ORA IL RINCOGLIONITO E’ TRUMP: CONTRO HARRIS (59 ANNI) L’ARMA DELL’ETA’ E’ DIVENTATA UN BOOMERANG
NEGLI USA E’ RARO TROVARE UN TOP MANAGER CHE HA PIU’ DI 59 ANNI… E I COMIZI DI TRUMP SONO PROLISSI, RIPETITIVI E AUTOREFERNZIALI: HA DIFFICOLTA’ A LEGGERE I TESTI E SBAGLIA NOMI
Dovendo gestire un candidato carismatico, addirittura un pifferaio magico con un seguito enorme, che, però, punta su una retorica tutta rivolta al passato, non brilla per doti amministrative e non ama parlare di programmi, Chris LaCivita e Susie Wiles, i veri strateghi di Donald Trump, avevano costruito la campagna presidenziale come una battaglia di sopravvivenza politica fra Trump e Biden, non come una sfida basata sulla capacità di governo.
Il ritiro di Biden non è stato certo un fulmine a ciel sereno, ma il team di Trump, che aveva contemplato questa possibilità in primavera, cominciando a studiare le debolezze degli altri possibili candidati democratici, si era convinto che la finestra per un cambiamento del ticket fosse destinata a chiudersi col dibattito televisivo del 27 giugno.
Ora a Mar-a-Lago devono reimpostare da zero una campagna che era stata ottimizzata giocando sulla senilità di un presidente democratico in evidente e crescente difficoltà. Al confronto Trump, non privo di problemi ma più energico e disinvolto, sembrava molto più giovane. Da qui, come nota anche Anne Applebaum su The Atlantic, una convention repubblicana tutta giocata sulla rappresentazione della forza: dalla performance muscolare di Hulk Hogan all’energia di Kid Rock, ai cori «Fight! Fight! Fight!» ripetuti fino all’ossessione davanti a Trump col pugno alzato mentre sui maxischermi scorrevano le iconiche immagini della sua reazione insanguinata all’attentato.
L’impatto di quei fotogrammi resta, è ormai una pagina della storia americana, ma, dopo il ritiro di Biden, l’immagine di Trump cambia: da candidato più lucido e dinamico a ultimo grande vecchio della gerontocrazia politica Usa. Un leader che pronuncia discorsi sempre più prolissi, ripetitivi, autoreferenziali. Quello di oltre 90 minuti della convention l’abbiamo definito soporifero, meno efficace di quello pronunciato il giorno prima dal suo vice, J. D. Vance, ben prima del passo indietro di Biden. Ora che il presidente si è ritirato tocca a Trump finire nel mirino per gaffe e frasi incomprensibili: a volte perde il filo del discorso o snocciola incisi apparentemente privi di senso.
Accade da tempo, ma fino a ieri i riflettori erano puntati sui ben più gravi infortuni dialettici di Biden. Ora si spostano su The Donald e tutto fa notizia: dai nomi sbagliati alla difficoltà di leggere il testo sul teleprompter.
In un Paese che è ancora il più fresco e dinamico dell’Occidente, con un ceto imprenditoriale relativamente giovane (rari i top manager ultrasessantenni) e l’età media dei miliardari in continuo calo grazie alla spinta dell’economia digitale, la rinuncia di quello che l’Economist aveva definito President Lear (con riferimento alla tragedia del vecchio re Lear shakespeariano) è il segnale di non ritorno dello smantellamento dell’incredibile gerontocrazia che ha fin qui dominato la politica di questa potenza mondiale: non solo Biden e Trump, ma l’83enne Pelosi che ha lasciato la leadership democratica alla Camera ad Hakeem Jeffries, un cinquantenne; Joe Manchin, il senatore 76enne che ha tenuto a lungo in scacco la sinistra di Sanders, che non si ricandida, mentre lo stesso Bernie è ormai relegato al ruolo di «padre nobile» dei liberal. A destra, intanto, è arrivato al capolinea il leader dei senatori, Mitch McConnell (82 anni).
Rimane solo Trump. I suoi fan, che lo adorano, non badano all’età e alle frasi confuse. Ma non bastano a garantirgli l’elezione. Con Biden, i suoi la consideravano garantita. Prevedevano addirittura una vittoria a valanga con la possibile conquista anche di Stati fin qui solidamente democratici, dal Minnesota alla Virginia. Così lui si era concesso il «lusso» di scegliere come vice nel ticket un ultrà anziché un personaggio più moderato utile a recuperare voti tra i centristi. Ora quella scelta comincia ad apparire un errore. Ma lui minimizza: «Harris sarà più facile da battere di Biden, lei è molto più radicale di lui», ha osservato Trump ieri, dicendosi disposto «a partecipare a più di un dibattito» con lei.
(da agenzie)
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