PAPA FRANCESCO CAMBIA: CEI, MILANO, ROMA, VIA AL RISIKO DELLE NOMINE
BAGNASCO, SCOLA E VALLINI IN SCADENZA… ECCO I NOMI PIU’ ACCCREDITATI ALLA SUCCESSIONE
Andare avanti nel rinnovamento e nello stesso tempo tenere unita la Chiesa.
Per Papa Francesco il 2017 apre una sorta di “secondo tempo” del suo pontificato. Al centro del quale spiccano i rapporti con il fronte conservatore e una serie di nomine considerate decisive: dai vertici della Cei fino alla sostituzione di Angelo Scola e Agostino Vallini a Milano e a Roma.
Appuntamenti nei quali il Papa intende mantenere il punto sul piano pastorale senza dividere la comunità episcopale.
Frenando sia le intemperanze del fronte conservatore che le mosse di chi ha tentato di sfruttare il “nuovo corso”.
Nello scorso autunno ci sono state due date che hanno mostrato quanto la “componente” ecclesiale stenti ad assimilare pienamente lo stile bergogliano: l’8 ottobre e il 15 novembre.
Nel primo di questi due giorni l’attuale presidente della Cei, Angelo Bagnasco, è stato eletto presidente della Conferenza episcopale europea. Con Bagnasco il rapporto è sempre stato corretto ma formale.
Per la nomina al vertice dell’episcopato europeo il Pontefice non è intervenuto anche se molti erano convinti che il suo apprezzamento si concentrasse sull’arcivescovo di Westminster, Vincent Nichols, che è arrivato alla vicepresidenza della Conferenza.
Uno schema analogo si è realizzato il 15 novembre. I vescovi americani hanno eletto al loro vertice Daniel Di Nardo.
L’arcivescovo di Houston, esponente del movimento ProLife, è noto negli Usa per le sue posizioni conservatrici. È stato uno dei tredici cardinali che nel 2015 hanno firmato la lettera critica in occasione del Sinodo. Non solo.
Alla vicepresidenza è stato votato Josè Gomez, arcivescovo della potente ed estesa diocesi di Los Angeles, e anch’egli rappresentante dell’ala meno innovatrice della Chiesa statunitense.
E a questo punto il candidato con più chance per succedere nel 2019 allo stesso Di Nardo. Per quest’incarico, sembrava in un primo momento che il più accreditato fosse Blase Cupich, arcivescovo di Chicago, nominato proprio da Francesco.
Un episodio segnato con la matita rossa anche perchè avvenuto a pochissimi giorni di distanza dalla vittoria di Trump per la Casa Bianca.
Il presidente eletto degli Stati Uniti non ha mai nascosto in campagna elettorale le sue idee anche sulle questioni etiche. Il suo vice, Mike Pence, è stato scelto proprio per l’appartenenza al mondo degli evangelici.
Ideologo dei Tea-Party e del conservatorismo compassionevole. E forse non è un caso che lo stesso Trump abbia ingaggiato in alcuni momenti un vero e proprio duello a distanza con il Pontefice.
Due casi che se associati alle perplessità della Chiesa africana e asiatica su gay e aborto, fanno capire quanto sia ancora alta la tensione.
Una prova ulteriore è lo scontro interno, apparentemente minore, all’Ordine di Malta che ha portato alla sfiducia del Gran Cancelliere (una sorta di primo ministro), disubbidiente al richiamo del suo Gran Maestro (figura assimilata ad un capo di Stato), su vicende che riguarderebbero l’assistenza in Africa e l’uso di preservativi. Francesco ha istituito una commissione d’inchiesta ma vuole evitare uno show down considerando che il Patrono dell’Ordine è il cardinale Raymond Burke, uno degli autori della famosa richiesta di chiarimenti sulla esortazione apostolica Amoris Laetitia.
Il Papa sta dunque preparando il suo “secondo tempo”: innovare e riappacificare la Chiesa al proprio interno.
Ci sono tre passaggi che vengono considerati in questo senso cruciali.
Il primo prenderà corpo con la sostituzione di Bagnasco alla presidenza della Cei. Giuseppe Betori (arcivescovo di Firenze ed ex segretario generale Cei), Franco Giulio Brambilla (vescovo di Novara) e l’ormai anziano Gualtiero Bassetti (arcivescovo di Perugia) sono i nomi circolati fino ad ora.
Sta crescendo però anche la candidatura di Nunzio Galantino, attuale segretario generale della Conferenza e stretto collaboratore di Francesco.
In alternativa (ma l’ipotesi sta già provocando qualche malumore) potrebbe essere presa in considerazione una presidenza “debole” come quella del vescovo di Modena, Erio Castellucci, che garantirebbe la coabitazione con Galantino.
Ma c’è di più. Il Papa dovrà nominare il nuovo arcivescovo di Milano e il vicario di Roma. Scola e Vallini hanno raggiunto l’età pensionabile. Entrambi sono in prorogatio.
L’occasione potrebbe essere proprio la visita del Pontefice a marzo nel capoluogo lombardo. I nomi che si fanno per le due posizioni si concentrano su Pierbattista Pizzaballa (amministratore apostolico del patriarcato di Gerusalemme), Francesco Beschi (vescovo di Bergamo) e Mario Delpini (ausiliare del capoluogo lombardo) per Milano; Giovanni Angelo Becciu (sostituto per gli affari generali della segreteria di Stato), Domenico Pompili (vescovo di Rieti) o un outsider per Roma.
Anche se non è esclusa una soluzione di mediazione “alta e inedita” come fu Carlo Maria Martini nominato da Giovanni Paolo II arcivescovo di Milano.
Nei giorni scorsi era pure circolata l’ipotesi della clamorosa sostituzione del Segretario di Stato Pietro Parolin, da mandare a Milano.
Al suo posto sarebbe pronto il cardinale Luis Antonio Tagle (o in alternativa Becciu o Fernando Filoni) del quale la tv dei vescovi italiani il 29 dicembre scorso ha trasmesso in prima serata una lunga intervista.
L’attacco a Parolin (e a Francesco) parte dall’interno della curia. Ma il Papa non sembra affatto intenzionato a rinunciare al suo principale collaboratore.
E forse non è un caso che Francesco abbia deciso di marginalizzare chi si accredita come suo assistente senza aiutare l’opera di “sintesi”.
Perchè il vero obiettivo del Pontefice resta il rinnovamento e l’unità interna alla Chiesa.
(da “La Repubblica”)
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