“PD BASSO IN SICILIA”: RENZI PROVOCA
E BERSANI RISPONDE: LA SUA UNICA STRATEGIA E’ CRITICARE”
Non è stupore e nemmeno irritazione. «Ma sono un po’ preoccupato», dice Pier Luigi Bersani leggendo le parole di Matteo Renzi e Giorgio Gori dopo il voto siciliano.
L’avversario delle primarie svaluta la vittoria di Crocetta sottolineando il calo di consensi al Partito democratico.
Ed “esalta” il successo di Beppe Grillo. «Per me Grillo resta la malattia e non la medicina. Pur nelle difficoltà – spiega il segretario nelle sue conversazioni – in Sicilia si conferma la bontà della scelta di un patto dei progressisti e dei moderati. È questa la vera vittoria».
Quindi ieri nessun sms di simpatia tra Bersani e il sindaco di Firenze. «Anche perchè non ho capito ancora quale sia la strategia di Renzi e Gori oltre a quella di criticare ».
Ma Bersani non vuole far entrare nelle primarie un contenzioso sulla Sicilia.
L’esito gli sembra chiaro, la vittoria di Crocetta un punto a favore del partito e le polemiche strumentali.
Semmai sono in tanti nel Pd, non il segretario, a chiedersi da giorni quale sia l’obiettivo finale di Renzi, se, dopo le primarie, il sindaco di Firenze pensi di avere ancora spazio nel Pd e nel centrosinistra. Ammesso che perda, ovvio.
Quei tanti ieri hanno avuto la conferma dei loro timori: dove vuole andare Matteo?
Bersani invece ha in testa il rafforzamento dell’asse con Casini. Ieri i leader del Pd e dell’Udc si sono visti a lungo in una saletta di Montecitorio. Hanno messo a punto emendamenti comuni per la legge di stabilità , ma hanno anche dovuto stringere le maglie di un’alleanza che appare ormai scontata.
Il segretario democratico è stato netto su un punto: «Non lascio Vendola, il centrosinistra che stiamo organizzando non è un’armata Brancaleone come pensi tu».
Se è questo l’ostacolo, non sarà rimosso dal Pd. «Con le primarie e con la carta d’intenti noi stiamo facendo il lavoro che avevamo programmato: organizzare il campo del centrosinistra in modo nuovo e serio», ha spiegato ancora una volta Bersani. Ributtando la palla dall’altra parte: e voi? I democratici osservano le molte difficoltà nel campo moderato.
Tante iniziative, numerose sigle in pista, appelli firmati da alcuni e non firmati da altri. Italia futura da una parte, Oscar Giannino dall’altra.
E Casini che appare restio a prendere in mano la situazione guidando l’unità dei centristi. Insomma, non si può rimproverare a Bersani l’asse con Vendola se i moderati non riescono a formare un fronte più ampio dell’Udc.
Il segretario del Pd è convinto che Vendola e Casini possano stare insieme. Gli scontri di oggi fanno parte della «propaganda », come dice anche Massimo D’Alema.
Ma esaurita la fase delle primarie e in prossimità delle elezioni sono destinati ad attenuarsi fino a scomparire. Bersani si sente ormai il garante del patto progressisti-moderati, ruolo riconosciuto dall’Udc.
Che non a caso sulla legge di stabilità , tra il relatore del Pd e quello del Pdl, ha scelto di confrontarsi con il democratico per emendamenti comuni e una linea di condotta unica.
Il risultato molto negativo di Sel in Sicilia (rimasta fuori dall’assemblea regionale come fa notare perfidamente Beppe Fioroni) ha acceso un allarme nel movimento della sinistra radicale.
Non intercettare nuovi voti nelle aree più disagiate durante la crisi è un pessimo segnale. E sull’intero stato maggiore di Sel pesa il ricordo della clamorosa sconfitta del 2008.
Bersani però respinge la narrazione vendoliana, è convinto che un irrigidimento estremista possa portargli altri guai. «Stando fuori da un’alleanza come quella siciliana – spiega – Vendola non attira il voto di protesta che va quasi interamente a Grillo».
Osservazione suffragata dall’analisi dei flussi fatta dall’Istituto Cattaneo e che riguarda anche il Pd.
«Io voglio Nichi dentro la coalizione – ripete Bersani –. Ma qualcosa il voto della Sicilia deve dire anche a lui: ad esempio che il voto utile esiste e premia non gli strappi ma i candidati più credibili in alternativa alla destra».
Goffredo De Marchis
(da “La Repubblica“)
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