiamo ancora al burka, come travisamento del potenziale attentatore.
Se poi vogliamo farne una battaglia antislamica e per l’emancipazione della donna, non crediamo che si debba partire dal burka, ma dall’integrazione reale con diritti e doveri reciproci.
Se passeggiate nella via principale di Vienna, la sera vedete decine di eleganti donne e ragazze islamiche, abbigliate con il niqab ( lascia liberi gli occhi) o con l’hijab (copre i capelli), che hanno sotto linee di trucco evidenti.
Vestono così perchè lo vogliono loro, altre sono vestite all’occidentale, perfettamente integrate nel tessuto sociale viennese.
Quindi non generalizziamo e non diventiamo l’ultima provincia dell’Impero razzista che sa solo vietare e mai garantire diritti.
Magari si potrebbe cominciare con il giudicare le persone non per la “affiliazione religiosa” o “per come veste”, ma guardando il cervello .
Se poi ci allargassimo anche al “come si scrive”, temiamo che i primi a rischiare l’arresto per “uso scorretto della lingua italiana” siano proprio gli estensori leghisti della proposta di legge indicata. Un po’ di tolleranza suvvia: che dire allora dei milioni di italiani che da anni sopportano quella camicia verde da netturbini che indossano i leghisti?
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