PARTITA A SCACCHI SUL COLLE, IN PISTA BERSANI E GRASSO
I DEMOCRATICI INSISTONO CON IL LORO CANDDIATO PREMIER… IL PROCURATORE E’ IL PIANO B
Atteniamoci ai fatti, come invitano a fare fonti del Quirinale, che ieri mattina, davanti al buffet delle consultazioni, hanno liquidato con battute e risatine sprezzanti un quotidiano autorevole che “ha pubblicato cinque versioni diverse nello stesso giorno”. E i fatti, allora, dicono che nel primo giorno al Colle della Terza Repubblica delle tre minoranze, i due alleati del Pd alle elezioni, Sel di Nichi Vendola e il Psi di Riccardo Nencini, hanno fatto il nome di Pier Luigi Bersani al capo dello Stato come “candidato naturale” a Palazzo Chigi.
Potrà , dunque, il segretario del Pd salire oggi da Napolitano, chiudere il giro delle consultazioni e fare un passo indietro a favore di un altro “mister X” in grado di attrarre i tanto desiderati grillini?
La risposta è “no, no, no”, come assicurano fino alla noia e alla nausea dal Nazareno, ossia dalla sede nazionale del Pd a Roma.
Dice un ex ministro di centrosinistra: “Il primo tentativo è di Bersani, non ci sono alternative. Poi bisogna capire come lo consuma e questa è un’altra storia”
Il primo paletto certo è questo: oggi il segretario del Pd rivendicherà per sè l’incarico, esplorativo o meno che sia.
La formula che userà con “Re Giorgio” è la seguente: “Mettere se stesso e il partito a disposizione del Paese”, forte del programma di otto punti che ieri è stato inviato a tutti i parlamentari della diciassettesima legislatura. Il fatidico primo giro, per citare la metafora più gettonata in queste ore, lo farà Bersani.
E solo al secondo potrà spuntare il “mister X” che alimenta fantasie, scenari e retroscena.
I nomi che circolano sono tanti ma, sempre dal partito che è arrivato primo ma non ha vinto le elezioni, riferiscono che in campo c’è solo il presidente del Senato, quel Piero Grasso che ieri ha aperto il rito delle consultazioni ed è rimasto più del dovuto con Napolitano.
Il tentativo Grasso avrebbe un orizzonte ben delimitato: governo per cambiare la legge elettorale e poi alle urne “tra giugno e ottobre”, perchè la definizione della data sarà materia del futuro presidente della Repubblica.
Oggi, il punto di contatto tra Quirinale e Pd su questa seconda ipotesi trova un forte riscontro “nell’insofferenza che Napolitano ormai prova per Monti”, cui il capo dello Stato vuole togliere l’ordinaria gestione che ancora sbriga da premier dimissionario.
Fon qui il resoconto autentico della convulsa giornata di ieri nel Pd bersaniano.
Resta da capire quale sarà l’atteggiamento di Napolitano, che da un anno e mezzo, cioè dall’imposizione del governo Monti, viene considerato con molto sospetto dal cerchio magico del segretario democrat.
Il vero dominus di questa snervante partita a scacchi è Napolitano e per qualcuno questo sarà l’ultimo e decisivo duello tra “Giorgio” e “Pier Luigi”.
Lo scontro potrebbe essere molto duro.
La prima mossa di sbarramento del capo dello Stato sarà quella di fare piazza pulita delle voci su “esplorazioni” e “pre-incarichi” e attenersi alla Costituzione, che “prevede solo un mandato pieno”.
E dare un mandato pieno a Bersani è impresa quasi impossibile, visti i numeri.
Di qui il “sentiero stretto” del mancato smacchiatore del Giaguaro di Arcore.
Le subordinate dei vari piani B e C (Grasso, ma anche Onida, Saccomanni, Cancellieri) dipendono dall’esito dello scontro tra il capo dello Stato e il segretario del Pd, alla luce di quanto il giovane turco Matteo Orfini ha detto la settimana scorsa: “Non ci faremo dettare la linea da Napolitano”.
E la questione della linea, al di là del tormentone su Bersani, potrebbe scavare un abisso tra i due ex compagni del Pci.
Il motivo per cui ieri il candidato premier del centrosinistra ha blindato il suo programma di otto punti spedendolo a tutti i deputati e senatori è chiaro: Bersani non dirà mai sì a un governo di larghe intese che includa anche il Pdl del Cavaliere.
E su questo il Pd dovrebbe mostrarsi compatto sino in fondo.
Anche perchè B. chiede “un patto lungo” e garanzie sull’elezione del successore di Napolitano. Condizioni improponibili, “pena il suicidio elettorale del Pd”.
Al contrario, la linea di Napolitano, prima di dare l’incarico domani mattina, è “quella di aggregare il maggior numero di forze possibili”.
In questa direzione il Colle già poteva contare sulla sponda di Berlusconi, cui ha concesso un “legittimo impedimento” almeno fino a metà aprile.
Ieri si è aggiunta la disponibilità di Scelta civica, il polo montiano.
In pratica, il Professore non si acconcerebbe mai a fare la stampella di Bersani in funzione dei grillini.
La soluzione più responsabile, per i centristi, è la riedizione della strana maggioranza in versione grande coalizione.
Insomma, la partita a scacchi potrebbe delineare un asse Napolitano-Berlusconi-Monti per fronteggiare il disperato tentativo di Bersani. Grasso permettendo.
Fabrizio d’Esposito
(da “il Fatto Quotidiano“)
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