NORDIO E PIANTEDOSI, TUTTE LE CONTRADDIZIONI SULLA SCARCERAZIONE E IL RIMPATRIO DI ALMASRI
LE BALLE DI NORDIO: SMENTITO DALLA CORTE D’APPELLO DI ROMA, NON C’ERA ALCUN VIZIO DI FORMA NELLA RICHIESTA DI ARRESTO DELLA CORTE PENALE INTERNAZIONALE… NORDIO PER LEGGE DOVEVA SOLO TRASMETTERE LA RICHIESTA, NON SPETTAVA A LUI FARE VALUTAZIONI… E FINISCE PER DARE UNA VERSIONE OPPOSTA A QUELLA DELLA MELONI… LE OMISSIONI DI PIANTEDOSI E LA “SICUREZZA NAZIONALE” CHE NON ESISTE
Il caso Almasri continua ad agitare la politica. I ministri della Giustizia e degli Interni, Carlo Nordio e Matteo Piantedosi, sono intervenuti mercoledì 5 febbraio nelle aule della Camera e del Senato sulla liberazione e il rimpatrio del capo della polizia penitenziaria libica, su cui pende un mandato di cattura della Corte penale internazionale (Cpi) che lo accusa di aver ucciso almeno 34 migranti, di aver praticato tortura e violenza sessuale e persino di aver stuprato dei minori.
Torniamo in Parlamento. Nordio e Piantedosi si presentano nelle aule per l’informativa, con i banchi del governo e gli scranni degli emicicli al gran completo: l’unica assente è la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni e la sua sedia vuota salta decisamente all’occhio. I discorsi dei due ministri, indagati insieme alla premier e al sottosegretario Mantovano, mostrano subito delle falle, in particolare quello del guardasigilli, cosa che stupisce perché Nordio è anche un magistrato.
Il suo intervento è un misto di contraddizioni e incongruenze, ed è condito da attacchi alla magistratura. “Il 28 gennaio alle ore 16:50 è stata consegnata al sottoscritto un’informativa ai sensi dell’articolo 335 del Codice di procedura penale dalla quale si evince che l’onorevole Carlo Nordio è indagato per i reati di favoreggiamento e omissione di atti d’ufficio. La qualità di indagato iscritta nel registro citato è sottolineata in grassetto nell’informazione di garanzia: l’ho vista con una certa tenerezza questa sottolineatura che io sarei persona indagata, perché un pubblico ministero sa benissimo che se sei nel registro del 335 sei persona indagata, non è iscritto all’associazione dei bocciofili”, spiega Nordio mostrando la comunicazione ricevuta.
Non si capisce dove sia la stranezza: quel tipo di comunicazione viene redatta esattamente così, compreso il grassetto. Lo farà notare poco dopo l’ex premier e leader del Movimento 5 Stelle, Giuseppe Conte, mostrando in aula ben due comunicazioni analoghe a suo carico nate da esposti presentati dalle opposizioni di allora sulle misure per contrastare il Covid-19.
La contraddizione più evidente di Nordio riguarda proprio il mandato di cattura della Corte penale internazionale, arrivato sulla sua scrivania il 19 gennaio e rimasto lì fino al 21 gennaio, giorno in cui la Corte d’appello di Roma, non ricevendo alcun riscontro dal ministero della Giustizia, ne ordina la scarcerazione.
Perché il ministro non ha dato seguito alla richiesta della Cpi come prevede la legge? “È arrivata in lingua inglese senza essere tradotto – spiega il ministro in aula – con una serie di criticità che avrebbero reso impossibile l’immediata adesione del ministero alla richiesta arrivata dalla Corte d’appello di Roma”. Insomma, il ministero della Giustizia della Repubblica Italiana non dispone di un traduttore, quindi non ci sarebbe stato tempo di esaminare la documentazione proveniente dall’estero.
Il ministro della Giustizia non doveva fare alcuna valutazione
Tuttavia, lo stesso Nordio contesta le criticità, che a suo avviso sarebbero state confermate da una nuova versione corretta del mandato d’arresto arrivata quattro giorni dopo. La domanda sorge spontanea: ha letto o non ha letto quelle carte? Stando a quanto scrive la Corte d’appello di Roma, non c’era nessun vizio di forma nel mandato di cattura, quindi la scelta del ministro è stata politica.
Lo stesso procuratore ha ribadito che la scarcerazione è stata conseguente alla mancata risposta del ministero, che ha fatto scadere i termini. Nordio il 21 gennaio dirama una nota in cui dichiara che sta valutando il fascicolo, ma in quel momento Almasri è già stato scarcerato.
C’è poi una grande incongruenza: la legge 237 spiega molto chiaramente che non è il ministro della Giustizia a dover valutare la fondatezza di un mandato d’arresto della Corte penale internazionale, e non a caso la premier Giorgia Meloni, in un primo momento, afferma che Almasri è stato scarcerato perché il ministro Nordio non è stato avvisato per tempo dell’arresto. Oggi il diretto interessato ha detto esattamente il contrario: i suoi uffici – ha ammesso – avevano ricevuto la segnalazione dell’arresto del capo della polizia penitenziaria libica sia domenica 19 che lunedì 20 gennaio.
Le omissioni di Piantedosi
Osama Njeem Almasri sarà poi riportato in Libia da un volo di Stato. Ad attenderlo in patria troverà una folla festante. E qui entra in scena il ministro italiano dell’Interno, Matteo Piantedosi. Quello che non torna, in questo caso, sono gli orari con cui è stato predisposto il volo di Stato che ha riportato il torturatore nel suo Paese. Come detto, la Corte d’appello di Roma ordina la scarcerazione di Almasri nella tarda mattinata del 21 gennaio, ma il Falcon è già ad attenderlo all’aeroporto di Torino.
Le opposizioni accusano il governo di aver preso una decisione politica, pianificando il rientro di Almasri ancor prima della sua liberazione. Una tesi involontariamente confermata dallo stesso Piantedosi, che pur non entrando nel merito delle decisioni del collega Nordio parla più volte di “tutela della sicurezza nazionale”, affermando che la cattura del libico avrebbe messo a rischio la sicurezza dei nostri concittadini sia in quel Paese che sul territorio nazionale, dove ci sarebbero state ritorsioni. E per giustificare il volo prenotato prima ancora della scarcerazione dice: “È apparso chiaro che Almasri sarebbe rimasto libero sul territorio nazionale”.
Noury (Amnesty International): “Nordio sembrava Sangiuliano, ma qui la questione è più grave”
A commentare a Wired le comunicazioni dei due ministri, il portavoce di Amnesty International Italia, Riccardo Noury. “Più ci si accanisce a cercare qualche fondamento giudiziario nella decisione, che giudiziaria non è – spiega Noury – peggio è. Ho sentito delle cose inimmaginabili, con un ministro che pretende di impartire lezioni alla Corte penale internazionale su come scrivere un mandato d’arresto. Nordio mi sembrava Gennaro Sangiuliano quando diceva di aver votato i libri al premio Strega senza averli letti, ma qui la questione è molto più grave. Noi siamo lo Stato che quella Corte l’ha voluta più di altri, non a caso il suo atto fondativo è lo Statuto di Roma: siamo stati i primi a ratificarla e purtroppo siamo stati tra i primi a usare i doppi standard, sia quando si parla del leader israeliano, Benjamin Netanyahu, sia in questo caso”.
Alla base di tutto, secondo il portavoce di Amnesty, resta il famigerato memorandum con la Libia, sottoscritto dall’ex ministro dell’Interno del governo Gentiloni, Marco Minniti e poi prorogato da tutti i governi successivi. “Quel memorandum – continua Riccardo Noury – è il padre di tutti i crimini commessi negli ultimi sette anni. Il problema è sia quello che c’è scritto sia quello che non c’è scritto. Quello che c’è scritto è di non far partire i migranti a qualunque costo; quello che non c’è scritto è che per non far partire quei migranti si lascia campo libero a criminali come Almasri”.
(da WIRED)
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