PAPA FRANCESCO E I MIGRANTI, INTERVISTA A DON CAPOVILLA: “GLI REGALAI LA SPILLA DEI PORTI APERTI, ERA CONTRO IL SISTEMA”
IL PARROCO DI MARGHERA RACCONTA L’IMPEGNO DI PAPA FRANCESCO
Don Nandino Capovilla è un parroco di Venezia, di Marghera nello specifico, da sempre impegnato in attività sociali, soprattutto con Pax Christi. Dall’impegno sui migranti a quello contro la guerra in Palestina, fino ai poveri della sua città, Don Nandino regalò a Papa Francesco la spilla che chiedeva i porti aperti per i migranti. Era il 2019 e i decreti sicurezza bloccavano in mare le navi delle Ong che salvavano migranti. Ma Don Nandino accolse anche un altro gesto di Bergoglio, un assegno per un senza fissa dimora argentino, derubato a Venezia di tutti i suoi averi. Ed infine l’impegno su Gaza con la visita delle chiese palestinesi in Italia. A Don Nandino abbiamo chiesto un ricordo di Papa Francesco, scomparso lunedì mattina.
Nel 2019 lei gli regalò la spilla dei porti aperti, come la prese?
È il mio ricordo personale di Papa Francesco, questo del momento in cui gli consegnai la spilla dei porti aperti. Per me fu la conferma di quanto lui ci chiedeva di dargli una mano su quella questione. Non è solo l’umanità nei gesti, perché si fa presto a fare dei gesti umani, quello che ho visto è stata l’umanizzazione. Il suo progetto, che non siamo riusciti a prendere sul serio, è quello di rendere il Vangelo una cosa avvicinabile, per gli uomini, le donne,
particolare per i poveri, e quindi i migranti. Da qui derivava anche la sua cura e la sua attenzione su questi temi. Ricordo che quando gli detti la spilla lui mi disse: è per me? Come per dire: te la pago? E non era una forzatura. Quindi quando gli raccontai un po’ del dramma dei migranti, lui era contentissimo di poter sottolineare questa sua chiara contestazione di un sistema. Questo lo sentiamo in modo fortissimo.
Mandò anche un assegno a un senza fissa dimora a cui rubarono tutto
Sì, credo che fu la prima volta che accadde una cosa del genere. Ma noi dovremmo proprio aprire l’enciclica “Fratelli tutti” e dire che siamo un’unica umanità. È per questo che si escludono le discriminazioni di genere, di nazionalità, lui tutto questo lo ha provato, lo ha vissuto. Io ne ho avuto dei segni tangibili, per questo noi dobbiamo continuare a lottare e prendere sul serio quello che lui ci ha consegnato.
Lei è impegnato anche sulla Palestina, doveva incontrare il Papa lo scorso marzo?
Sì, io ho accompagnato la delegazione delle chiese di Gerusalemme, Kairos Palestina, ma lui era già ammalato, è stato proprio a marzo. Il loro obiettivo era proprio di incontrare il Papa, io li accompagnai, loro erano venuti appositamente dalla Palestina per dire grazie a papa Francesco, per aver usato la parola genocidio. Noi da papa Francesco dovremmo imparare proprio questo, e per la Palestina lo abbiamo sotto agli occhi, ci stiamo girando dall’altra parte, noi dovremmo prendere sul serio le nostre responsabilità, se vogliamo imparare dal Papa. La delegazione gli portò un dono, che custodiamo noi ora, visto che non fu possibile consegnarlo, si tratta di un legno di ulivo, tagliato dai coloni a una famiglia cristiana palestinese, e sopra c’è scritto grazie per il vostro sostegno. Il Papa non usava le mezze parole, se una cosa era un’ingiustizia era un’ingiustizia e non una “sofferenza”. Noi invece non riusciamo a pronunciare la parole che lui invece pronunciava. Pensiamo ai migranti oppure alle armi. Lui diceva “questo è criminale”, oppure “quelli sono pazzi” parlando dei mercanti di armi.
La Chiesa sarà in grado di portare avanti l’esempio di papa Francesco?
Cosa posso dire, spero di sì. Potrebbe farlo perché abbiamo proprio una grandissima mole di indicazioni, da “Evangeli Gaudium” soprattutto con “Fratelli tutti” lui le ha indicate le cose. Quindi dobbiamo metterlo in pratica.
(da Fanpage)
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