PER LE COMMISSIONI BRUNETTA MINACCIA: “I NOSTRI NOMI O SALTA TUTTO”
CONTINUA LA TRATTATIVA SULLA SPARTIZIONE DELLE PRESIDENZE DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Soffiano venti di guerra sulla maggioranza che sostiene il governo Letta, con la trattativa sulle presidenze delle commissioni parlamentari che ormai fa segnare picchi di tensione ben oltre i livelli di guardia.
L’accordo tra Pd, Pdl e Scelta Civica è lontanissimo.
La trattativa si è incagliata sulla guida di due commissioni del Senato considerate strategiche da Silvio Berlusconi: Giustizia e Lavori Pubblici, commissione che regola anche le Comunicazioni, ovvero la televisione.
Il Cavaliere vuole piazzare a capo delle due commissioni Francesco Nitto Palma e Paolo Romani.
Il Pd mette il veto sui due ex ministri pidiellini.
E Renato Brunetta, annuncia: «Questa volta se non passano i nostri nomi cade il governo”
Dopo che sabato la riunione tra i capigruppo Schifani, Brunetta e Zanda è finita male, ieri i canali di comunicazione sono saltati e tra i due fronti è calato il gelo.
Il Pd non ha intenzione di accettare due candidati che ritiene troppo vicini agli interessi, giudiziari e aziendali, di Berlusconi.
Ed è pronto allo scontro.
La riunione clou con tutti i capigruppo di maggioranza in calendario presumibilmente si trasformerà in un lungo e drammatico negoziato.
Con l’obbligo di chiudere entro sera visto che domani le 30 commissioni parlamentari devono votare i loro presidenti.
Nel Pdl si narra di un Berlusconi infuriato per il trattamento subito dalla Biancofiore, per la «poca chiarezza sull’Imu» e soprattutto per i veti che il Pdl ha già dovuto subire nelle nomine di ministri e sottosegretari.
«Sono veti a senso unico, da loro passa Fassina che poi mi attacca e invece i nostri sono tutti impresentabili? », ripeteva ieri il Cavaliere ai suoi.
Che nelle telefonate private in questa fase lo descrivono «freddo » sul futuro del governo e indisposto a cedere anche sulle commissioni.
Tanto che Brunetta annuncia la posizione con la quale si presenterà al negoziato: «Noi non molliamo, siamo gente seria, responsabile e determinata ad andare avanti con il governo ma a volte la responsabilità implica anche il non cedere all’irresponsabilità altrui».
Ovvero? «Se salta l’accordo sulle commissioni andiamo alle elezioni». Un modo per prendere in contropiede il Pd, che in caso di mancata intesa non si straccerebbe le vesti visto che a quel punto si andrebbe al voto sui presidenti e nelle due commissioni in bilico insieme ai montiani potrebbe tagliare fuori gli uomini del Cavaliere.
Tensione altissima, dunque.
Intanto Magistratura democratica dice di non avere chiesto «alcun riequilibrio» nelle commissioni parlamentari dopo la nomina a sottosegretario di Cosimo Ferri, segretario di Magistratura Indipendente.
All’opposizione vanno le commissioni di garanzia e tutte le forze politiche vogliono evitare che i grillini prendano la guida del Copasir.
L’accordo è di darlo a Sel (in corsa Fava e Migliore) ma Vito Crimi (che nello schema disegnato dagli altri partiti andrebbe a guidare la Vigilanza Rai) si oppone: «Al M5S dovrebbero andare sia Copasir che Vigilanza».
Crimi aggiunge che il Copasir è «incompatibile » con la Lega.
Risponde Maroni: «Neo-poltronismo grillino ».
E i grillini puntano alla vicepresidenza della commissione Giustizia alla Camera con Alfonso Bonafede.
Alberto D’Argenio
(da “la Repubblica“)
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