OPERE PUBBLICHE, LE 868 INCOMPIUTE D’ITALIA: SICILIA IN TESTA
TRA MUSEI CHIUSI E RESTAURI A META’…PAGATI E MAI CONSEGNATI
Con la pubblicazione dell’elenco della Sicilia il quadro delle opere incomplete, censite sul territorio nazionale, aggiornata almeno al 2014, è delineato. ù
Il numero complessivo è impressionante: 868 fra laghi artificiali e teatri, palazzi di Giustizia e opere di urbanizzazione, case di riposo e strade, opere portuali e reti fognarie, scuole e parcheggi, palestre e piste ciclabili e sottopassi ferroviari, autodromi e sistemazione idraulica di corsi d’acqua.
Una casistica sterminata che comprende anche un numero più che cospicuo di opere riguardanti il nostro Patrimonio culturale.
Nella maggior parte dei casi i lavori “avviati, risultano interrotti entro il termine contrattualmente previsto per l’ultimazione, non sussistendo, allo stato, le condizioni di riavvio”.
Più raramente i lavori “avviati, risultano interrotti oltre il termine contrattualmente previsto per l’ultimazione”, oppure “ultimati, non sono stati collaudati nel termine previsto”.
Opere, realizzate in percentuali molto differenti, per le quali sono stati impegnate risorse importanti. Soprattutto regionali, episodicamente erogate da Soprintendenze e Camere di commercio.
BIBLIOTECHE
Una classifica delle occasioni perse guidata dalla Sicilia, ma nella quale si posizionano subito dopo Toscana e poi Sardegna e Abruzzo, quindi Calabria, Puglia ed Emilia Romagna.
L’elenco comprende anche le biblioteche. Come quella di Vallemosa, in Sardegna, che avrebbe dovuto essere ospitata nella ex casa comunale, ristrutturata all’80,33% con 600mila euro. Ma anche come quella con annesso Auditorium di Curno, in Lombardia, realizzata al 95,50% con 1 milione 980mila euro.
Passando per quella, con annesso Auditorium, di Paceco, per la quale sono stati impegnati 1 milione 582mila euro, con un 31,40% realizzato.
Senza contare quella universitaria di Pisa, realizzata all’85,75% dalla Soprintendenza per le province di Pisa e Livorno, con 500 mila euro.
MUSEI
Numerosi anche i musei. A partire da quello di Berchidda, in Sardegna, dedicato ai Pavimenti antichi, opifici e percorsi di arte e cultura, che avrebbe dovuto trovare posto nell’edificio denominato Sa Casara.
La spesa di 310mila euro ha permesso che si realizzasse solo al 72,46%. Invece per il Museo della civiltà contadina di Casalvecchio di Puglia, realizzato al 14,49%, spesi 230mila euro.
Mentre per quello territoriale di Sulmona, in Abruzzo, impegnati 270mila euro a fronte di un 60,09% realizzato. Ancora per l’ampliamento di quello “Maison Caravex” a Gignod, in Valle d’Aosta, spesi 3 milioni 650mila euro per giungere al 23,30% dell’opera (in questo caso, l’apertura è annunciata per il 2016).
Infine per il Polo museale culturale di Santa Chiara, a Bassano del Grappa, in Veneto, 11 milioni 584mila euro sono stati sufficienti per completare il solo 7,18% dell’opera (il dibattito è ancora aperto e il comune di Bassano si dovrà pronunciare a breve sul destino dell’opera).
Un unico antiquarium, quello di Vaglio Basilicata, realizzato al 10,19% con 69.205 euro. Ugualmente un solo Centro didattico polifunzionale, collegato al Sistema Museale Etrusco di Carmignano, in Toscana, realizzato al 72,99%, costato 990mila euro.
CONVENTI E PALAZZI
Ci sono poi interventi di restauro e talvolta di rifunzionalizzazione, a complessi di pregio. Come quello all’ex Convento e Chiostro San Francesco, a Sant’Angelo di Brolo, in Sicilia, per il quale si sono spesi 1milione di euro, raggiungendo il 90,91% dei lavori.
Come quello all’ex Convento di San Francesco a Noto, in Sicilia, realizzato al 70,82%, impegnando 1milione 549mila euro. Ma anche come a quello di Santa Maria degli Angeli in frazione Torchiati, a Montoro, in Campania, che è costato 2milioni 422mila euro, per il 32,54% dell’opera.
Senza contare quello all’ex Convento di Santa Marta a Buggiano, in Toscana, completata al 99,37% con 3milioni 45mila euro.
Oppure quello al Convento del Carmine, a Soragna, in Emilia Romagna, terminato con 450mila euro, ma non fruibile. Compare anche una fortezza, quella borbonica, a Civitella del Tronto, in Abruzzo, che nonostante abbia impegnato 4 milioni 63mila euro, ha raggiunto il 19,19% dei lavori.
Poi il recupero, al 73,24%, dell’Abbazia Florense, a San Giovanni in Fiore, in Calabria, costato 175mila euro. Ancora, c’è il restauro della sala marmi di Palazzo Mercanzia a Bologna, costato alla Camera di Commercio Industria, Artigianato e Agricoltura di Bologna, 120mila euro per un 95,03%.
Ci sono poi i restauri delle mura del castello di Montelabbate, nelle Marche, realizzato al 75,74% e costato 359mila euro, e quelli al Castello di Montechiaro, in Sicilia, costato 932mila euro a fronte del 38,34% completato.
Ci sono interventi di varia entità alle chiese. Alla copertura, per quella di Santo Stefano dei Cavalieri, a Pisa, terminato al all’83,63% e costato alla Soprintendenza per le province di Pisa e Livorno 350mila euro. Non è finita.
Ci sono i restauri agli immobili storici. Come Palazzo Trigona, a Noto, in Sicilia, costato 1 milione 32mila euro per un 26,02% dell’opera. Il Palazzo del Vicario, a Cetraro, in Calabria, nel quale, dopo l’acquisizione, sono stati avviati lavori di recupero. 1.080mila euro spesi per un 10,93% dell’opera.
Come il Palazzo Marchesale “De Luca” a Melpignano, in Puglia, completato al 15,92% e costato 3.200mila euro. Il Palazzo Portici a Civitella del Tronto, in Abruzzo, per il quale si sono spesi 369mila euro per giungere al 34,80%.
Come l’ex Casa Aragonese di Nughedu Santa Vittoria, in Sardegna, per la quale si sono spesi 68.546 euro per un 16,38%. C’è anche un intervento ad un’antica stazione di Posta. Quella in località Borgo Macchia, a Ferrandina, in Basilicata. Spesi 1 milione e 22mila euro per 21,09% dell’opera.
Un campionario degli errori. Tanto più senza giustificazione in quanto prodotto in un settore che può contare su risorse sempre più esigue.
Da quel che sembra, anche mal impiegate. Più di 30 milioni di euro sottratti ad aree archeologiche senza manutenzione, a Musei privi anche del necessario, a Biblioteche a rischio chiusura. Pensare che non ci sia altro sarebbe sbagliato.
Ci sono i percorsi integrati storico-culturali ciclopedonali di Cinquefrondi, in Sardegna. Ci sono i risanamenti, parziali e totali, di alcuni centri storici laziali, calabresi, sardi e siciliani.
Il Patrimonio storico-artistico-archeologico italiano con queste politiche rischia davvero di perdersi.
Manlio Lilli
(da “il Fatto Quotidiano”)
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